COME LE NUVOLE. IL SOGNO DI FEDERICO II DI SVEVIA

by LE PENNE VOLANTI

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COME LE NUVOLE. IL SOGNO DI FEDERICO II DI SVEVIA

  • Joined Jun 2021
  • Published Books 1

RACCONTO ELABORATO PRODOTTO DA

“LE PENNE VOLANTI”,

CORSISTI DEL MODULO FSEPON

“CI SONO STORIE E STORIE.

SULLE TRACCE DI FEDERICO II DI SVEVIA”

DOCENTE ESPERTA

ROSA CAPRISTO

DOCENTE TUTOR

STEFANIA SCATTARELLA

 

2

IO, LE NUVOLE ED UN MISTERIOSO MESSAGGIO

Ho sempre amato guardare le nuvole ed immaginare di poterle toccare con un dito. Mi piace inseguirle con lo sguardo mentre viaggiano leggere nel cielo, spinte dal vento, cambiando forma, di volta in volta, per assomigliare ad un tenero orsacchiotto, ad un drago con la testa di un cavalluccio marino o ad un leone con le pinne da squalo. Qualche volta, mi è capitato addirittura di scorgere l’Omino della pioggia con la sua borsina piena di attrezzi, tutto indaffarato a riparare i rubinetti delle nuvole, ad aprirli per far cadere la pioggia o a chiuderli per far smettere di piovere, e poi vederlo scivolare sull’arcobaleno tutto divertito. Mi piacciono molto le nuvole che, nelle belle giornate, formano dei grandi cumuli, di quelli così bianchi e soffici come il cotone che ti fanno venir voglia di saltarci su. Alcune danno l’idea di essere state messe lì da qualcuno per guarnire il cielo come ciuffi di panna o zucchero filato; altre mi ricordano le timide pennellate di un pittore che non vuole turbare l’azzurro del cielo sereno. Ma più di tutte amo le nuvole che, nelle giornate di cattivo tempo, sono grigie e pesanti e sembrano scendere dalle mie montagne per correre verso il mare, tutte insieme, come cavalieri dall’armatura scintillante che, incontrando il sole all’ora del tramonto, tingono il cielo con i colori del ferro fuso. Ogni volta che vedo le nuvole mi ricordo di un’avventura che ho vissuto con alcuni dei miei compagni di classe e che mi fa sperare che un giorno possa avverarsi il sogno di un grande imperatore del passato che ci consegnò il suo messaggio di speranza. Vi chiedete se ciò sia possibile? Siete curiosi di sapere chi sia questo imperatore, come e quando lo abbiamo incontrato e quale sia il suo messaggio? Continuate a leggere e lo scoprirete!

3

FERVORE

In casa mia c’era un gran fervore. Per cosa? Vi domanderete voi. Per un compleanno?

No, no! Forse per la cena della Vigilia di Natale? Neanche per questo! O magari per il matrimonio di mia sorella? Niente di tutto ciò! Ma allora, perchè tutto quel FERVORE?

Semplicemente perchè…il giorno dopo sarei andato in gita ad Andria per visitare Castel del Monte, una fortezza fatta costruire dall’Imperatore Federico II di Svevia! Un imperatore che si chiamava proprio come me! Quella sera, mia madre era tornata tardi da lavoro e aveva fatto mille corse per comprare i panini al burro per il mio pranzo a sacco. Appena rientrata, si mise subito dei vestiti comodi ed impanò le fettine di petto di pollo che avrebbe fritto l’indomani mattina. Dopo averle conservate in frigo, iniziò a dettare a raffica le istruzioni che dovevo seguire per organizzare da solo le mie cose.

<<Riempi la borraccia grande d’acqua e mettila nello zaino. Ricorda di metterci dentro anche un pacco di fazzoletti ed i biscotti per lo spuntino. La nonna ha lasciato per te dei soldi con cui potrai comprare qualche souvenir; sono sul comò in camera da letto. Prendili, ma mi raccomando: non spenderli tutti! Sul tuo lettino c’è il Kway, non si sa mai…potrebbe piovere. Nel primo cassetto del tuo armadio trovi il berretto; appendilo alla maniglia della porta, così quando usciremo di casa lo vedremo e saremo sicuri di non dimenticarlo. Sbrigati, sbrigati! Devi ancora cenare e fare la doccia, dopodiché andrai subito a dormire.>>

<<Che ripetitore!>>, pensai, mentre infilavo nel mio zaino un pacco gigaenorme di Ringo.

Come se non bastasse, arrivò anche la telefonata della nonna che non faceva altro che dirmi di stare attento, di comportarmi bene, di stare sempre vicino alle maestre e di non perdermi. Mi misi a letto dopo aver fatto la doccia ed infilato il pigiama, ma l’emozione mista all’ansia di arrivare tardi davanti alla scuola mi impedivano di addormentarmi. Il mattino dopo, la sveglia suonò proprio mentre stavo sognando una cotoletta gigante che mi inseguiva. Quando aprii gli occhi, sentii l’odore invitante delle deliziose cotolette della mamma che aveva invaso tutta la casa. Mi catapultai in cucina per assaggiarne una, con l’acquolina in bocca al pensiero di poter gustare la panatura croccante, ma la mamma mi preparò latte e biscotti. Dopo aver fatto colazione, feci tutto in fretta. Mi lavai i denti, indossai la maglietta rossa ed i pantaloni blu che erano già pronti. Fortunatamente la mamma si accorse che avevo infilato dei calzini spaiati e le scarpe al contrario! Corsi subito a cambiarli, infilai il berretto ed uscii di casa per andare davanti alla scuola.

4

LA MIA SCUOLA

Io e mia madre arrivammo davanti alla scuola e la macchina si fermò. Guardai fuori dal finestrino; non c’era nessuno e pensai che ciò che più temevo era realmente accaduto.

Esclamai:<<Oh no! Il pullman se n’è già andato!>>, poi sprofondai sul sedile posteriore su cui ero seduto, mentre una grande tristezza mi avvolse più della cintura di sicurezza.

Sentii un nodo in gola, i miei occhi divennero lucidi e una lacrima, dopo essersi fermata per un po’ sulle ciglia, mi scivolò sulla guancia. << Non preoccuparti, Federico. È ancora presto! Siamo arrivati in anticipo.>>, mi disse dolcemente mia madre per tranquillizzarmi e mostrandomi l’orologio che aveva al polso. Poi continuò: <<Vieni! Scendiamo dalla macchina e aspettiamo gli altri.>> L’aria era fresca e aveva un delizioso profumo di rose e di erba ancora bagnata dalla rugiada; mi fermai davanti al cancello verde della mia scuola e cominciai ad osservare il cortile nel silenzio di quel mattino. La Scuola Primaria Porta di Ferro mi sembrò ancora più bella. All’ingresso principale, su una grande targa, si leggeva il nome dell’Istituto Comprensivo Alessandro Amarelli, come il pediatra che curò molti bambini di Rossano.

Ovunque si sentiva il cinguettio degli uccellini, mentre un venticello leggero mi soffiava sulla faccia e faceva muovere i rami dei pini altissimi e delle palme che sembravano delle guardie che sorvegliavano l’ingresso. Guardai verso destra ed il mio sguardo si posò su un ulivo che era formato da due tronchi intrecciati che sembravano due persone che si abbracciavano. A sinistra c’era un libro realizzato dal nostro collaboratore Onofrio Sommario con delle bellissime pietre che lui stesso aveva trasportato da Paludi, il suo paese. Il libro sembrava così vero che la primi volta che lo vidi pensai addirittura che si potesse sfogliare . Più in là c’era la regina del nostro giardino: la Stella del Sud, un’aiuola grandissima e rotonda, con dentro otto punte che formano una stella, in cui sono state piantate calle, gerani, ciclamini e vari tipi di piante grasse. Sui gradini dell’ingresso c’era un gattino dal pelo grigio. Evidentemente, doveva essere affamato, poichè venne verso di me con passi piccoli e felpati, si aggrappò alla mia gamba e, guardandomi con i suoi occhi verdi come il mare delle Maldive iniziò a miagolare. <<Vieni, Federico!>>, sentii la voce della mamma che mi chiamava. A mano a mano, stavano arrivando le maestre e tutti i compagni della mia e delle altre classi. Poi, finalmente, arrivò anche il l’autobus. Era grande, a due piani, grigio e con la scritta rossa. Sentii il clacson suonare festoso ed un forte odore di gasolio.

5

TUTTI INSIEME SULL’AUTOBUS. SI PARTE!

Mentre noi bambini salutavamo i nostri genitori attraverso i finestrini, l’autobus partì. Attraversò Viale dei Normanni, la strada del sottopasso e svoltò a sinistra dopo essere arrivato alla rotonda del Frasso sulla quale si trova una scultura che rappresenta il Codex Purpureus Rossanensis, orgoglio della nostra città perchè dal 2015 è diventato Patrimonio Unesco. Lasciammo alle nostre spalle la Fabbrica Amarelli ed il Museo della liquirizia “Giorgio Amarelli” ed iniziammo a percorrere la Strada Statale 106. Le linee bianche della strada scorrevano veloci sotto le ruote dell’autobus, mentre dal finestrino potevo vedere la Centrale Enel, a tratti il mare con le sue onde, poi qualche casa qua e là. In lontananza, sulla sinistra, vedevo le colline ricoperte dagli uliveti; ai lati della strada c’erano terreni con alberi di arance e mandarini con ai loro piedi tappeti di trifoglio dai fiorellini gialli. Vidi anche distese di papaveri che coloravano i campi con le loro testoline rosse. Insomma, mi sembrava di essere in un paradiso di fiori e luce! Proseguendo il viaggio, le maestre richiamavano la nostra attenzione per farci osservare importanti punti di riferimento della Piana di Sibari: il Parco archeologico, le risaie, il fiume Crati, il Massiccio del Pollino, la Serra Dolcedorme ed il Castello di Roseto Capo Spulico.

6

IL RAP DELLE MERENDINE

Appena le maestre dissero: <<Potete mangiare!>>, iniziò il rap delle merendine. Dj Patatine partì con un botto, boom!, per essere poi seguito da un’orchestra di crick! crock! Poi arrivarono crackers piattisti per fare un gran fracasso con le loro bustine e per diffondere il loro odore inconfondibile che farebbe venir fame anche a chi ha appena finito di mangiare. Chitarristi, le bottiglie d’acqua, con i tappi che si aprivano e chiudevano creando una melodia rock. Una maestra si accorse che qualcuno stava masticando di nascosto una chewing gum perchè si sentiva l’odore alla fragola, ma non riusciva a capire chi fosse, fino a quando un bambino fece una bolla che gli scoppiò in faccia. Intanto, si sentivano sempre più forti anche altri odori: quello di olio e di grasso delle patatine, quello dolciastro e zuccherato delle caramelle e quello al formaggio dei cornetti di mais.

Dopo aver mangiato, mi concentrai a guardare fuori dal finestrino. Ero curioso di scoprire quali incantevoli paesaggi mi avrebbe offerto la Puglia…

7

UN BULLO FRA NOI

Arrivati davanti a Castel del Monte, rimanemmo a bocca aperta per la maestosità e la particolarità di quella fortezza, che sembrava una corona di pietra con la sua forma ottagonale. Ad attenderci c’era una guida che iniziò a darci spiegazioni e racconti davvero interessanti ed affascinanti. Più la ascoltavo e più immaginavo e desideravo andare nell’epoca di Federico II di Svevia per conoscerlo di persona. Stavo sognando di essere un suo cavaliere quando il mio sogno venne interrotto da un triste episodio. Il mio compagno di classe Ivan cominciò ad assumere i suoi soliti atteggiamenti da bullo. Infatti, cominciò a stuzzicare Alì, un bambino turco che era arrivato da noi l’anno prima.

Gli tirava schiaffetti sulla nuca e gli diceva:<< Puzzi di kebab, puzzi di kebab. Tornatene da dove sei venuto!>>

Alì era il figlio del “kebabbaro” del nostro quartiere ed era un bambino buono ed educato. Cercò di resistere alle provocazioni, confortato anche da due nostre compagne molto buone e sensibili, Sara e Laura che lo difendevano sempre e lo aiutavano quando aveva difficoltà legate alla lingua. La situazione precipitò quando Ivan, con uno schiaffo più forte, fece cadere gli occhiali di Alì, che prima li raccolse e poi si allontanò dal gruppo in silenzio. Piano piano, cercando di non attirare l’attenzione delle maestre, io, Sara e Laura ci avvicinammo a lui per invitarlo ad unirsi di nuovo al gruppo, ma quando vide che anche Ivan ci stava raggiungendo, si allontanò ancora di più. Involontariamente urtò contro un quadro molto grande che raffigurava Federico II di Svevia e che cominciò a scorrere piano piano, mostrandoci il corridoio lungo, stretto e pieno di ragnatele che si nascondeva dietro. La testa cominciò a girarmi come una giostra perchè avevo capito che quel quadro, in realtà, era un “oggetto porta”, cioè uno di quegli oggetti che basta toccare o attraversare per entrare in un’altra dimensione. Io e gli altri ci guardammo negli occhi e, senza pensarci un attimo, iniziammo a percorrere quel corridoio. Piano piano, il quadro iniziò di nuovo a scorrere chiudendo il passaggio alle nostre spalle. Il cuore mi batteva forte e mi chiesi dove mai saremmo arrivati…

8

L’INCONTRO CON FEDERICO II DI SVEVIA

Attraversammo il corridoio e ci ritrovammo nell’angolo di un grandissimo salone. In fondo, seduto su un trono, c’era un imperatore. Sul capo portava una corona incastonata con rubini e smeraldi, sulle spalle un mantello rosso porpora ed una lunga veste dorata che sembrava un cumulo di luce. La sua mano sinistra era coperta da un guanto in pelle su cui era adagiato un falco. Guardai i miei compagni che erano allo stesso tempo confusi, spaventati e pietrificati come statue.

Io, invece, mi sentivo scoppiare dalla felicità e avevo il cuore a mille.

Dissi loro:<<Datemi un pizzicotto, non può essere vero! Siamo alla corte di Federico II di Svevia!>>

Intorno a lui c’erano diversi uomini dall’aspetto sapiente che avevano nei suoi confronti un atteggiamento ossequioso. Anche loro indossavano lunghe vesti, mentre uno di essi portava un copricapo arabo. Parlavano tutti una lingua a noi sconosciuta, probabilmente latino, perchè somigliava alla lingua antica che stava studiando mia sorella al Liceo Scientifico. Mentre Federico II di Svevia e gli altri discutevano tranquillamente, il falco si accorse della nostra presenza e iniziò a puntarci e a scrutarci con i suoi occhi penetranti. Improvvisamente, aprì le ali, volò verso di noi e si posò sul capitello di una colonna. Ci spaventammo, temendo che volesse colpirci con il suo becco, ma ci accorgemmo che stava fissando un punto della colonna che si trovava accanto a noi. Guardai anch’io nella stessa direzione e vidi un’incisione che era stata scolpita su una piccola lastra di marmo: “Si hoc leges, sapiens eris”.

Cominciammo a ripetere ad alta voce: << Si hoc leges, sapiens eris.. Si hoc leges, sapiens eris… Si hoc leges, sapiens eris…>>, chiedendoci cosa significasse.

<<Se ciò leggerai, sapiente sarai!>>

All’improvviso, mi accorsi che anche noi potevamo parlare e comprendere quella strana lingua e ci fermammo ad ascoltare per capire cosa dicessero Federico II di Svevia e gli altri.

<<Michele Scoto, insigne astrologo, ci onoriamo di averti nella Nostra corte.>>

Capii che Federico II stava usando il plurale maestatis.

<<Noi ti preghiamo di spiegarci come sia fatta la Terra, se essa sia sorretta soltanto dall’Acqua e dall’Aria, quale sia l’esatta misura che separa i vari cieli e cosa vi sia oltre l’ultimo cielo.>>

Capii che Federico II di Svevia si stava riferendo alla concezione Aristotelica-tolemaica e, poichè la mia maestra ci aveva spiegato pochi giorni prima di Galileo Galilei e della Rivoluzione Copernicana, urlai d’istinto:<<Lo so io, lo so io!>>

Tutti i presenti nel salone si voltarono a guardarci e cominciarono ad osservare noi ed il nostro abbigliamento. Di sicuro, non avevano mai visto un paio di jeans, delle scarpe da ginnastica, un giubotto ed uno zaino!

Alcune guardie corsero verso di noi, ma Federico II le fermò, si alzò e si avvicinò a noi.

<<Chi siete e da dove venite?>>, ci chiese, con aria incuriosita ed un tono fermo, ma gentile.

Trascorsero molte ore, durante le quali raccontammo all’Imperatore del sistema solare e di come la Terra gira intorno al Sole, di Cristoforo Colombo, della scoperta dell’America e di tanti altri argomenti e scoperte che lo incuriosivano.

<<Potresti partire tu alla scoperta dell’America!>>, disse timidamente Alì.

<<Meglio di no. E’ giusto che ogni cosa accada a suo tempo. Il mio ruolo è quello di curare il mio presente per preparare le basi di ciò che accadrà in futuro.>>, rispose sorridendo Federico II.

<<Io vorrei che in futuro non esistesse più il razzismo e che nessuno venisse disprezzato e maltrattato per la sua diversità>>, disse Alì.

<<Già! Io, invece, vorrei che tu tornassi nel tuo Paese!>> rispose sprezzante Ivan.

Federico II si incupì per un attimo, dopodichè ci invitò a seguirlo fuori.

9

SIATE COME LE NUVOLE!

Federico II di Svevia ci condusse sul prato ed iniziò a parlarci dolcemente, guardando verso il cielo.

<<Io sogno un mondo giusto in cui tutti i popoli, anche se diversi tra loro per lingua, cultura e religione, vivono in pace, animati dallo spirito di accoglienza verso la diversità e dal rispetto reciproco. Vorrei che il vento soffiasse via l’egoismo e l’odio contro la gente che è diversa da noi, portando la fratellanza tra tutti gli esseri umani. Quando ero piccolo, mia madre mi invitava a guardare le stelle e intanto mi diceva che sarei diventato un grande re e che avrei fatto grandi cose. Crescendo, ho iniziato a guardare il cielo anche di giorno e ciò mi ha aiutato molto per capire come comportarmi tutte le volte che mi capita di essere a contatto con popoli diversi: essere come le nuvole.>>

<<Come le nuvole? In che senso?>>, chiesi io.

<<Vedi, Federico caro, le nuvole viaggiano libere e leggere nel cielo, rendendolo più suggestivo, soprattutto all’alba ed al tramonto. Sono tutte le une diverse dall’altra e non si scontrano mai. Anzi, quando si incontrano, si uniscono fra di loro, formandone di più grandi e belle. Vi lascio questo messaggio da diffondere a chiunque incontriate, perchè questa è la mia speranza ed il mio grande sogno: siate come le nuvole! Viaggiate liberi, con l’animo leggero e siate curiosi di scoprire gli aspetti più belli delle culture e delle civiltà che sono diverse dalla vostra, affinchè possano arricchirsi a vicenda. Siate disposti all’incontro con gli altri e mai allo scontro. Soltanto così si potrà veramente realizzare una società multiculturale. E poi, portate messaggi di pace ovunque andiate>>

<<Come gli uccelli della canzone!>>, risposi io tutto entusiasta.

<<Quale canzone?>>, domandò Federico II di Svevia sorridendo.

Gli spiegai che si trattava della canzone intitolata “Nella fantasia”, nella versione interpretata da Natalie di Luccio e Sawan Khan Manganiyar, sulle note del Maestro Ennio Morricone. Tirai fuori dalla tasca dello zaino il cellulare, che avevo portato di nascosto in gita, nonostante l’invito delle maestre a non farlo, cercai la canzone su You Tube e la feci ascoltare a Federico II che non potè che rimanere estasiato…Ascoltala anche tu! https://www.youtube.com/watch?v=hqtn2Rf5NSI

10

RITORNO ALLA REALTA’

<<Alì! Federico! Laura! Ivan! Sara! Dove siete?>>

Erano le voci delle maestre e dei compagni che ci chiamavano e che arrivavano come un’eco.

<<E’ giunto il momento di salutarci>>, disse Federico II.

Ci accompagnò fino al corridoio e ci disse:<<Mi raccomando! Fate tesoro delle mie parole e…siate come le nuvole!>>

Dopo averlo salutato, percorremmo di corsa il corridoio. Il quadro cominciò a scorrere lentamente e ci ritrovammo nel punto esatto in cui la nostra avventura era iniziata. Più in là c’erano gli altri e le maestre che ci chiesero:<<Ma dov’eravate finiti? Saranno cinque minuti che vi cerchiamo!>>

Io arrossii, non sapendo come spiegare ciò che era successo, mentre Ivan rispose:<<Siamo andati a scoprire come fare per diventare come le nuvole!>>

Poi, diede la mano ad Alì in segno di pace e rimase vicino a lui per tutta la durata della gita. Io sorrisi: le dolci parole di Federico II di Svevia avevano avuto il loro effetto sul cuore di Ivan.

Quando uscimmo fuori dalla fortezza, iniziai a guardare prima le nuvole e poi tutti i miei compagni. Sorrisi, mentre i miei occhi si riempirono di lacrime di gioia.

Non ci avevo mai riflettuto, ma capii che noi eravamo già una piccola società multiculturale: tra di noi, oltre ad Alì che veniva dalla Turchia, c’erano bambini di provenienza rumena, indiana e cinese, ognuno dei quali portava con sè un bagaglio ricco di tradizioni, usi e costumi diversi. Ora stava a noi tutti impegnarci per far sì che i vari aspetti di queste diverse culture si intrecciassero per riuscire a trasformare in realtà un concetto bellissimo: quello dell’intercultura.

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GRAZIE PER L’ATTENZIONE!

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