Attorno al 3000 a.C. nella valle del Nilo si sviluppò la civiltà Egizia, che sopravvisse 3000 anni. Le origini del popolo Egiziano non sono ben definite, si pensa che i suoi abitanti furono i influenzati dai popoli del vicino oriente. Un antico storico greco, Erodoto (v. immagine a sinistra), definì la civiltà Egizia un dono del Nilo. L’Egitto sorge in una vasta zona desertica, mentre la valle del Nilo è fertilissima grazie ad un fango chiamato limo, ricco di sostanze fertilizzanti. Lungo il corso del Nilo, fino al delta sul Mediterraneo avvenivano i principali scambi degli Egizi con gli altri popoli che si affacciavano su questo mare. Durante il periodo predinastico la gente della valle del Nilo attraversò un periodo di splendore grazie al limo che aveva reso fertile il terreno e facilitato l’agricoltura. Verso il 3.500 a.C. la grande differenza fra il delta e la valle del Nilo costrinse alla divisione dell’Egitto in due parti: L’Alto e il Basso Egitto.Gli Egizi erano molto abili nel costruire piramidi e templi in pietra. Le piramidi erano le tombe dei faraoni. All’interno c’era persino una cappella dove si pensava che il faraone pregasse da morto; c’erano delle stanze decorate con pitture e sculture policrome. Quando una persona moriva sulla sua tomba si posava un libro chiamato “libro dei morti” Questo libro era diviso in colonne, su cui era scritto tutto quello di cui il morto aveva bisogno nella seconda vita. Per rendere l’anima del morto immortale, bisognava proteggere il corpo dalla decomposizione affidandone la conservazione alla sabbia del deserto, oppure, con l’avvento del nuovo regno, tramite la mummificazione. Durante il regno antico gli egiziani riservavano un particolare cerimoniale al faraone. La salma del morto veniva messa per un certo periodo sotto sale e poi essiccata. Al defunto, ancora prima, venivano tolte le viscere, il cervello ed il cuore, che veniva sostituito da uno scarabeo in pietra. Nei sarcofagi veniva deposto un foglio di papiro su cui erano scritte le formule magiche che consentivano al morto la sopravvivenza nell’aldilà. L’Egitto ebbe la più lunga storia unitaria, politica e culturale, fra tutte le civiltà mediterranee, svoltasi senza interruzioni dal 3000 a.C. al IV secolo d.C. La natura del paese, attraversato e reso fertile per tutta la sua estensione dal Nilo, e il relativo isolamento rispetto alle influenze culturali esterne, diedero vita a uno stile artistico uniforme che subì pochi mutamenti nel corso di tanti secoli. Il corpus di credenze costituenti la religione dell’antico Egitto, influì particolarmente sull’evoluzione della cultura, pur non avendo gli egizi mai concepito la religione come un sistema teologico coerente. Originariamente esisteva solo l’oceano; ma Ra, il Sole, nato da un uovo apparso sulle acque, generò quattro figli. Due di essi, Gheb e Nut, generarono due figli, Seth e Osiride, e le figlie Iside e Nefti. Osiride privò Ra del dominio sul cosmo, ma venne ucciso e fatto a pezzi da Seth; Iside, sua sposa e sorella, ne ricompose il corpo e lo imbalsamò, aiutata dal dio Anubi, e gli restituì la vita con potenti incantesimi; Osiride divenne così re dei morti e Horus, figlio di Osiride e Iside, sconfisse Seth in battaglia e divenne re della Terra. L’Egitto raggiunge la sua massima espansione territoriale sotto il regno di THUTMOSI III. (1480-1448 a.C,). Con l’invasione dei popoli del mare ha inizio la lenta decadenza del regno che, subisce numerose altre invasioni: Hyksos (1670 a.C.), popoli del mare (1200 a.C.), Assiri (670 a.C.), Persiani (525 a.C.), Macedoni (332 a.C.), Romani (30 a.C.). Fin da prima che il re Manes unificasse l’Egitto, gli Egizi conoscevano la scrittura. Non tutti gli Egizi conoscevano la scrittura, ma sicuramente la conoscevano gli scribi e i sacerdoti. Per scrivere essi utilizzavano grandi fogli ricavati dalla lavorazione degli steli del papiro, pianta acquatica che cresce lungo fiumi e paludi. Gli steli venivano tagliati in sottilissime strisce longitudinali, che erano poi disposte su un piano e unite l’una all’altra, in modo da ottenere uno strato continuo. Su questo strato ne veniva collocato perpendicolarmente un secondo. Il reticolo così ottenuto veniva bagnato e infine lasciato seccare al sole: la carta era pronta. La scrittura consisteva in un sistema di segni tracciati con un piccolo pennello e corrispondenti ad un oggetto, un animale o una persona. Inizialmente il lavoro degli scribi consisteva nel registrare le uscite e le entrate dei prodotti agricoli che i contadini erano tenuti a versare nei magazzini del re. Con il tempo questo modo di scrivere per disegni si perfezionò, fino a permettere di fissare sulla carta anche le idee, i ragionamenti ed i sentimenti. La scrittura assunse per gli egizi un valore quasi sacro: con essa erano ricoperti tutti i loro monumenti, le pareti dei templi, le statue, i sarcofagi e le bende con le quali era avvolta la mummia. Nelle più antiche civiltà, in quella Egizia e in quella Mesopotamica, non esistevano libertà né diritti. Il faraone era il padrone di tutto e di tutti: delle terre, degli animali, delle case e di tutto ciò che veniva prodotto nel suo regno. Tuttavia era ritenuto onnipotente perché figlio degli Dei e non doveva essere tiranno, capriccioso e violento, come alcuni dei. In conclusione il faraone delle più antiche civiltà era un sovrano che decideva cosa fosse più giusto per il suo popolo. Invece oggi lo stato democratico moderno fa sì che ciascun cittadino, protetto dalle leggi della giustizia, possa obbedire ad esse liberamente; tuttavia il cittadino è sempre limitato nella sua azione dalle stesse leggi: per questo lo stato è detto stato di diritto.


SCRITTURA
I geroglifici egizi sono i segni scolpiti che compongono il sistema di scrittura monumentale utilizzato dagli antichi Egizi, che combinano elementi ideografici, sillabici e alfabetici. L’uso di questo tipo di scrittura era riservato a monumenti o qualsiasi oggetto, come stele e statue, concepiti per essere eterni; la scrittura corrente e quotidiana in Egitto era quella ieratica. Un sistema simile, ma non correlato, venne utilizzato anche dalla civiltà minoica, tra il 2000 a.C. e il 1650 a.C. circa.
«È un sistema complesso, una scrittura figurativa, simbolica e fonetica insieme, nello stesso testo, nella stessa frase, potrei addirittura dire nella stessa parola.»
(Jean-François Champollion. Lettera a M. Dacier, 27 settembre 1822)
I geroglifici consistono di tre tipi di caratteri:
-
caratteri fonetici, inclusi quelli di un unico fonema, come un alfabeto, ma anche molti caratteri rappresentanti una o più sillabe
-
ideogrammi, rappresentanti una parola
-
determinativi, i quali indicano la categoria semantica della pronuncia di una parola senza specificarne il significato preciso
La scrittura geroglifica consta di 24 caratteri principali (simboli per un singolo fonema), ai quali si aggiungono molti più segni biconsonantici (simboli per due fonemi combinati). Vi sono anche segni triconsonantici (tre fonemi), anche se sono meno comuni degli altri. In totale la scrittura geroglifica consta, nella sua fase finale e più speculativa, di più di 6900 caratter, compresi raggruppamenti e varianti
L’orientamento dei segni geroglifici può essere in linea od in colonna. I geroglifici scritti in orizzontale possono essere letti in maniera destrorsa o sinistrorsa secondo l’orientamento delle figure descritte (se sono rivolte a destra la lettura è da destra verso sinistra). Nel caso fossero disposti verticalmente vanno letti dall’alto verso il basso. Anche nel caso di più simboli presenti in una stessa riga e disposti “uno sopra l’altro”, vanno letti dall’alto verso il basso.
Siccome il sistema di scrittura egizio non trascriveva le vocali, la maggior parte di esse è oggi ignota e la lettura è aiutata dall’aggiunta di una e interconsonantica puramente convenzionale. Per esempio: nfr -> nefer = bello, buono.

FARAONI EGIZIANI
Inizialmente l’antico Egitto era diviso in tanti piccoli Stati. Successivamente, una serie di lotte durate circa un millennio ridusse gli Stati a due. Questi due grandi regni corrispondevano alle due regioni geografiche del territorio. Il primo regno situato a nord prendeva il nome di Basso Egitto, mentre l’altro situato a sud prendeva il nome di Alto Egitto. L’Alto Egitto era governato dal re Falco. Il Basso Egitto era governato dal re dell’Ape. Ad unificare i due regni fu Menes detto anche Narmer che divenne il re dell’Alto e del Basso Egitto e fu venerato come una divinità. Egli fu il primo faraone, cioè il primo re di tutto l’Egitto. La parola faraone significa grande casa. Il faraone era considerato figlio degli dei e dio egli stesso. Il suo nome non poteva neppure essere pronunciato. Egli era il padrone assoluto dell’Egitto, aveva potere di vita e di morte su tutti e disponeva di tutti gli averi dei sudditi. La volontà del sovrano era l’unica ad imporsi e non aveva limiti: la sua era una monarchia assoluta. Il faraone controllava tutto ciò che accadeva nel paese attraverso una rete di funzionari e di scribi. Inizialmente la capitale fu Menfi nel Basso Egitto. Poi essa fu trasferita all’interno a Tebe nell’Alto Egitto. Infine fu fissata a Sais, sulle foci del Nilo (Basso Egitto). Sul trono dell’Egitto si succedettero tantissimi faraoni appartenenti a trenta diverse famiglie. Alcuni faraoni hanno lasciato un segno incancellabile nella Storia come Cheope, Chefron, Micerino, Hatshepsut, Ramses II, Tutankhamon. Il regno dei faraoni durò circa 3 millenni dal 3000 al 525 a.C. quando vi fu l’invasione dei Persiani.


DIVINITA’ EGIZIA
Molti testi egiziani menzionano i nomi delle divinità senza indicare il loro carattere o un ruolo specifico, mentre altri testi si riferiscono a ben definite divinità senza nemmeno indicare il proprio nome, perciò una lista completa di essi è assai difficoltosa da stilare. Non risulta però che gli Egizi abbiano mai avvertito il bisogno di stabilire un inventario delle proprie divinità – a differenza di altri popoli dell’antichità, quali gli Ittiti, che realizzarono laboriose liste di concordanze fra i loro dei e quelli delle nazioni vicine. Nel pantheon egizio, difatti, le divinità apparivano, scomparivano, cambiavano nomi, attributi, caratteristiche e funzioni a seconda delle circostanze: si ha traccia altresì di alcuni repertori di divinità, ma si riferiscono a un contesto limitato e sono finalizzati ad applicazioni ben precise. La tomba del faraone Ramses VI (1144 – 1136 a.C.), la KV9 della Valle dei Re, è un monumento dedicato a “tutti gli dei della Duat“, cioè del mondo dei morti, per cui il re avrebbe composto un catalogo per “rinnovare” i loro nomi. A tale genere di lista corrispondono liste di dèi, l’ordine e la natura dei quali sono sempre variabili – come le serie di divinità stilate nell’ambito di culti locali e i manuali di geografia religiosa come il “Libro del Fayyum“, il papiro geografico di Brooklyn e il Papiro Jumilhac. Nel Tempio funerario di Seti I ad Abido compaiono due liste sotto forma di litania, complessivamente di 113 divinità raggruppate per cappelle o santuari. Era comune che, in epoca tarda, le pareti nei naos contenenti le effigi delle divinità riportassero rappresentazioni che inventariavano le immagini divine della località (cataloghi simili sono stati scoperti a Tod e Dendera); similmente, la grande lista di divinità sulle pareti del santuario di Amon a Hibis, nell’oasi di Kharga, elenca le immagini di divinità onorate nei grandi centri di culto raggruppati in base al nomo di appartenenza – senza la pretesa di comporre un quadro esaustivo del pantheon egizio

MUMMIFICAZIONE
Con il termine di mummificazione si intende il procedimento con cui venivano conservati i corpi ( oggi il termine mummificazione è molto più utilizzato di imbalsamazione ). All’inizio questo procedimento veniva utilizzato soltanto per il sovrano ed i suoi familiari ma più avanti nel tempo questa pratica venne gradualmente diffusa anche nei vari strati sociali.
La tecnica di imbalsamazione era molto complessa ed i sacerdoti dovevano avere conoscenze di anatomia per astrarre estrarre gli organi senza danneggiarli.
Con un ferro lungo ed incurvato alla punta estraevano il cervello dal naso, per non tagliare il cranio e poi applicavano un taglio netto lungo tutto il busto per estrarre gli altri organi. Dopo l’estrazione degli organi il corpo veniva immerso in acqua salata x circa quaranta giorni per mummificarlo. L’interno del corpo veniva riempito di oli profumati e di spezie per poi essere avvolto nelle bende, che fungevano da isolante per l’aria.
Tra i vari strati del bendaggio i sacerdoti inserivano degli amuleti. Alcuni, a forma di scarabeo, di occhio o di colonne, erano veri e propri gioielli, destinati a proteggere il defunto dai pericoli che lo avrebbero potuto insidiare nell’altro mondo. Uno scarabeo si poneva al posto del cuore. Posteriormente recava inciso un capitolo del libro dei Morti, che faceva riferimento al giudizio dell’anima. Con questo il defunto si raccomandava al suo cuore che non lo contraddicesse e non gli mentisse davanti agli dei.
La mummia veniva posta in un sarcofago, che poteva essere di pietra, di legno semplice oppure ricoperto di materiali preziosi. Inizialmente i sarcofagi erano rettangolari, però più tardi furono costruiti con forma umana. Anche gli organi venivano riposti nelle piramidi assieme al corpo, infatti le viscere, una volte estratte dal corpo del defunto, venivano lavate e imbalsamate; dopo erano deposte in quattro vasi raffiguranti altrettante divinità chiamate Figlie di Horo, le quali avevano il compito di proteggere gli organi dalla decomposizione.
Questi contenitori, con il coperchio a forma di uomo, di sciacallo, di babbuino e di falco, erano costituiti come vasi canopi. Probabilmente il loro nome derivava dalla città di Canopus, vicina ad Alessandria, dove esisteva il culto di Osiride, adorato e rappresentato tramite un vaso con il coperchio a forma di testa umana; secondo un’altra versione, Canopo era un personaggio mitologico che fu seppellito in Egitto. I vasi canopi venivano introdotti in una cassa che, durante il corteo funebre, era trainata da una slitta.
Duamtef ( 1 )
a testa di sciacallo; proteggeva lo stomaco ed era connesso alla dea Neit e all’est.
Hapy ( 2 )
a testa di babbuino; proteggeva i polmoni ed era connesso con la dea Neftis e con il nord.
Amset ( 3 )
a testa umana; proteggeva il fegato ed era connesso con la dea Iside e con il Sud.
Kebehsenuf ( 4 )
a testa di falco; proteggeva gli intestini ed era connesso alla dea Sekhmet e con l’ovest.
:::: La vita dopo la morte ::::
Gli egizi non vedevano la morte come la fine, bensì come l’inizio di una nuova esistenza. Per il viaggio nell’ aldilà si procuravano tutti gli oggetti che avevano utilizzato nella vita terrena. Nella tomba, insieme al corpo del defunto, ponevano mobili, alimenti e gioielli…
Secondo ciò che credevano gli egizi, il corpo era costituito da tre parti: il BAI (l’anima), il KA (la forza vitale) e l’ AJ (la forza divina). Per avere la vita dopo la morte il KA aveva bisogno del corpo e per poterlo conservare ricorrevano alla tecnica della mummificazione che variava a seconda della classe sociale a cui appartenevano i defunti.
Il defunto doveva essere riconosciuto nell’aldilà. Per questo motivo, sopra le bende che avvolgevano il corpo mummificato, veniva posta una maschera con un ritratto idealizzato. Le maschere dei faraoni erano fatte d’oro e lapislazzuli. Secondo il mito, infatti, la carne degli dei era d’oro, i loro capelli di lapislazzuli e le loro ossa d’argento, materiale molto raro in Egitto. I faraoni, rappresentati con l’aspetto del dio Osiride, sovrano del regno dei morti, portavano sulla testa un’acconciatura a raggi con il cobra, il serpente loro protettore, nella parte frontale. Le braccia erano ripiegate sul petto e una mano stringeva lo scettro reale, mentre l’altra impugnava una frusta.
Gli ushabti, parola che significa “coloro che rispondono”, erano piccole statuette che venivano collocate nella tomba del defunto ed erano utili alla vita nell’aldilà. I più preziosi erano fatti di lapislazzuli, però potevano essere anche di legno o di pietra. Spesso si trattava di figure maschili con un aratro o una zappa e un sacco sulle spalle che, nella parte anteriore, portavano inciso un capitolo del Libro dei Morti. La declamazione rituale dell’iscrizione conferiva vita alle statuette che così avrebbero lavorato al posto del defunto. In alcune tombe sono stati ritrovati addirittura centinaia di ushabti; in particolare nelle tombe dei faraoni il numero degli ushabti era molto elevato.

Published: Nov 28, 2021
Latest Revision: Nov 28, 2021
Ourboox Unique Identifier: OB-1236548
Copyright © 2021