Alcuni processi cognitivi: memoria, linguaggio, pensiero ed intelligenza by Gaia Cupitò - Ourboox.com
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Alcuni processi cognitivi: memoria, linguaggio, pensiero ed intelligenza

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Alcuni processi cognitivi: memoria, linguaggio, pensiero ed intelligenza by Gaia Cupitò - Ourboox.com

Breve introduzione ai processi cognitivi. 

Un processo cognitivo è la sequenza dei singoli eventi necessari alla formazione di un qualsiasi contenuto di conoscenza.
L’acquisizione della conoscenza procede attraverso numerosi percorsi culturali ed intellettuali fra loro interconnessi.

Sono alla base dello studio della mente umana. Alcune abilità cognitive sono la percezione, la memoria, il pensiero, il linguaggio, l’intelligenza ed il ragionamento. Questi temi sono l’ambito di indagine privilegiato della psicologia sperimentale per comprendere l’interazione dell’individuo con il proprio ambiente.

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LA MEMORIA

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La memoria è uno dei processi cognitivi più studiati.

Può essere paragonata un enorme magazzino o una biblioteca all’interno del quale l’individuo può tenere traccia della propria esperienza passata, tale archivio non ha caratteristiche statiche e passive ma puo ‘essere definito come un produttore attivo di rappresentazioni sul mondo. In tal senso, la memoria è considerata ricostruttiva e non riproduttiva nella sua modalità di funzione.

 

 

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La memoria interviene in tutti i processi mentali: la  percezione, l’attenzione, l’apprendimento  e il pensiero. Gli psicologi Atkinson e Shiffrin ritengono che vi siano tre memorie Memoria sensoriale (MS), memoria a breve termine (MBT) e memoria a lungo termine (MLT).
La memoria sensoriale: trattiene per pochi attimi (0,25 secondi) è un’elevata quantità di informazioni e rende possibile la percezione della realtà.
La memoria a breve termine: trattiene le informazioni per un breve spazio di tempo, dopo di quali tali informazioni scompaiono. La memoria a breve termine può contenere solo un paio di informazioni: nell’individuo adulto, circa sette, con una variazione delle caratteristiche del materiale da ricordare. Le informazioni presenti in essa non trasferite nella memoria a lungo termine sono destinate a scomparire.
La memoria a lungo termine: può essere paragonata a un archivio, di capacità quasi illimitata, dove sono conservate tutte le esperienze e le acquisizioni nel corso della vita, come gli aspetti.

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Le ricerche svolte in ambito cognitivista hanno studiato i tipi di processi alla base della memorizzazione e i sistemi coinvolti nell’attività memorativa.

La teoria della profondità della codifica pone l’attenzione sulla sulla profondità con cui vengono elaborate le informazioni in entrata (input).

Le informazioni possono essere elaborate su tre livelli differenti:

-livello strutturale (relativo alla forma)

-livello fonemico (relativo al suono)

-livello semantico (relativo al significato)

Il livello semantico garantisce prestazioni migliori di memorizzazione.

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Nella teoria della specificità della codifica, Endel Tulving distingue due tipi di memoria una relativa al SAPERE COME e l’altra al SAPERE CHE.

La memoria del sapere come si può chiamare PROCEDURALE O IMPLICITA e riguarda le azioni apprese e le abilità mentre la memoria del SAPERE CHE o DICHIARATIVA o ESPLICITA si suddivide in ulteriori due memorie. La memoria semantica riconducibile alle conoscenze generali e la memoria semantica delle esperienze personali.

 

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LA COSTRUZIONE DELLA MEMORIA

Il cammino che porta alla memoria ha inizio con l’operazione di CODIFICA, grazie alla quale gli imput, provenienti dall’ambiente esterno vengono immagazzinati nella rete dei dati acquisiti e prosegue poi con i processi di RITENZIONE e RECUPERO. La ritenzione è un processo che consente di conservare l’informazione, solitamente tramite la ripetizione o ad un collegamento ad un dato precedentemente assimilato. 

 

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MISURARE LA MEMORIA

Le prime ricerche sperimentali sul funzionamento della memoria risalgono al 1800.

Nel 1885 lo psicologo tedesco Herman Hebbinghaus formulò una legge, che prese il suo nome, in cui si afferma l’esistenza di un rapporto tra tempo e contenuti da memorizzare; sottoponendo diversi studiosi ad un esperimento. Diede lunghe liste prive di significato di sillabe (o piccole parole insensate)da apprendere e da  ripetere nella stessa successione. Il calcolo delle quantità di letture necessarie per recuperare le informazioni precedentemente acquisite, ossia per il ri-apprendimento, costituiva la misura del ricordo del materiale appreso (risparmio ritentivo).

Hebbinghaus verificò anche, che di una lista si ricordano più facilmente le prime e le ultime sillabe e che,se si ripassa frequentemente ciò che si é memorizzato, si ha l’effetto di attenuare l’oblio.

 

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L’OBLIO

L’ oblio è l’incapacità di riprodurre e ricordare i contenuti appresi e, nella tradizionale interpretazione della psicologia generale, esso è il frutto di un progressivo indebolimento dei depositi mnesici.

Nella teoria psicanalitica, invece, l’oblio è concepito come il risultato di un processo difensivo di rimozione contro l’emergere di contenuti mnemonici sgraditi; difatti, Sigmund Freud identifica l’oblio come una delle facoltà difensive della mente umana che tende a rimuovere contenuti e pensieri ritenuti minacciosi, i quali rimangono inconsci e repressi.
L’ oblio rappresenta la dimenticanza intesa come fenomeno non temporaneo, non dovuto a distrazione o perdita momentanea di memoria, ma come stato più o meno duraturo, come scomparsa o sospensione del ricordo con un particolare accento sullo stato di abbandono del pensiero e del sentimento.

 

 

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Due sono le principali teorie che gli studiosi hanno elaborato per spiegare il fenomeno dell’oblio: la teoria del decadimento e quella dell’interferenza. Secondo la prima, l’oblio è un fenomeno fisiologico naturale, che dipende dal tempo trascorso tra l’acquisizione di un’informazione e la sua rievocazione. Per la teoria dell’interferenza, l’oblio non è tanto legato al tempo, quanto piuttosto all’interferenza esercitata da altre informazioni, immagazzinate prima o dopo il ricordo che si cerca di recuperare.

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Tornando all’oblio,considerato da Sigmund Freud, come meccanismo di difesa ci tenevo a ricordare due meccanismi da lui trattati.

Il meccanismo della RIMOZIONE: che ho spiegato precedentemente (rimozione dell’inconscio di ricordi penalizzanti) ed il meccanismo della RAZIONALIZZAZIONE. Secondo quest’ultimo noi adduciamo false giustificazioni a ciò che non riusciamo a raggiungere e lo spiega con la favola di Esopo “La Volpe e l’Uva”. La protagonista è una volpe che cerca di prendere un grappolo d’uva che si trova troppo in alto. Quando si rende conto che non ha alcuna possibilità di afferarlo si giustifica dicendo :”tanto uva acerba est”.

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L’AMNESIA

Bisogna far attenzione a non confondere l’oblio con l’AMNESIA. L’amnesia è una patologia. Può essere di gravità variabile e di due diversi tipi:

-retrograda

-anterograda

L’amnesia retrograda provoca la perdita della memoria degli eventi passati; l’amnesia anterograda disturba l’acquisizione dei ricordi, fino a portare all’incapacità di immagazzinare di nuovi . Le cause dell’amnesia possono essere molteplici: traumi all’encefalo, azione di sostanze psicoattive o gravi malattie.

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IL PENSIERO

Il pensiero è il processo cognitivo che elabora, collega, rappresenta e riconosce le informazioni provenienti dalle percezioni e dalle esperienze immagazzinate nella memoria. Secondo l’ipotesi della Relatività Linguistica ognuno si rappresenta la sua realtà in modo differente a seconda delle parole conosciute.Le fondamentali manifestazioni del pensiero, che consentono di programmare le cose da fare, di riflettere su eventi passati, di risolvere problemi e prendere decisioni, sono la categorizzazione, il ragionamento ed il problem solving.

Attraverso il processo dell’astrazione, il pensiero perviene dagli oggetti individuali alla formulazione di concetti. La categorizzazione è il procedimento che porta a classificare gli oggetti sotto un certo concetto.

Per quanto riguarda il ragionamento dobbiamo parlare di due categorie differenti : il ragionamento deduttivo e quello induttivo.

Aristotele fece del ragionamento il suo oggetto di studio; la logica è la scienza che si occupa di questo.

 

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I ragionamenti di tipo induttivo sono largamente impiegati nella vita quotidiana, di fronte a problemi di natura incerta e ci muoviamo nel campo della probabilità.

I ragionamenti di tipo deduttivo possono essere veri e falsi allo stesso tempo. L’esempio più classico di ragionamento deduttivo è il sillogismo. Quest’ultimo può essere a sua volta deduttivo ed induttivo. Il sillogismo è composto da una premessa maggiore (M), una premessa minore (m) ed una conclusione (c)  che ne consegue di necessità.

Il sillogismo deduttivo è in un certo senso falso in quanto va dal generale dal particolare, di seguito un esempio:

-tutti gli italiani amano la pasta (M)

-Sara è italiana(m)

-Sara ama la pasta (c)

Il sillogismo induttivo è il tipo di ragionamento perfetto e va dal particolare al generale:

-il cane Pippo e’ un mammifero (m)
-il cane Poldo e’ un mammifero (m)
-il cane Piero e’ un mammifero (m)
-i cani sono mammiferi (M-c)

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La capacità del problem solving (risoluzione dei problemi) è richiesta frequentemente nella vita quotidiana ed ed una delle attività più complicate del pensiero. Essendo complessa non è immediata e si svolge in diverse fasi:

1.la preparazione

2.l’incubazione

3.l’illuminazione

4.la verifica

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IL LINGUAGGIO

Il termine linguaggio indica la facoltà mentale di esprimere e comunicare attraverso un sistema di simboli.Risultati immagini per linguaggio

Tutte le lingue condividono una struttura analoga formata da fonemi, morfemi e sintagmi (formatasi da regole grammaticali).

I fonemi sono le unità sonore minime, non ulteriormente scomponibili, che formano le parole.

I morfemi sono le unità linguistiche più piccole dotate di significato; non sono solo parole, ma anche articoli, preposizioni, prefissi e suffissi.

I sintagmi sono insiemi strutturati di parole.

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La psicolinguistica è la scienza interdisciplinare che si occupa dello studio di come si sviluppa il linguaggio nell’infante (0-2 anni).

All’interno di questo ambito di ricerca si sono sviluppati due distinti orientamenti.

La teoria per imitazione sostiene che il bambino cerca di ripetere quello che ha sentito dire senza saperne il significato;è quindi una teoria acquisita.

Secondo Noam Chomsky in ogni infante è presente un tipo di dispositivo (LAD) di acquisizione del linguaggio; quindi una teoria innata.

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IL RAPPORTO TRA PENSIERO E LINGUAGGIO

Su questo rapporto gli studiosi hanno elaborato teorie molto diverse tra loro. Secondo alcuni, si tratta di due facoltà parzialmente autonome; secondo altri, invece, sono proprio le strutture della lingua parlata a dare forma ai pensieri; secondo altri ancora, il linguaggio è un prodotto della mente.

In ogni caso questa relazione ha teorie in divenire ed ancora non ce n’è una univoca e accettata da tutte le correnti psicologiche.

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L’INTELLIGENZA

Il termine ”intelligenza” deriva da latino -intus-legere- cioè legare/raccogliere dentro/fra. Non si può dare una definizione univoca. Quello che accomuna le idee degli studiosi è il fatto che sia una funzione cognitiva complessa, una proprietà dell’individuo ed un prodotto del pensiero.

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Alcuni studiosi, di fronte alla complessità nel ricercare un’unica definizione per l’intelligenza, hanno intrapreso altre strade: occupandosi delle manifestazioni concrete del comportamento intelligente. Sono stati creati test per ottenere informazioni quantitative sulle abilità intellettive dei soggetti osservati utilizzando un approccio matematico.

Per la prima volta, nel 1906/1907 Alfred Binet elaborò ed impiegò diversi test per bambini in età scolare (prima elementare).

Si creò così l’idea di età mentale (em) ed età cronologica (ec). L’età cronologica è relativa a quella anagrafica mentre quella mentale all’evoluzione intellettiva del soggetto. Secondo il modello di Binet, un bambino di 8 anni che fosse capace di risolvere problemi alla portata di uno di 10 anni, avrebbe un’età mentale superiore a quella anagrafica e un’intelligenza maggiore rispetto alla media.

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Dal lavoro di Binet, con la collaborazione di Simon nacque la prima scala metrica di valutazione dell’intelligenza per poter inserire studenti di uno stesso livello in classi omogenee.

Pochi anni dopo, Stern introdusse il concetto di quoziente intellettivo (QI)  che si poteva calcolare in maniera quantitativa utilizzando una formula matematica:

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La formula ha tuttavia dei limiti: oltre ad essere statica e quantitativa, non è efficacie per calcolare il QI degli adulti. Per poter calcolarlo, David Wechsler elabora un sistema di valutazione utilizzando metodi statistici. Il punto di riferimento per la valutazione non è più l’età mentale, ma il punteggio medio tra molti individui che hanno all’incirca gli stessi anni. Le scale Wechsler hanno subito diverse evoluzioni nel corso degli anni e ad oggi costituiscono le basi per i test di valutazione per adulti e bambini.

Comunque, misurare l’intelligenza continua ad essere una pratica controversa in quanto l’intelligenza non abbia una definizione univoca.

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TEORIE SULL’INTELLIGENZA

Partiamo dal fatto che le teorie sull’intelligenza sono molteplici e rispecchiano le proposte delle varie scuole psicologiche. Bisogna fare,poi, una prima distinzione delle teorie in:

-unitarie

-multiple

Le teorie unitarie tendono ad individuare nell’intelligenza un fattore predominante sugli altri, nelle teorie multiple, l’attenzione volge su più fattori o su varie intelligenze, ordinate in maniera gerarchica.

Un esempio di teoria unitaria è quella elaborata da Spearman mentre di teoria multipla, quella di Gardner.

Una seconda suddivisione delle intelligenze è in:

-teorie strutturali

-teorie funzionali

Le teorie strutturali si propongono di determinare le parti che costituiscono l’intelligenza mentre le teorie funzionali si soffermano sui processi elaborativi delle informazioni, cercando di chiarire quale sia il funzionamento delle abilità cognitive impiegate.

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Lo psicologo inglese Spearman mise a punto un modello dell’intelligenza chiamato bifattoriale sulla base dell’analisi fattoriale.

Secondo la quale la misurazione delle prestazioni intellettuali scaturisce dalla somma di due fattori: il fattore “g” ed i fattori “s”.

Il fattore “g” o meglio generale é paragonabile ad una sorta di energia mentale propria dell’individuo, i fattori “s” o specifici riguardano diverse abilità e prestazioni.

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Dalle analisi di Spearman, Cattel, un’altro psicologo, descrive l’intelligenza distinguendola in due tipi fondamentali:

-l’intelligenza fluida

-l’intelligenza cristallizzata

L’intelligenza fluida é presente nei giovani e tende a diminuire dopo i 30 anni; corrisponde alla capacità di acquisire nuove informazioni ed integrarle.

L’intelligenza cristallizzata, legata alla cultura ed all’esperienza, utilizza e applica al presente informazioni apprese in passato; inizia a diminuire dopo i 70 anni.

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Louis Leon Thurston riconosceva ben 7 fattori intellettivi (intelligenza multifattoriale):

1 capacità di comprensione verbale

2 abilità numerica

3 abilità spaziale

4 abilità linguistiche

5 rapidità della percezione

6 capacità di memorizzazione

7 capacità di ragionamento

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Guilford elaborò una teoria dell’intelligenza strutturata che individuava più di 120 abilità intellettive diverse. Le suddivise in tre categorie indipendenti:

-operazioni mentali

-contenuti ideativi

-prodotti

Secondo Guilford l’intelligenza è data dal modo in cui le operazioni mentali si applicano ai contenuti. Inoltre rappresentava l’intelligenza come una figura tridimensionale geometrica.

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Tra le teorie cognitiviste nel campo intellettivo emerge la teoria delle intelligenze multiple di Howard Gardner (1943). Quest’ultimo parla di intelligenze al plurale: a suo avviso le intelligenze sono multiple e possono combinarsi in vario modo negli individui.

Nell’immagine di seguito sono elencate le 9 tipologie di intelligenza di Gardner.

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Penultimo studioso che analizzo in questo libro è Robert Sternberg che ha suddiviso l’intelligenza pratica da quella accademica. Ha poi approfondito l’intelligenza pratica che è caratterizzata da cinque abilità principali:

-saper conoscere le proprie emozioni

-saper controllare le proprie emozioni

-capacità di motivare sè stessi

-saper riconoscere le emozioni altrui

-capacità di gestire le relazioni

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Ultima teoria sull’intelligenza e abbastanza diversa dalle altre riguarda l’intelligenza emotiva di Daniel Goleman. Secondo questo studioso, l’autoconsapevolezza e l’empatia sono elementi basilari e possiamo suddividere in due gruppi le competenze:

-personali

-sociali

Le competenze personali consistono nella capacità di cogliere i diversi aspetti della propria vita emotiva mentre quelle sociali sono relative alla capacità di comprendere e interagire con gli altri.

Inoltre le caratteristiche dell’individuo sono tre: emozioni, personalità e motivazioni (che possono essere intrinseche o estrinseche).

Di seguito un’immagine che rappresenta il livello di intelligenza emotiva di un soggetto analizzando i vari pregi e difetti caratteriali.

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A questo punto sorge la domanda del perchè esistano tante teorie sull’intelligenza; oltre a rispondere che la psicologia è una scienza in divenire c’è da dire che le teorie (in generale) sono strumenti che mettono in luce la vita dell’essere umano e non è così facile da riassumere in pochi libri!

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Immagini e video li ho ricercati ed estratti dal web, come parte delle informazioni. Ho utilizzato molto il libro di testo di psicologia: Imparare, osservare, comunicare e gli appunti presi in classe.

 

 

Gaia Cupitò, 1Nes, Sabin.

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