Educazione Civica

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Artwork: Andrea, Samuele, Valerio, Ester, Antonio e Giovanni

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Educazione Civica

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Italiano

Studiando “L’ultimo canto a Saffo” di Leopardi, volevo approfondire di più la figura storica e letteraria di Saffo. Dopo essere ricorso ad un’enciclopedia ho subito notato che la mia ricerca sulla poetessa si sarebbe fermata alle cinque righe presenti lì e non ci sarebbe stato modo di proseguire con gli approfondimenti. Però se avessi cercato la figura di Platone avrei sicuramente trovato intere pagine di approfondimento. Nonostante riconosca che Platone abbia più spessore in campo filosofico, non concepisco il motivo per cui anche una donna che è stata d’ispirazione per lo stesso filosofo, che la definiva al pari di una musa(Alcuni dicono che le Muse siano nove; che distratti!

Guarda qua: c’è anche Saffo di Lesbo, la decima) e molteplici altri artisti succeduti dopo ella, non meriti chiarimenti in più sulla sua figura storica, forse perchè donna ed omosessuale. Fortunatamente ad oggi siamo pieni di notizie, forse anche troppo, e dopo una ricerca sul web sono riuscito ad apprendere più notizie rispetto a quante ne abbia trovate nell’enciclopedia. 

Volendo prendere il discorso in maniera più ampia: le donne che ruolo hanno avuto nel corso della storia letteraria?

Nel corso dell’era neoclassica la donna, così come fu nell’antichità, era solo oggetto d’ispirazione e non soggetto attivo (così come vediamo nel mondo dell’arte). Nello stesso periodo nasce il Romanticismo e tra gli autori di maggiore importanza del Romanticismo italiano, Foscolo, Manzoni e il già citato Leopardi, possiamo delineare quale fosse l’idea della figura femminile. La donna incarna le aspirazioni del poeta, le sue illusioni (la donna salvifica manzoniana), oppure si rivela traditrice e portatrice di sventura per gli uomini, e l’amore, il più puro dei sentimenti, nella tematica Romantica è spesso fonte d’amarezze e tormenti, per l’impossibilità del poeta di vivere assieme all’amata a causa delle convenzioni sociali. 

In Foscolo ( per-romanticismo ) la figura della giovane donna Teresa incarna il desiderio di patria: infatti, come nella vita sociale è impossibile per Foscolo avere una patria, così nella vita sentimentale è impossibile per Jacopo avere la donna che ama; Teresa è anche idealizzata e angelicata, poichè un suo bacio beatifica Jacopo, lo innalza al di sopra di sè stesso, lo porta a sperare e confidare nell’avvenire, incoraggiandolo ad agire. 

Nel Manzoni la donna viene vista come qualcosa da laudare e venerare, perchè non appartenente al mondo reale, bensì a quello divino.

Infine, nel Leopardi, le donne presentate sono figure giovanili (`A Silvia’, `Il sabato del villaggio’) e rappresentano, per il poeta, il periodo di speranze proprio della giovinezza, in cui l’idea dell’avvenire suscita grandi aspettative, e sono associate a temi festivi, o perlomeno gioiosi, accomunate da una continua tensione al piacere. Leopardi però lega sottilmente tali temi alla fugacità della vita stessa, presentando alla fine di tali Idilli la figura di un’altra donna, la Natura matrigna personificata, (presente anche nel Dialogo della Natura e di un Islandese), Natura cui l’uomo è succube, e che, indifferente alle sofferenze umane, segue il suo corso sopprimendo illusioni e seminando rammarico tra uomini sensibili come il poeta, che si ritraggono allora nel loro interno e fuggono la compagnia e l’amore per gli altri. Possiamo dedurne che, di conseguenza, la donna così come nel neoclassicismo, e andando ancora più indietro nel tempo, ai tempi di Petrarca e di Dante, la donna era punto d’ispirazione, musa ed “angelicata”. 

“Uomo, sei capace di essere giusto? È Una donna che te lo chiede. Dimmi: chi ti ha dato il potere sovrano di opprimere il mio sesso?” a parlare è una donna, Olympe de Gouges, che in piena Rivoluzione francese, ebbe l’ardire di rivolgere questa domanda all’universo maschile. Ai deputati dell’Assemblea nazionale, ma anche a mariti, padri, fratelli, amanti, perché riconoscessero l’uguaglianza di diritti tra uomo e donna. Non contenta, nella sua breve vita si batté anche a favore del divorzio e si schierò per l’abolizione della pena di morte e della schiavitù. Insomma, una donna audace e scomoda, che Robespierre riuscì a far tacere, a soli 45 anni, sotto l’affilata lama della ghigliottina. Era il 3 novembre 1793, in pieno regime del O. Dato che la stessa Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino emanata nel 1789 non conteneva riferimenti alle donne, decise di sopperire a questa mancanza preparando un testo giuridico ad hoc: la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina(1791), pensata per ristabilire l’uguaglianza tra i sessi, tema trascurato dalla Rivoluzione.Terrore: due settimane prima era stata giustiziata la regina, Maria Antonietta. 

Finalmente in epoca dei “lumi” sentiamo parlare di donne attraverso le donne, e non attraverso uomini. 

Ad oggi quindi dovremmo imparare dalla storia e anzichè parlare noi per loro dovremmo lasciare spazio e non sopprimere sul nascere persone che si differenziano da noi per sesso, genere, orientamento sessuale o altre differenze.

Andrea Angileri

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Storia dell’arte

Nella storia artistica del passato, sono poche le donne che fecero carriera o riuscirono a farsi strada e a farsi valere nel mondo dell’arte. Una tra le poche fu Artemisia Gentileschi, Nata a Roma nel 1593, straordinaria pittrice di scuola caravaggesca, la cui carriera venne completamente stravolta dopo aver subito una violenza fisica da parte di un conoscente; l’accaduto la costrinse ad affrontare la società del tempo in un duro processo.

 

Artemisia Gentileschi, figlia primogenita di Orazio Gentileschi e di Prudenzia Montone, si appassionò all’arte dall’età di dodici anni grazie all’esempio del padre artista. Sotto la sua guida iniziò la sua formazione, a partire dalla preparazione di tutti i materiali usati nei dipinti e acquisendo dimestichezza con tutti gli strumenti del mestiere.

Trascorreva le giornate nella bottega del padre circondata da artisti e opere d’arte e qui ebbe l’opportunità di incontrare Caravaggio che vi si recava per procurarsi le travi per le sue tele. All’età di diciotto anni, grazie alla sua predisposizione per le Belle Arti, Artemisia era ormai diventata un’artista matura ed esperta e quindi il padre decise di metterla sotto la guida dell’amico e collega Agostino Tassi; lui frequentava la sua bottega e accettò volentieri di farle intraprendere degli studi sulla prospettiva.

Nella storia artistica del passato, sono poche le donne che fecero carriera o riuscirono a farsi strada e a farsi valere nel mondo dell’arte. Una tra le poche fu Artemisia Gentileschi, Nata a Roma nel 1593, straordinaria pittrice di scuola caravaggesca, la cui carriera venne completamente stravolta dopo aver subito una violenza fisica da parte di un conoscente; l’accaduto la costrinse ad affrontare la società del tempo in un duro processo.

 

Artemisia Gentileschi affronta il momento dell’uccisione di Oloferne per mano di una determinata e vigorosa Giuditta. L’effetto d’insieme è potente e spaventoso: il corpulento generale è ubriaco e riverso sul letto, la testa afferrata per la chioma, la spada che affonda nel collo. Artemisia non esita ad esibire un dettaglio cruento come il sangue che schizza copiosamente fino a macchiare il petto della stessa Giuditta. Il quadro era stato terminato a Roma dove Artemisia era tornata dopo sette anni di permanenza a Firenze e dove aveva potuto rinverdire il contatto con le opere caravaggesche. La naturalistica “virilità” della rappresentazione produsse severe reazioni al suo invio a Firenze e negò al dipinto l’onore di un’esposizione privilegiata in Galleria, anzi a fatica la pittrice, e solo per intervento dell’amico Galileo Galilei, riuscì a farsi corrispondere con grande ritardo il compenso a suo tempo pattuito dal Granduca Cosimo II de’ Medici, scomparso nel 1621, appena dopo l’esecuzione della grande tela. Questo dipinto oggi ci parla anche dell’avventura umana e professionale di una donna che scelse di essere artista in un’epoca dominata dagli uomini: e vi riuscì, lavorando per le corti di Roma, Firenze, Napoli, spingendosi in Inghilterra e infine entrando, prima donna in assoluto, nell’Accademia delle Arti e del Disegno di Firenze.

Nel 1616, Artemisia fu la prima donna a far parte dell’Accademia d’Arte di Firenze, al fianco dei migliori pittori fiorentini. Qui entrò in contatto con personalità molto illustri, tra cui Cosimo II de’ Medici e Galileo Galilei. Trascorse gli ultimi anni della sua vita viaggiando, passando per Roma, Napoli e Londra, per poi tornare nella città partenopea dove morì nel 1653.

 

Artemisia Gentileschi divenne quindi il primo simbolo femminista, poiché riuscì sempre a fronteggiare con coraggio e audacia ogni ostacolo che le si poneva di fronte,superando i pregiudizi sessisti e le difficoltà che la società del tempo riservava alle donne. Ha combattuto con fierezza tutte le sue battaglie ribellandosi alle idee ottuse del XVII secolo, anche quella secondo cui la pittura fosse una pratica esclusivamente per gli uomini.

Angileri Andrea

 

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Informatica

Nonostante tutto, molte ragazze devono lottare ancora contro i pregiudizi che vedono le donne poco adatte a occuparsi di computer e sistemi informatici. Proprio per questo è scesa in campo anche l’ONU, che dal 2015 dedica l’11 febbraio alla Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza, mentre il 25 aprile è la Giornata internazionale delle ragazze nell’ICT: entrambe le date vengono celebrate ovunque con manifestazioni e progetti a favore delle giovani che vogliono dedicarsi allo studio delle materie scientifiche e tecnologiche.

In Italia, per rafforzare l’unione tra donne e informatica, il Politecnico di Milano ha lanciato già da qualche anno il progetto Le ragazze possono, per sostenere le studentesse nella scelta del percorso universitario e indirizzarle verso le professioni scientifiche; nell’ultima edizione si sono aggiunte proposte per le giovanissime delle scuole medie e per le potenziali imprenditrici interessate a lanciare startup nel mondo IT.

Ancora oggi  persiste il pregiudizio che scienza e tecnologia siano “cose da uomini”.Eppure, basta guardare la storia dell’informatica per scoprire che non solo le donne sono brave in questo ambito, ma spesso hanno anche battuto sul tempo i colleghi uomini.

Ada, la prima programmatrice:

Molti sanno che fu il matematico inglese Charles Babbage a inventare nell’Ottocento la prima macchina per il calcolo automatico. In pochi sanno invece che il metodo per programmarla non lo creò lui, bensì la sua assistente, Ada Lovelace (1815-1852), figlia del poeta George Byron e grande appassionata di matematica. Nel 1843, a 28 anni, Ada inventò il primo programma della storia informatica e in suo onore è stato poi sviluppato negli anni Ottanta il linguaggio di programmazione ADA.

Karen, la teorica dei motori di ricerca:

Era inglese anche Karen Spärck Jones (1935-2007), ricercatrice e poi docente di informatica all’Università di Cambridge. Nel 1972 condusse uno dei suoi studi più importanti su una funzione fondamentale per misurare l’importanza di una parola in un insieme di documenti, oggi alla base del meccanismo dei motori di ricerca. Karen è ricordata anche per il suo impegno a sostegno delle donne nell’informatica.

Grace, l’inventrice del Cobol e del debugging:

Scienziata con un dottorato in matematica e contrammiraglio della Marina statunitense, Grace Murray Hopper (1906-1992) è stata la prima programmatrice del computer Mark I, usato dagli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale per decifrare i codici nemici. Fu lei a inventare il termine debugging per indicare la procedura di individuazione e correzione dei malfunzionamenti: il computer si era bloccato e Grace risolse il problema eliminando la falena (il bug, insetto) che vi era rimasta intrappolata. Ma Grace Hopper è stata soprattutto l’inventrice del linguaggio di programmazione Cobol, sviluppato nel 1959 e in uso ancora oggi.

….. e molte altre che tanto hanno dato e tanto altro daranno per l’evoluzione della tecnologia informatica.

Ester Parrinello 

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Filosofia

John Locke è il fondatore del liberalismo, quella corrente secondo cui l’uomo cede allo Stato una parte della sua persona e della sua libertà e non tutto sé stesso, come vuole il totalitarismo, secondo cui lo Stato ha come compito primario quello di garantire i diritti fondamentali dell’ individuo i quali, secondo Locke, esistono già in natura.

L’uomo, per Locke, nasce libero per volontà di Dio, e si unisce ad altri suoi simili in società, non per paura e per salvaguardare la sua incolumità, ma per potenziare i diritti di cui gode già nello stato di natura, perché lo Stato ha la possibilità di tutelare meglio i suoi diritti attraverso le leggi (il fine della legge non è precludere o reprimere la libertà ma di conservarla ed ampliarla).

Secondo Locke nello Stato di natura l’uomo possiede tre diritti fondamentali: alla vita, alla libertà e alla proprietà. Entrando in società l’individuo cede allo Stato l’amministrazione della giustizia e della difesa della sua incolumità, ma non può cedere completamente i tre diritti naturali perché sono personali e inalienabili.

Locke prevede la stipulazione di un contratto tra i sudditi; di conseguenza, il sovrano non è l’origine d’ogni legge e del diritto, ma esso stesso è soggetto alla legge ed al diritto.

L’autorità nasce dal contratto sociale. Non è dunque frutto di una discendenza dinastica, ma non è neppure un’abdicazione ai propri diritti: è semplicemente una delega con la quale i cittadini affidano la loro difesa ad un’autorità. Di conseguenza, questa sarà legittimata quando farà uso dei propri poteri per il benessere dei cittadini, sarà tirannica se cercherà il proprio interesse contrapponendolo a quello comune.

Locke è favorevole alla divisione dei poteri (legislativo, esecutivo, federativo) per evitare un eccessivo accentramento del potere.

Il liberalismo, dunque, più che un sistema di pensiero ben definito, è un atteggiamento intellettuale e morale che sottolinea con forza il valore positivo della libertà individuale, intesa non come mera applicazione di ogni autorità, ma come autonomia o capacità di obbedire a norme razionali che scaturiscono dall’intimo dell’uomo.

Ester Parrinello

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I

The UN Agenda 2030 for Sustainable Development is an action programme for people, the planet and prosperity.

Signed on 25 September 2015 by the governments of the 193 Member Countries of the United Nations, and approved by the UN General Assembly, the Agenda sets out 17 Sustainable Development Goals, SDGs, which are part of a broader programme of action consisting of 169 associated targets to be achieved in the environmental, economic, social and institutional domains by 2030.

This programme does not solve all the problems but represents a good common basis to build a different world and offer everyone the chance to live in an environmentally, socially, economically and socially sustainable world.

A global challenge

The objectives set for sustainable development have a global validity, concern and involve all countries and components of society, from private companies to the public sector, from civil society to information and culture operators.

The 17 SDGs refer to a set of important development issues that take account of the three dimensions of sustainable development – economic, social and ecological – in a balanced way and aim to end poverty, fight against inequality, tackle climate change, and build peaceful societies that respect human rights.

Goal 1: No poverty

Goal 2: Zero hunger

Goal 3: Good health and well-being

Goal 4: Quality education

Goal 5: Gender equality

Goal 6: Clean water and sanitation

Goal 7: Affordable and clean energy

Goal 8: Decent work and economic growth

Goal 9: Industry, innovation and infrastructure

Goal 10: Reduced inequalities

Goal 11: Sustainable cities and communities

Goal 12: Responsible consumption and production

Goal 13: Climate action

Goal 14: Life below water

Goal 15: Life on Land

Goal 16: Peace, justice and strong institutions

Goal 17: Partnerships for the goals

Air pollution consists of chemicals or particles in the air that can harm the health of humans, animals, and plants. It also damages buildings. Pollutants in the air take many forms. They can be gases, solid particles, or liquid droplets.

Sources of Air Pollution

Pollution enters the Earth’s atmosphere in many different ways. Most air pollution is created by people, taking the form of emissions from factories, cars, planes, or aerosol cans. Second-hand cigarette smoke is also considered air pollution. These man-made sources of pollution are called anthropogenic sources.

Some types of air pollution, such as smoke from wildfires or ash from volcanoes, occur naturally. These are called natural sources.

Air pollution is most common in large cities where emissions from many different sources are concentrated. Sometimes, mountains or tall buildings prevent air pollution from spreading out. This air pollution often appears as a cloud making the air murky. It is called smog. The word “smog” comes from combining the words “smoke” and “fog.”

Large cities in poor and developing nations tend to have more air pollution than cities in developed nations. According to the World Health Organization, some of the worlds most polluted cities are Karachi, Pakistan; New Delhi, India; Beijing, China; Lima, Peru; and Cairo, Egypt. However, many developed nations also have air pollution problems. Los Angeles, California, is nicknamed Smog City.

Indoor Air Pollution

Air pollution is usually thought of as smoke from large factories or exhaust from vehicles. But there are many types of indoor air pollution as well.

Heating a house by burning substances such as kerosene, wood, and coal can contaminate the air inside the house. Ash and smoke make breathing difficult, and they can stick to walls, food, and clothing.

Naturally-occurring radon gas, a cancer-causing material, can also build up in homes. Radon is released through the surface of the Earth. Inexpensive systems installed by professionals can reduce radon levels.

Some construction materials, including insulation, are also dangerous to people’s health. In addition, ventilation, or air movement, in homes and rooms can lead to the spread of toxic mold.

Valerio Amato

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Scienze

Apparato riproduttivo maschile e femminile
L’apparato genitale serve alla generazione dei gameti maschili e femminili (spermatozoi e ovociti), attraverso un processo di divisione cellulare che prende il nome di meiosi e che è alla base della riproduzione sessuale. La riproduzione sessuale avviene infatti attraverso l’incontro e la fusione di due cellule, una di origine maschile (spermatozoo) e una di origine femminile (ovocita), che si combinano dando origine ad un nuovo organismo. Lo spermatozoo e l’ovocita hanno un contenuto cromosomico che è la metà (23 cromosomi nell’uomo) di quello di ogni altra cellula del corpo (46 cromosomi). La riproduzione sessuale permette la combinazione di due patrimoni genetici differenti. L’apparato genitale femminile, inoltre, è in grado di accogliere l’ovocita fecondato (successivamente all’incontro lo spermatozoo), di nutrirlo e proteggerlo durante tutto il suo sviluppo nel periodo della gravidanza
L’apparato riproduttivo maschile
L’apparato riproduttivo maschile è formato dal pene, che rappresenta l’organo riproduttivo maschile per eccellenza, nonché l’ultimo tratto delle vie urinarie. C’è poi la prostata, formata da tessuto fibroso e muscolare, il cui compito principale è quello di produrre e immagazzinare il liquido seminale che viene poi rilasciato durante l’eiaculazione. I testicoli sono invece deputati alla produzione degli spermatozoi e alla secrezione dell’ormone testosterone. Ci sono poi le vescicole seminali situate, una per lato, al di sopra della prostata, il cui compito è quello di secernere una sostanza vischiosa che va a formare lo sperma. Infine le vie spermatiche consentono il transito degli spermatozoi provenienti dai testicoli verso l’esterno dell’organismo e permettono la maturazione degli spermatozoi stessi.

L’apparato riproduttivo femminile
L’apparato riproduttivo femminile è formato dall’ovaio, dalle salpingi, dall’utero, dalla vagina e dalla vulva. L’ovaio è formato da due ghiandole a forma di mandorla, le ovaie, che producono gli ovuli, elementi indispensabili per la riproduzione, e secernono gli ormoni sessuali che regolano tutte le fasi della vita riproduttiva della donna. Ci sono poi le salpingi, due condotti simmetrici che mettono in comunicazione ciascuna delle due ovaie con l’utero e che rappresentano la normale sede di fecondazione, ovvero il luogo in cui avviene l’incontro tra l’ovulo e lo spermatozoo. L’utero è il centro dell’apparato riproduttivo femminile ed è deputato ad accogliere l’ovulo fecondato, a consentirne lo sviluppo e a espellere il feto quando la gravidanza giunge al termine. La vagina è il condotto che mette in comunicazione l’ultima parte del collo dell’utero con l’ambiente esterno e la vulva è l’insieme degli organi genitali esterni femminili.

Antonio Pellegrino

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Educazione fisica

Le donne e lo sport
Nella società attuale nell’ambito sportivo è complicato fare paragoni tra il mondo femminile e quello maschile. Spesso gli uomini sono conosciuti al grande pubblico, mentre le donne faticano ad emergere. Questo deriva dall’enorme disparità che ancora esiste fra mondo maschile e femminile a livello strutturale nella società.
Se negli anni ’60 e ’70 iniziava a svilupparsi una nuova consapevolezza sull’uguaglianza di diritti fra uomo e donna, è pur vero che la strada da fare perché questa uguaglianza si realizzi in ogni campo è ancora lunga, nonostante siano passati alcuni decenni.
SESSISMO NELLO SPORT

La differenza percepita dalla società fra uomini e donne è ancora più forte in campo sportivo.
Per lungo tempo si è ritenuto che lo sport non fosse qualcosa di adatto alle donne, poiché la visione della società si orientava su una visione della donna come angelo del focolare, dedicata alla cura della casa e della famiglia e ben lontana dai valori sportivi, tradizionalmente associati al mondo maschile.
La donna sportiva è stata pertanto identificata come qualcosa di diverso dall’ordinario, quasi mascolina. Valori come la grazia, la bellezza, l’eleganza e la femminilità scomparivano, nella visione patriarcale, di fronte a discipline considerate propriamente maschili come – ad esempio – il calcio.
Molte donne rifiutano lo sport in prima persona, ritenendo che alcuni sport possano escluderle dalla società. La scelta di “andare controcorrente” quindi diventa difficile e coraggiosa per le donne con una forte passione sportiva, soprattutto quando si tratta di scegliere questo tipo di strada a livello professionale e non solo per hobby.
Questo è dovuto anche ai modelli che il mercato propone: donne magre e curate, con lineamenti graziosi e muscolatura poco o per nulla pronunciata: una figura ben lontana dalla donna sportiva e poco desiderabile per la maggioranza delle donne che si affidano e ispirano a quei modelli.

Lo sport femminile ha subito un enorme evoluzione e sviluppo a partire da cinquant’anni fa fino ad oggi.
Un tempo la donna era quasi sempre in casa, occupata nell’ambito domestico. Col tempo, sempre più donne si sono interessate all’attività sportiva, anche se a livello agonistico sono ancora relativamente pochi gli sport che vedono un ampia partecipazione femminile.
Nonostante la notevole crescita, gli sport femminili godono di una bassa visibilità da parte dei media tradizionali, mentre il web inizia a presentare sempre maggiori occasioni di visibilità.

Antonio Pellegrino

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Religione
La condizione della donna nel terzo millennio, nelle varie culture e religioni

Non è facile essere donna, in qualsiasi contesto e società si viva. Non è facile scrollarsi di dosso quella visione fallace secolare della donna, di sicuro diversificata a seconda delle culture, epoche e luoghi geografici, ma comunque sottomessa all’uomo.
Le differenze percettive del ruolo della donna nella società sono molto diverse tra il mondo occidentale e quello islamico. Eppure, una particolare analogia tra le due culture nel rapporto uomo-donna, si può riscontrare nella partica della dote, ossia l’insieme dei beni conferiti dalla famiglia della sposa, o dalla sposa stessa, al marito. Questa consuetudine era diffusa nel Sud Italia fino a qualche anno fa mentre accade tutt’oggi in molti paesi islamici, il ruolo della donna nei paesi arabi è molto limitato perché le donne devono sempre uscire con un velo, per non mostrare il loro intero volto anche con temperature molto alte, oppure in Pakistan le donne non possono portare la macchina perché secondo i capi di governo non sono in grado di farlo, e la cosa più eclatante è quella che secondo la religione islamica, l’uomo può possedere fino a 4 mogli affinché dia lo stesso tenore di vita ad entrambe le donne, ma la donna nel matrimonio non può avere più di un uomo, e se prova a tradire il marito le conseguenze saranno molto care. Nei paesi occidentali invece siamo molto più aperti mentalmente, e in molti paesi uomo e donna hanno lo stesso ruolo nella società, in molte aziende europee o americane ci sono donne che coordinano il tutto, e adesso tutto questo oggi è normale, grazie a tanti anni di sacrifici fatti dalle donne per riuscire ad ottenere questi diritti. Ecco alcune testimonianze di ragazze islamiche che raccontano la loro esperienza:
una studentessa pakistana di 19 anni che da 3 anni vive in Italia, ci racconta: «la donna non ha la stessa emancipazione di quella occidentale, non ha le stesse opportunità perché deve seguire le “tradizioni”, da rispettare anche quando si è lontane dal proprio Paese. Il velo, ad esempio, è un qualcosa su cui si dibatte spesso: indossarlo fa parte della nostra cultura. Mio padre è un conservatore e io rispetto il suo pensiero e scelgo di indossare il velo anche qui in Italia».
una donna algerina che lavora presso un albergo in Italia, ci spiega che «la donna ha un ruolo importante, non solo come punto di riferimento per la famiglia, ma contribuisce anche economicamente al mantenimento di essa. Nel mio paese la donna ha le stesse libertà di quella occidentale. È molto forte, però la fedeltà verso il marito e la famiglia, anche se è prettamente un dettame religioso.
Differentemente da qualche anno fa, oggi la donna ha cambiato il suo modo di vivere e sfida i pregiudizi per porre un freno alla mentalità conservatrice della società».

Giovanni Marino

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Storia
Disuguaglianze, ruolo della donna nel corso della storia

La Dichiarazione universale dei diritti umani che è stata approvata dall’Assemblea Generale dell’ONU, nel dicembre 1948 è il risultato del lungo cammino dell’uomo verso la libertà. Adesso la libertà ha innalzato la dignità umana ma nel corso degli anni la libertà fu intesa in vari modi poiché la natura ha subito un’evoluzione che trova nell’uomo il suo compimento, mediante il principio della propria razionalità e libertà.
Ad esempio con l’Illuminismo la libertà è stata esaltata, diventando così la condizione universale di tutti gli uomini, in quanto cittadini del mondo, senza alcuna distinzione di razza, sesso, e classe sociale. La libertà che era invece intesa nella concezione cristiana del medioevo era una libertà concentrata sulla possibilità di scelta tra il bene e il male al contrario nella riforma protestante l’uomo sostanzialmente non era libero in quanto completamente suddito di Dio.
I diritti umani sono quindi il prodotto della civiltà umana in quanto sono diritti storici e quindi mutevoli. Nuove esigenze e la conquista di nuovi valori fanno sorgere nuovi diritti fondamentali. I diritti umani, seppur dall’essenza universalista, hanno un’evoluzione legata alle esigenze sociali. Il contributo marca il passaggio dall’indivisibilità all’interdipendenza dei diritti umani.
Successivamente, nell’epoca del Rinascimento e dell’Umanesimo, in tutta Europa si susseguirono rivolte e ribellioni contro l’autorità dei moderni Stati allora in formazione. Sono ravvisabili tre principali punti di rottura storici:
la Rivoluzione inglese;
la Rivoluzione americana;
la Rivoluzione francese.

⁃ Nella Rivoluzione inglese, sotto il profilo che a noi interessa, non fu una vera cesura col passato, anzi, i diritti proclamati dagli inglesi, nella Petition of Rights (1628) prima e nel Bill of Rights (1689) poi, prendevano le mosse dalla tradizione, vale a dire la Magna Charta del XIII secolo.
⁃ Anche la Rivoluzione americana, pur tenendo conto delle sue peculiarità, costituisce un momento di continuità rispetto al passato, perché gli americani fondarono i loro diritti sempre sulle libertà proclamate dalla Magna Charta.
⁃ La vera rottura col passato fu realizzata con la Rivoluzione francese. La Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 costituì una frantumazione totale dell’ordine sociale e politico precedente, il vero spartiacque sociale e giuridico tra l’età moderna e quella contemporanea

Il punto in comune di queste rivoluzioni fu appunto quello della positivizzazione dei diritti fondamentali, attuando così il passaggio dai diritti dell’uomo in quanto tale ai diritti del cittadino di uno Stato.

Abbiamo poi avuto il processo di internazionalizzazione per poi arrivare alla Dichiarazione universali dei diritti umani nel 1948.

Sicuramente la donna nel corso del tempo rispetto all’uomo ha dovuto combattere molte battaglie che tutt’oggi sono ancora in corso per raggiungere pari diritti dell’uomo.
La donna in passato era considerata inferiore rispetto all’uomo soprattutto dal punto di vista dell’istruzione: le donne infatti non avevano la possibilità di studiare, di imparare poiché il ruolo della donna era finalizzato esclusivamente nelle faccende domestiche e di accudimento della famiglia. Sicuramente però non dobbiamo dimenticare che durante questi anni le donne hanno conquistato numerosi diritti che permettono oggi di agire e di essere libere quasi quanto gli uomini.
Nel 1946 si aprì per le donne italiane il percorso di partecipazione attiva alla vita politica, ciò non fu uguale in tutto il mondo poiché Nonostante la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo sancisca il suffragio universale fin dal 1948, in Arabia Saudita solo dal 2015 le donne partecipano al voto – e solo nelle elezioni comunali: le resistenze culturali sono ancora molte. Per il diritto del voto molte donne si sono battute dal 1900 in poi perché prima in nessuna nazione le donne avevano una posizione politica, tutto questo si deve soprattutto alle suffragette, che erano un gruppo di donne che si sono battute e molte sono anche morte per il diritto del voto.

Giovanni Marino

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Fisica e Matematica

Purtroppo anche in ambiti scientifici come matematica e fisica vi sono state delle disuguaglianze, basti pensare che il numero di scienziate donne è minore rispetto a quello degli uomini. Infatti Il divario di genere nella ricerca scientifica è ancora oggi un tema di primo piano quando si parla di occupazione maschile e femminile. A volte discriminate, altre volte costrette a lasciare il merito delle proprie scoperte a mariti e colleghi, la storia ci consegna i racconti di tante donne che hanno saputo dare contributi di inestimabile valore alla ricerca scientifica. O che hanno combattuto duramente per riuscire ad avere, da scienziate, gli stessi diritti e le stesse opportunità dei colleghi maschi. Un esempio può essere Maria Goeppert Mayer (1906-1972) seconda donna al mondo a ricevere il Nobel per la fisica, dopo Marie Curie, è diventata famosa per aver proposto il ‘modello a guscio’ del nucleo atomico. Di origine tedesca ma naturalizzata statunitense, già giovanissima contribuì alle ricerche sul decadimento beta, poi continuò a studiare la meccanica quantistica fino agli ultimi giorni di vita. Ma oltre a Maria Mayer vi è anche Emmy Noether (1882-1935) matematica tedesca che si occupò soprattutto di fisica e di algebra astratta, a lei si deve l’omonimo teorema della fisica teorica che lega le simmetrie alle leggi di conservazione. Dopo essere fuggita dalla Germania nazista, morì prematuramente, ma ciò non le impedì di essere riconosciuta tra i più grandi matematici della storia. L’esempio di queste due famose scienziate che nonostante tutto sono riuscite a avere una posizione nell’ambito matematico ci fa riflettere che non sempre bisogna scoraggiarsi al primo ostacolo ma si deve andare oltre, dopo i pregiudizi perché la scienza in particolare matematica e fisica fa scaturire la conoscenza non l’ignoranza.

Samuele Alagna

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