Il dilemma delle 00:00
Le 00:00 ora che segna il nuovo giorno e a quanto pare questo giorno non è il migliore;nel silenzio più totale sentii 3 spari…
Mi sembrava una pistola , magari erano solo petardi,mi ributtai nel letto a rivedere dei fascicoli per lavoro,quando mi sentii arrivare in faccia quel puzzo che sola una pistola può creare.
Tutto ciò mi fece pensare a un omicidio , ma che dico?Magari era qualcos’altro ,vabbè domani mattina lo scoprirò in caserma se era come pensavo.
La mattina in caserma mi “attaccarono” tutti urlando:“Ti vuole il commissario”.Io appena sentii commissario urlai :
“Zitti…tutti, andate alle vostre postazioni!!!Tutti tranne Giacomelli …tu rimani qui e spiegami tutto”“Ok… ha sentito quei 3 spari ieri sera?”“Si…ma da dove venivano?”“Via Tosca,86”
“Continui…”“Quei tre botti erano di pistola…e come può immaginare c’è una vittima”. “Chi?” “Yolanda Camilli” “La conoscevo …come nome”“Davvero!?comunque ritornando al discorso è per questo che la vuole vedere il commissario” “Fiuu,pensavo mi volesse licenziare” “Esatto la gente crede che la vogliano licenziare,perchè nessuno deve sapere di questa storia” “Perchè?” “Non è un semplice omicidio,qui si tratta di un serial killer… il resto glielo spiegherà il commissario” Arrivato davanti alla porta bussai e subito mi disse: “Avanti!!!”. Io entrai e gli chiesi: “Posso sedermi?” Lui mi fece un segno con il viso,come per dire siediti pure. Il commissario: “Posso darti del tu?” “Sì commissario… ed io a lei ?” “Certo!” disse sorridendo. Visto che non sapeva da che parte iniziare gli dissi: “Giacomelli mi ha parlato del caso…dicendomi anche del serial killer … la mia domanda è ,come lo avete saputo?”
“Semplice, ogni morte in questo anno non risolta ha un elemento in comune… tutte queste vittime il giorno prima si sono tagliate i capelli”. “In che negozio?” “Non si sa,ma crediamo da Hair Smart” “Perchè?” “Uno degli omicidi è successo lì vicino” Un momento di silenzio e ripartii: “Ecco a te tutti i fascicoli, buon divertimento!!!”Arrivato a casa “divorai” quei fascicoli ma per niente direi:non avevo trovato nessuna notizia interessante. Me ne mancava 1, tra me e me pensai vabbè tanto vale leggere l’ultimo … e dal fascicolo della penultima vittima capii tutto… Diceva che il giorno prima era stato da “Hair smart”a tagliarsi i capelli e la notte dopo 3 spari dal dietro era morta. A quel punto cominciai a capire qualcosa … Andai dal commissario e gli riferii tutto ciò che avevo scoperto e mi disse: “Interessante, andrò ad interrogare il capo di quel negozio”. Il giorno dopo il commissario mi chiamò e mi disse di andare in caserma,entrai nel suo ufficio e mise, anzi lanciò , una mentina sul tavolo; mi avvicinai , e perplesso dissi: “Che cos’è?una mentina?” e lui rispose con tono più serio del solito: “Esatto…me l’hanno data al negozio,dicendomi se ne vuoi altre passa stasera” “Le ha date alla scientifica?” “Sì, mi hanno detto che contiene droga…hai un piano?” “Si… stasera riandrò là ma con la polizia” “Ma cosa hai pensato?” “Il parrucchiere accompagna la vittima sotto droga in casa e poi la uccide” “Ottima osservazione” “A che ora agiremo?” “Alle 3:00 sarebbe perfetto” “Ok…avverta la polizia” “Sarà fatto!” Arrivata l’ora entriamo tutti e io urlai “La dichiaro in arresto per omicidio”. Lo ammanettiano , mentre salivamo in macchina gli chiesi: “Perchè fai ciò?”Lui con una faccia arrabbiatissima risponde: “Ovvio, per soldi” “Ah, capisco, “Hair smart” stava andando in rovina, per questo lui uccideva i suoi clienti,per fare più soldi. Arrivato a casa mi sdrai sul letto e dissi: “Questo caso è stato difficile e stancante,ma sono contento di averlo risolto…” Credo di dovermi tagliare i capelli…
Francesca Benedetti
Il colpevole inaspettato
Era il 26 marzo 2019 due giorni prima di una finale di formula 1.
Solo due piloti erano i favoriti: uno è il campione in carica Jonathan, l’altro il suo rivale Mattia.
Il giorno prima della gara Jonathan si andò ad allenare come sempre nel circuito, ma a circa metà giro la macchina esplode.
Gli aiutanti vanno a vedere e chiamano l‘ambulanza e pompieri. Arrivati i pompieri spengono l’incendio ed i soccorritori guardano se possono salvare Jonathan ma ormai era già bruciato del tutto.
I pompieri notano che il veicolo era stato manomesso e che dentro c’era una bomba con il timer, a prima vista pensano che il colpevole sia un carrozziere che aggiustava la macchina,cosi chiamano il commissario.
Il commissario si chiamava Billy Margaret. Era una persona seria ,magra che vestiva sempre elegante,aveva una pipa sempre in bocca.
Il commissario disse:”Chiamate tutti gli amici della vittima,gli operai che lavoravano con lui e infine tutti i piloti.
Li voglio al commissariato domani mattina alle 8:00 ”.
Il giorno dopo si fecero trovare tutti in commissariato.
Il commissario interrogò prima gli operai poi gli amici e infine i piloti.
Finito di interrogare gli operai che non avevano detto nulla di importante, il commissario passa agli amici.
Il commissario chiede ad alcuni amici di Jonathan:”Con voi stava bene?”gli amici risposero di sì.
Prima che l’investigatore mandasse via il migliore amico di Jonathan,Marco disse:”Io sono sempre stato il suo migliore amico e ci dicevamo tutto.”
Il commissario disse :”Di cosa parlavate? cosa ti diceva?”. Marco rispose:”Ogni volta che andavo al circuito a vederlo lui mi diceva che aveva paura e che non stava bene, perché già da un po’ di tempo gli arrivavano delle lettere di minaccia.” Il commissario chiese:”Che tipo di lettere?.” Marco tirò fuori una busta con dentro una lettera. Era un foglio con attaccate sopra delle lettere di giornale.
Mentre il commissario mandava via gli amici, questo disse:”Interrogate bene il pilota Billy, il suo rivale”. Lui disse sì e li mandò via
L’investigatore fece chiamare i piloti , che però non dissero nulla.
Per ultimo interrogò Billy:”Tu conoscevi Jonathan giusto ?” Billy disse sì.
Il commissario continuò:”Eravate molto nemici?” Billy disse:” Non eravamo molto nemici. All’inizio della nostra carriera noi eravamo molto amici. Poi però io scoprii che nella finale dell’anno scorso lui aveva imbrogliato ed aveva vinto la gara” IL commissario disse:”Cosa ha fatto per barare?” Billy disse :”Aveva usato un motore illegale”
Da quel momento non siamo stati più amici, ma comunque ci si parlava”. Il commissario ribattè:”E’ per questo che hai messo una bomba con il timer nella sua macchina?”. Billy rispose:”Non sono stato io ad ucciderlo!Perche dite che sono stato io?”Il
”Perché il migliore amico di Jonathan ha detto che gli sono arrivate delle lettere di minaccia e ha detto che vi odiavate. Billy rispose:”Perché dovrei essere io e non lui? Non avete nessuna prova che sia stato io.” Il commissario concluse che aveva ragione e lo mandò via. Il commissario andò fuori a fumare e ripensò a quando era andato sulla scena del crimine. Ripensando si era accorto che c’era un mozzicone di sigaretta accanto alla macchina. Fra quelli che ha interrogato l’unico che fuma è il migliore amico di Jonathan,quindi torna dentro e lo richiama. Quando entra il commissario disse:”Te sei mai stato vicino alla macchina di Jonathan?” Rispose di sì, il commissario continuò:”Accanto alla macchina abbiamo trovato una sigaretta usata e qui l’unico che fuma sigarette sei te,poi sei l’unico che ha potuto mettere la bomba perché eri il più vicino e terzo di sei dimenticato di metterti i guanti, e facendo così abbiamo trovato le tue impronte sia sull’auto che sulla bomba. Ora mi potresti dire il perché di tutto questo?” Lui disse:”Perché avevo scoperto che non mi voleva più tra i piedi e che le lettere di minaccia gliele mandavo io,così per paura che andasse alla polizia l’ho ucciso” Detto questo il commissario lo fece arrestare e se ne andò.
Christian Bova
La ragazza del faro
Era una fresca mattina di agosto nella spiaggia meno affollata della Sicilia, Valentina, una ragazza che era venuta lì per passare le vacanze estive insieme a sua nonna Angela, aveva appena finito di fare il bagno e decise di andare sulla battigia a raccogliere le conchiglie.
Intravide una bottiglietta di vetro incastrata tra gli scogli, la prese e vide che al suo interno c’era un biglietto e si mise a leggerlo:< Aiuto, aiuto, tu che hai letto il biglietto, aiutami ti prego>. Valentina incuriosita ritornò al molo e vide il suo amico Giuseppe che lavorava nella bancarella del peschereccio, Valentina gridando lo chiamò:< Beppe, Beppe!!! , vieni a vedere cosa ho trovato tra gli scogli!!.
Giuseppe si avvicinò e vide la bottiglia e rispose:< Wow hai trovato una bottiglia e quindi??> Valentina aggiunse:< Guarda dentro questa bottiglia c’è un biglietto> Giuseppe si mise a leggerlo e ridendo a crepapelle rispose:< Ma Vale, sarà uno scherzo di qualche ragazzo a bordo di uno yacht>
Valentina dopo aver parlato con Giuseppe delle vacanze estive andò da sua nonna per pranzare e si rimise in cerca di spiegazioni da parte degli abitanti del paese.
Andò in panetteria dalla sua zia Maria per prendere il “casalingo” ma subito la zia incuriosita le chiese:< Vale, che cosa c’è dentro quella bottiglia?> Valentina le fece leggere il biglietto rispondendo:< Zia, ma per te questo biglietto è tutto uno scherzo?> La zia non riuscì a darle una risposta ma disse:< Vai dal marinaio John, lui conosce il mare meglio del palmo della sua mano.>
Erano le 7:00 di sera, Valentina doveva tornare a casa ma a tutti i costi voleva una risposta.
Trovò finalmente John e gli fece vedere il biglietto, Lui con un tono insospettito le disse:< Dove hai trovato questa bottiglia, su quale scoglio?> Lei rispose:< Sullo scoglio della spiaggia vicina al molo> Lui sorridendo e ridacchiando rispose:< Ahhh, ho capito, deve essere arrivata dal faro, c’è una leggenda , si dice che una ragazza è stata rinchiusa perché non voleva sposare un Signore di cui non si sa nulla.> Lei ritornò a casa beccandosi le brontolate da parte di sua nonna. Non riusciva a dormire e di nascosto durante la notte andò da Giuseppe.
Lui la vide e le disse:< Valentina che ci fai a quest’ora da queste parti?!> lei più sveglia del solito gli rispose:< Giuseppe smettila di lagnare, devi portarmi con la tua barca al faro>. Giuseppe arrabbiato rispose:< Tu sei pazza, lì il mare è sempre in burrasca>, dopo tanto Ella riuscì a convincerlo, ma nel mentre passò la motovedetta della polizia che li fermò subito per rischio di annegamento.
La nonna molto preoccupata vide finalmente Valentina e insieme a lei c’era John.
Il marinaio prese in disparte Valentina e gli sussurrò all’orecchio:< La prossima volta che proverai ad andare al faro morirai>.
La mattina Valentina spaventata dalle minacce di John ritornò sugli scogli per chiarirsi le idee, ma ad un certo vide luccicare qualcosa tra gli scogli, c’era una collanina d’argento con un ciondolo, lei sbalordita disse:< Oh mio Dio ora ho capito tutto!!> Sul ciondolo c’era una foto in bianco e nero di John il marinaio insieme a una ragazzina.
Valentina ormai aveva già ricollegato tutto il caso e andò in caserma e si mise a spiegare ogni dettaglio di quel che era successo.
John venne ammanettato e portato in tribunale e da lì lui confessò tutto:< Non è mai stata una leggenda, Ginevra De Santis non mi sposò e io per rabbia la rinchiusi dentro il faro senza cibo e acqua , morì dopo 5 giorni dalla sua scomparsa e il cadavere lo sotterrai nella pineta lì vicino.
Lo accusarono di femminicidio e lo portarono in galera.
La polizia fece i complimenti alla ragazzina e lei ritornò a casa dai suoi genitori in Toscana per iniziare le sue normali attività didattiche.
ALESSIA DONGU
Thalberg
Quattordici ottobre, era la data della competizione Europea di dressage, una disciplina equestre inglese. Colchester, una piccola cittadina vicino Londra era il luogo dove avrebbe dovuto svolgersi la gara, il cui vincitore sarebbe diventato campione europeo. Dico ”sarebbe” poiché la giornata del quattodici ottobre millenovecentosessantasette non andò come sarebbe dovuta andare. La mattina precedente, il tredici ottobre, Oliver Steave si stava preparando per il grande giorno dove sapeva (come d’altronde tutti) che avrebbe vinto il premio come campione europeo. Il grande giorno arrivò, nell’aria si respirava tensione ma allo stesso tempo adrenalina. La mattina presto tutti i partecipanti si erano recati alle scuderie Wilson. Oliver Steave stava spazzolando Thalberg, il suo cavallo, successivamente gli aveva messo il sottosella da gara bianco, ornato di un contorno color oro. Mise la sua sella, usata unicamente per le gare e il sottopancia di cuoio. Thalber era pronto, a Oliver mancava solo di spazzolarsi gli stivali di pelle. Erano le tredici in punto, mezz’ora prima dell’inizio della gara. I partecipanti già si avviavano al campo di gara. Ore tredici e venticinque, pochi minuti e la gara sarebbe iniziata. Ogni partecipante era al proprio punto di partenza. Quando il giudice iniziò a chiamare ciascun partecipante all’appello mancava Oliver e Thalberg. Allora il giudice stesso andò a chiamarlo, per avvisarlo che la gara stava iniziando, ma quando raggiunse il box trovò Thalberg sdraiato per terra con una narice sanguinante, lui pur non essendo esperto di veterinaria sapeva che non era un segno buono. Chiamò immediatamente un veterinario e l’organizzatore della gara, il quale la annullò. Appena il veterinario arrivò, riconobbe subito la causa, ossia, l’assunzione di un farmaco, il quale assunto in maniera sbagliata poteva essere nocivo e che se non veniva fermato in tempo il medicinale sarebbe circolato in tutto il sangue. Quindi Jason disse che se veniva portato via subito avrebbe pouto salvarsi. Il cavallo ora non era più un problema instantaneo, ora il problema era dove si trovava Oliver. Il giudice si affrettò a chiamare l’investigatore Robert che non tardò ad arrivare ed a mettersi immediatamente all’opera lavorando ininterrottamente, trovando pian piano tracce. Il primo indizio fu quello di un bicchiere trovato nella paglia del box di Thalberg, contenente un liquido che analizzato corrispondeva al medicinale che era stato assunto al cavallo. Per il giudice sembrò un indizio superfluo poiché già il veterinatrio era riuscito a capire di quale medicinale si trattava, però quel bicchiere era tutt’altro che superfluo poiché si potevano prelevare le impronte digitali e a essere così quasi alla soluzione. Le ricerche continuavano senza sosta, perchè man mano che scoprivano indizi la speranza di tutti cresceva. Avuto il risultato delle impronte digitali Robert era riuscito a capire che appartenevano al guanto di un fantino. E già, il colpevole era uno dei partecipanti e tutto si spiegava: temeva di perdere e quindi sapendo che Oliver avrebbe vinto decise di non farlo gareggiare e dunque fino a qua tutto quadrava, ma perchè fare sparire Oliver. A questa domanda poteva rispondere solo il colpevole. Non c’era notte dove riusciva a prendere sonno con la sparizione di Oliver sempre in testa. I giorni seguenti alle notti in bianco lo rendevano sempre più stanco. Si ripeteva tra sè che doveva assolutamente trovare il colpevole. Sedici ottobre, due giorni che Robert lavorava. Erano le quattordici in punto, l’investigatore si sedette davanti alle scuderie con un bicchiere di tè caldo in mano per rilassarsi quei pochi minuti. Era solo lui, tutto era silenzioso. Interrotto dal cinguettio degli uccellini, il rumore del vento sulle foglie e l’odore nauseante della letamaia. Finalmente dopo due giorni intensi si era rilassato un momento che durò ben poco perchè a un certo punto udì dei gemiti a cui inizialmente non dette peso, però questi non smettevano e dunque Robert si concentrò e capì che erano delle lamentele di qualche persona. Seguendo il suono si avvicinava sempre di più alla fonte da cui provenivano e più si avvicinava più i lamenti diventavano forti e inquietanti. Ad un certo punto si ritrovò davanti a una vecchia selleria ormai non usata da tempo, lo si capiva dal fatto che era ricoperta da ragnatele , polvere e l’erba ormai aveva preso il sopravvento ricoprendo quasi del tutto la piccola selleria. Non esitò e dunque sollevò la maniglia, la porta si aprì lentamente cigolando. Al suo interno si aspettava di vedere qualunque cosa ma non quello che aveva appena visto. Davanti ai suoi occhi c’era Oliver. Si stropicciò gli occhi per capire se quello che stava vedendo era vero, si affrettò a prendere l’uomo ormai in fin di vita, con tracce di veleno portadolo in ospedale. L’investigatore non dovette nemmeno aspettare che si riprendesse perchè Oliver ripeteva con angoscia il nome “Luis”, “Luis”, “Luis”, e sì, era il nome del colpevole.
Elena Giannini
IL CASO DI JAMES BAKER
La mattina del primo novembre il tenente Jonson stava compilando dei moduli nel suo studio quando, il sottotenente William, entra nell’ufficio esclamando:”Tenente abbiamo un nuovo caso !!” “Di cosa parla?” rispose immediatamente Jonson “E’ scomparsa una persona!” rispose William “Chi è la vittima?” “James Baker” “Abbiamo un luogo?” “No signore sappiamo poco di lui tranne l’indirizzo della sua casa” “Fammi un favore. fammi un elenco con tutti i suoi parenti.” “Non la deluderò!” e il sottotenente andò via dall’ufficio. All’una di pomeriggio il sottotenente rientrò nell’ufficio di James con l’elenco dei famigliari della vittima. I due investigatori decisero di andare a casa di James Baker ma la trovarono in pessime condizioni ma decisero di entrare ugualmente. Il tenente si appoggiò alla porta e scopri che era aperta entrarono, ma si trovarono davanti una scena terrificante ovvero tre persone morte in una pozza di sangue. Tornati in ufficio i due investigatori iniziarono a ragionare:” I tre cadaveri che abbiamo trovato sono il padre, la madre e la sorella tutti e tre morti e da come sono stati rinvenuti sembrerebbe siano stati giustiziati.” E aggiunse:”Mi potresti ripetere l’elenco dei famigliari di James?” “Mi dispiace ma, togliendo i tre defunti la lista diventa un foglio bianco.” Rispose William. “Secondo lei James è morto?” domando William “No secondo me James è vivo e vegeto e penso che James non sia una vittima ma il colpevole!” “Come può pensarlo?” domandò incredulo William “Venga con me e lo scoprirà non abbiamo tempo da perdere!” esclamò il tenente. Andarono alla casa dei famigliari di James e lo trovarono ma James appena vide la polizia urlò:”Lo confesso ho ucciso io la mia famiglia mi infastidivano continuamente e decisi che non mi avrebbero più dato fastidio!” esclamò con un ghigno terrificante. “In cosa ti davano fastidio?” domandò Jonson “Nei miei affari ma oggi sono un uomo libero!!” “Non credo lei verrà con noi in carcere!” “NO!” rispose James tirando fuori una pistola e la puntò alla sua tempia premendo il grilletto …
Simone Pancrazi
L’OMICIDIO PIU’ STRANO DELLA STORIA
Salve a tutti mi chiamo Mike Baker e quest’oggi vorrei parlarvi dell’omicidio più strano che io abbia mai visto in tutta la mia vita da investigatore, ma torniamo ad una settimana fa …
Era una mattina come tante, la signora Maria Riva un’anziana e ricca signora, era pronta per uscire, mentre aspettava il suo autista si mise ad accarezzare il suo cane, un bassotto di razza, Oliver, al quale lei era molto legata.
Glielo aveva regalato suo marito Arturo e dopo la sua morte, avvenuta un anno prima, era l’unica cosa che le restava di suo marito.
Poco dopo l’autista suonò al campanello di quella villa, così Maria prese la sua borsetta e uscì, lasciando la piccola porticina di casa aperta dando la possibilità ad Oliver di uscire in giardino, ma sapeva che non lo avrebbe fatto.
Senza accorgersene Maria uscì ma senza notare che dietro al vicolo di casa sua un uomo, Jake Peterson, la stava spiando.
Era un suo ex amico diventato suo rivale quando 20 anni fa Maria rubò la sua idea e la sua fama.
Ma aspettate detto così è un po’ strano, vi racconto la storia: Quando Maria era una bambina conobbe Jake , lui amava creare cose nuove, fare progetti, così, quando diventò grande decise di realizzare un macchinario per l’energia.
Molte persone andavano da Jake per intervistarlo, alcune aziende per ingaggiarlo e lui si dimenticò di Maria.
Così un giorno Maria entrò in casa di Jake di nascosto e rubò i suoi bozzetti del lavoro.
Poi si mise a ricreare il macchinario.
Qualche mese dopo, Maria presentò il lavoro finito ad un’azienda e diventò una delle donne più ricche e famose di tutto il mondo.
Jake voleva vendicarsi di questa cosa così dopo ormai 20 anni dall’accaduto seguiva ogni passo di Maria aspettando il momento giusto …
Quella mattina Maria dovette uscire e lasciò la casa incustodita, cosa abbastanza insolita, ma solo per 15 minuti.
Non avrebbe mai pensato che in quel poco tempo il suo bassotto avrebbe perso la vita.
Così Maria se ne andò e Jake avvicinandosi piano piano verso il cancello di casa, attirò Oliver con una polpetta avvelenata, lui uscì mangiò la polpetta e Jake che aveva appoggiato il suo braccio nella ringhiera del cancello non si accorse che nel toglierlo di fretta un pezzettino della sua manica si era strappato e si posò vicino ad Oliver che dopo 5 minuti era già morto.
Quando la signora tornò casa, entrò e iniziò a dire: “Sono tornata, Oliver, vieni” ma lui non andò.
Allora Maria preoccupata uscì e trovò Oliver disteso per terra, provò a muoverlo ma ovviamente nessun segnale, iniziò a chiamare la polizia e una clinica veterinaria.
A quel punto arrivai io … Iniziai a fargli domande: “Signora quando e come è successo?” lei in una valle di lacrime rispose: “Sono uscita, prima, ci ho messo solo 15 minuti e quando sono tornata l’ho trovato così, Oliver non usciva mai, ma io lasciavo comunque la sua porticina aperta” io preoccupato le dissi: “Allora è evidente che qualcuno lo ha attirato da fuori”.
La veterinaria interrupe la discussione: “Questo è un caso di avvelenamento”.
Io andai in giardino e trovai quel pezzetto di stoffa, presi il resto della polpetta ed inizia ad analizzarli; intanto il mio aiutante John passava per le case li di fianco a chiedere se avessero visto qualcosa.
Solo una signora testimoniò di aver visto un uomo ma normale che ricordava di avere una camicia a quadri proprio come quel pezzetto di stoffa.
La mattina seguente andai a casa di Maria per fare una chiacchierata e le chiesi: “Ha avuto discussioni con qualcuno di recente?” lei riflettendo rispose: “No, non mi pare” allora io le rifeci la domanda al contrario: “Per caso con qualcuno in passato?” lei diventò come congelata e rispose: “In passato con un mio ex amico ma è acqua passata, credo …”
Alla fine venni a scoprire che il nome di colui era Jake Peterson ma di quest’uomo non c’era traccia …
Ma mi sbagliavo, la sera stessa si rifece vivo.
Con una maschera e totalmente vestito di nero; passò dal marciapiede “nascosto”, ma incrociò una signora, proprio quella che testimoniò di averlo visto.
Lei di nascosto gli fece una foto perché si ricordava di lui.
Jake si avvicinò alla casa, scavalcò il cancello, entrò dentro e, senza esitare un attimo, uccise la signora Maria.
Poi si tolse la maschera e lasciò una lettera: “Io avevo detto alla signora Maria di stare attenta che la vendetta sarebbe arrivata, se lei 20 anni fa non avesse rubato la mia idea a quest’ora non sarebbe morta” poi se ne andò.
Il sabato mattina la signora che aveva scattato la foto, venne nel mio studio e mi disse: “E’ lui l’uomo che ha avvelenato il cane della signora Maria presto vada ad avvertirla” così io mi diressi con la mia squadra a casa sua ma quando arrivai era troppo tardi.
Trovai il suo corpo sanguinante da una sparo di pistola dritto alla gola accostato a quella lettera …
Così iniziarono le ricerche, Jake fu denunciato, era su tutti i giornali, ricercato da ogni dipartimento di polizia, ma di lui nessuna traccia, anche se qualche volta la signora che scattò la foto e che testimoniò di averlo visto diceva di vederlo nella notte …
Sara Giannecchini
DUE DELITTI, DUE ASSASSINI
Negli uffici di polizia, a New York, reparto investigativo, un’anziana signora chiamò alle 12.00 l’investigatore, l’anziana signora disse che c’era stato un delitto di un ragazzo di nome Alberto, anni 15.
Il giorno dopo partì l’indagine del ragazzo, accanto al cadavere c’era un cappello e un ciuffo di capelli castani. L’investigatore notò subito che il cappello era di un poliziotto. Il ragazzo era morto per un colpo di pistola al cuore.
Accanto al ragazzo c’era una finestra e, affacciato alla finestra, c’era Jonny, un ex poliziotto. L’investigatore si girò di scatto a destra dov’era la finestra. L’investigatore andò da Jonny e gli parlò del delitto, Jonny disse: -Ma non sono stato- L’investigatore guardò negli occhi Jonny, Jonny sudava, poi l’investigatore andò dal corpo del ragazzo, vide delle tracce al polso e al collo e che aveva il naso rotto. L’investigatore disse: -La vittime e l’assassino stavano lottando, il ragazzo non s’è difeso-. L’anziana signora disse in lacrime: -Cosa è successo a quel ragazzo- L’investigatore non disse nulla.
Dopo 4 mesi dal delitto un signore chiamò allegro l’investigatore, il signore disse che due ragazzi erano stati accoltellati in una piazzetta di via Santa Maria. L’investigatore andò nella piazzetta e parlò con il signore. L’investigatore gli disse: – A che ora è successo l’assassinio?- Il signore disse: -Forse verso le 11.30- Il signore sudava come fosse uscito dalla doccia, l’investigatore disse: -Sicuro?-, il signore confessò, era stato lui.
L’investigatore chiamò i poliziotti e arrestarono il signore, dopo 3 mesi arrestarono Jonny, è stato lui ad ammazzare il ragazzo con una pistola calibro 28, invece il signore prese un coltello da cucina.
L’investigatore venne a sapere che Jonny e il signore erano fratelli.
Samuele Servi III D
16-9-7
Era un fresco lunedì mattina di settembre, fuori c’era un venticello rilassante e non c’erano nuvole a coprire il sole. I sei ragazzi stavano andando tutti insieme alla sala prove passeggiando sotto gli alberi.
Erano abbastanza stanchi dopo aver fatto due settimane consecutive di prove per i prossimi concerti e show televisivi, ma nello stesso tempo erano felici perché finalmente avevano realizzato il loro sogno ritenuto da tutti impossibile.
C’era solo una persona turbata tra loro, ed era proprio il leader perché, a meno che non abbia avuto allucinazioni per più di sei anni, il loro gruppo era formato da sette persone, mentre insieme a lui se ne trovavano sei e il ragazzo che mancava era il maknae, il ragazzo più giovane, che quella mattina non era nel dormitorio e non rispondeva ai messaggi.
Secondo gli altri sicuramente stava facendo le prove da un po’ di ore e, come al solito, si dimenticava di avvertire, oppure non aveva voglia di rispondere ai messaggi, ma il leader aveva qualche dubbio su queste ipotesi.
Con questi pensieri arrivò insieme agli altri allo studio dove salutarono tutti i presenti.,
Si avviarono verso la loro sala prove e appena entrarono videro una scena che mai si sarebbero aspettati: Jeon Jungkook, main vocal e maknae del gruppo era sdraiato per terra con una penna conficcata nel collo e con gli occhi sbarrati.
I ragazzi si misero a piangere e Jimin stava per correre ad abbracciarlo quando Suga lo bloccò sussurrandogli che non si doveva avvicinare fino all’arrivo della polizia; disse poi: “Namjoon chiama subito la polizia, tu J-hope l’ambulanza e Tae i manager” mentre indicava i nominati, i ragazzi eseguirono. Dieci minuti dopo arrivano tutti: polizia, medici e managers.
I poliziotti andarono ad esaminare il corpo del povero ragazzo, mentre l’investigatore si avvicinò agli altri componenti del gruppo.
– “Salve ragazzi, io sono l’ispettore Kai, siete voi che avete trovato il corpo”.
– “Sì, siamo entrati perché dovevamo fare le prove e lo abbiamo trovato così” disse Kim.
– “Senza offesa, ma voi chi siete?” chiese l’investigatore Kai.
Kim rispose: “Noi siamo i BTS, un gruppo musicale coreano, io sono il leader, rapper e compositore Rap Monster e nella vita reale mi chiamo Kim Namjoon”.
-”Io sono J-hope, Jong Hoseok, capo ballo e rapper” disse il ragazzo con i capelli neri.
-“Io, invece, sono Jin, Kim Jeokjin il più grande del gruppo e vcocal” disse un ragazzo, quello con le spalle larghissime.
Quello che sembrava il più pacato si presentò: “Io sono Suga, Min Joongi, rapper e compositore”.
-“Io sono Jimin, Park Jimin, ballerino e vocal” disse il più basso con i capelli colarati viola e rosa.
“Io, infine, sono Kim Taehyung, conosciuto come V. Il corpo invece è di Jeon Junkook, il mio miglior amico. Era il più giovane di noi ed era il main vocal nonché ballerino” così si presentò il ragazzo con i capelli azzurri.
-”Bene, ora, poiché fate parte dello stesso gruppo, voi siete i primi sospettati, tra poi sarete sottoposti ad interrogatorio” – disse l’investigatore Kai – “Potete andare a rilassarvi, ma non dovete uscire dal palazzo; i miei colleghi si assicureranno che voi non ve ne andiate” – proseguì.
I sei allora si diressero nella sala ricreativa, per parlare e cercare di sfogarsi; Kai li seguì ed iniziò ad esaminare la sala: era una grande stanza bianca, una delle pareti era interamente ricoperta da un gigantesco specchio, mentre in angolo trovavano posto una piccola cucina attrezzata e alcuni divanetti.
Gli agenti, su ordine di Kai, controllarono l’angolo cucina, ma non trovarono niente di sospetto.
Kai si diresse, allora, dal medico legale per avere i primi ragguagli sul delitto.
-”Signore, il decesso risale alle 23 circa di ieri. Il ragazzo aveva tutti i muscoli contratti ed era sudato, questo ci suggerisce che stesse facendo esercizio fisico, presumibilmente stava ballando visto che, da quel che ho capito, era un ballerino nel gruppo” esordì il giovane esaminatore; fece una breve pausa e poi ricominciò: “Durante una pausa dall’allenamento, qualcuno si è avvicinato alle spalle e lo ha trafitto al collo con questa penna, rinvenuta qui intorno, infatti le impronte digitali rinvenute sull’arma del delitto appartengono ai ragazzi del gruppo, è quindi possibile ipotizzare che il diletto non sia premeditato, ma scaturito dall’impulso”.
Gli occhi dell’investigatore Kai si illuminarono: “Bam Bam, sei stati di grande aiuto” disse e subito se ne corse via verso la sala ricreativa.
Chiamò ad uno ad uno i ragazzi per interrogarli, rivolgendo loro le stesse domande partendo dal rapporto che avevano con la vittima, con gli altri membri dei BTS e cosa avessero fatto la sera prima intorno all’ora del delitto.
Una volta finito l’interrogatorio dei sei superstiti del gruppo, Kai si rese conto che i più sospettabili erano Jin, il più grande: in quel periodo Jeon lo aiutava con la danza e molto spesso lo prendeva in giro (ma solo in modo scherzoso).
Altri sospettati erano J-hope e Jimin, i ballerini più promettenti che insieme alla vittima e, più di recente Tae, facevano parte della Dance Line.
Jeon stava diventando sempre più bravo e secondo gli altri a J-hope e Jimin non piaceva molto l’idea; in fondo Jeon era bravo in tutto.
Il quadro per l’investigatore Kai era ormai completo: la vittima era il più coraggioso, il più atletico, era il lead singer, il miglio rapper, per questi motivi era facile odiarlo, per di più stava diventando, grazie ai suoi allenamenti, anche il miglior ballerino.
A Kai sarebbe bastato solo un piccolo indizio per smascherare l’assassino, ma non trovava niente…
Sopraggiunse correndo Bam-Bam, che con un filo di voce per la corsa ansimò: “Signor Kai, abbiamo trovato un indizio, la vittima lo aveva nascosto…”
-”Su, presto, mi dica, Bam-Bam, non mi lasci sulle spine” rispose l’ispettore.
-“Vede ispettore, la vittima aveva il dito indice messo in una posizione che suggeriva che avesse scritto qualcosa, abbiamo usato i raggi ultravioletti e abbiamo scoperto che sul pavimento, vicino al dito, c’era scritto ‘16-9-7’, ma non siamo ancora riusciti a capire cosa significhino questi numeri”, spiegò Bam-Bam.
Kai annotò i numeri sul suo taccuino ipotizzando sul loro significato: potevano essere una data, una password oppure…
-“Bam-Bam, faccia venire qui Tae” ordinò l’ispettore e Bam-Bam dirigendosi verso la sala ricreativa per chiamare il ragazzo rispose “Subito, signore”.
Bam-Bam tornò con Tae: “Eccolo signore”
– “Tae, non avere paura, non sei un sospettato, vorrei solo sapere se Jeon chiamava qualcuno ‘pig’?” – domandò Kai.
– “Non da ciò che ricordo, signore, ma nel periodo del debutto il nostro manager chiamava Jin in quel modo” rispose Tae, che non aveva capito il grande aiuto che aveva dato alle indagini.
-”Fate venire tutti i ragazzi e il manager. So chi è il colpevole” Tuonò l’ispettore Kai.
I ragazzi e il manager arrivarono e Kai raccontò i fatti fino alla descrizione dei possibili indiziati.
– “Alla fine è stata trovata una prova: tre numeri scritti dalla vittima sul pavimento con un dito, trovati grazie alle luci ultraviolette. I numeri trovati sono 16-9-7 che se trasformati in lettere si traducono in p-i-g.” – esordì Kai
– “Signor manager, chi è che chiama in quel modo al debutto dei BTS?” chiese Kai.
– ”Chiamavo in quel modo Jeokjin” rispose il manager.
Tutti si girarono verso quest’ultimo che piagnucolando disse: “E’ vero, l’ho ucciso io, nell’ultimo periodo mi aiutava con la danza però nel frattempo si prendeva gioco di me, Prima scherzosamente e poi invece pesantemente. Ieri sera non ho più retto e l’ho ucciso. Non riuscivi più a sopportare le sue continue offese”. Il suo viso era ricoperto di lacrime.
Con gli occhi lucidi, intervenne allora Jimin: “kook venne da me due giorni fa dicendomi che, anche se non voleva, grazie alle sue prese in giro diventavi sempre più bravo e quindi pur facendosi odiare voleva che tu dimostrassi il tuo valore nella danza”.
Finì di parlare con le le lacrime agli occhi, come del resto tutti gli altri BTS.
A quelle parole Jin, si gettò a terra nella disperazione per poi essere arrestato.
Il giorno seguente si svolse la cerimonia funebre, alla quale non fu permesso di partecipare a Jin, ma solo dare l’estremo saluto al compagno solo finito il funerale, lontano dagli altri.
Nei giorni successivi, non si parlò d’altro e pur avendo passato un bruttissimo momento, i cinque rimasti continuarono a fare musica per Jungkook, che sicuramente avrebbe voluto così, e per le ARMY, le loro fan.
Nicole Tenzili
È L’ORA DELL’ OMICIDIO
ERA UNA MATTINA COME TUTTE LE ALTRE A STRASBURGO, QUANDO AD UN CERTO PUNTO TORNANDO DAL LAVORO LA FIGLIA DELLA SIGNORA MENDEL , UNA SIGNORA ANZIANA SIGNORA CHE ABITAVA AL 1156°A DI VIA DEI GELSI, LA RITROVO’ MORTA NEL VIALETTO DI CASA ACCASCIATA A TERRA CON LE BRACCIA INCROCIATE SUL PETTO. ACCANTO AL POSTO DELLA SUA NUOVA MACCHINA CHE PERO’ NON C’ ERA PIU’. SUA FIGLIA MARGARET ALLORA SI AVVICINO’ AL COLLO DELLA MADRE PER SENTIRE SE C’ERA ANCORA BATTITO,MA NON FECE IN TEMPO CHE VIDE CHE GLI AVAVANO SPARATO IN TESTA. PRESA DAL PANICO CHIAMO’ LA POLIZIA CHE ARRIVO’ IN BATTER D’ OCCHIO. IL VICINO, IL SIGNOR BROWN, CHE ABITAVA AL 1156B DI VIA DEI GELSI, ANCHE LUI UN ANZIANO SIGNORE SUL PUNTO DI MORIRE UNA OPERAZIONE DURANTE LA QUALE GLI AVEVANO TOLTO UN POLMONE PER IL TROPPO FUMO, DECISE ALLORA DI OSPITARE LA FIGLIA MARGOT FINCHE’ NON FOSSERO FINITE LE INDAGINI . LA POLIZIA INDAGANDO SUL CASO TROVO’IL PROIETTILE DELL ARMA DA FUOCO , CHE ERA UN FUCILE DI PRECISIONE OVVERO DEL F2,TROVARONO ANCHE UN MOZZICONE DI SIGARETTA NEL GIARDINO DELLA CASA DELLA SIGNORA MENDEL , VICINO AL CORPO DECEDUTO PROPRIO NEL PUNTO CHE SEPARAVA LE MATTONELLE DEL VIALETTO DAL GIARDINO , PERO’ NON ERANO RIUSCITI A ESTRARRE IMPRONTE DIGITALI O IL DNA. QUALCHE GIORNO DOPO MARGOT TORNANDO A CASA A PRENDERE LE SUE COSE, VENNE UCCISA E MESSA NEL PUNTO ACCANTO A QUELLO DELLA MADRE, SEMPRE ALLA STESSA ORA OVVERO ALLE 11:56 E MESSA ANCHE LEI CON LE BRACCIA INCROCIATE SUL PETTO.LA POLIZIA, ANDANDO SULLA SCENA DELL OMICIDIO, TROVO’ IL MOZZICONE DI SIGARETTA ED UN ALTRO PROIETTILE DI F2. LA POILIZIA DOPO L’ACCADUTO DECISE ALLORA DI INGAGGIARE UN INVESTIGATORE ANZI MEGLIO UN INVESTIGATRICE PTIVATA OVVERO MICHELLE LURE, UNA DONNA MOLTO ASTUTA CON GRANDE SENSO ISTINTIVO O, CHE RIESCE A CAPIRE DAI MINIMI DETTAGLI IL COLPEVOLE DEL DELITTO. UNA VOLTA ARRIVATA DECISE DI STUDIARE I 2 OMICIDI E POI DI INTERROGARE TUTTE LE PERSONE DEL VICINATO. LE MANCAVANO DA INTERROGARE SOLO 2 PERSONE, OVVERO LE UNICHE 2 CHE FUMAVANO IN QUELLA VIA,CHE ERA IL SIGNOR BROWN E IL SIGNOR FORTUNATO CHE PERO ERA ANDATO IN VACANZA DA PRIMA DEGLI OMICIDI, RIMANEVA QUINDI SOLO IL SIGNOR BROWN CHE PER LEI ERA IL PIU’ INNOCUO PERCHE’ AVEVA OSPITATO LA FIGLIA DURANTE LE INDAGINI DELLA MADRE PERO’ DECISE DI ANDARCI LO STESSO. “TOC TOC” BUSSO’ ALLA PORTA IKL SIGNOR BROWN AORI’ E DISSE: “CHI E’?” “L INVESTIGATRICE MICHELLE LURE, LEI E’ IL SIGNOR BROW GIUSTO?” LUI RISPOSE: “IN CARNE ED OSSA PER ORA” E RISERO, L’ INVESTIGATRICE POI DISSE: “DOVREI FARLE ALCUNE DOMANDE SE NON LE DISPIACE!” E LUI RISPOSE: “CERTAMENTE” ALLORA LEI INIZIO’ CON:“LEI FUMA GIUSTO?” LUI RISPOSE: “SI, PERO DALL’ INTERVENTO SOLO 2 VOLTE AL GIORNO OVVERO ALLE 11:56 E ALLE 23:56”LEI RISPOSE: “POSSO TROVARLA SEMPRE IN CASA?” E LUI DISSE:“NO! PERCHE’DOPO QUESTI 2 OMICIDI HO DECISO DI PRENDERMI UNA VACANZA AD HO L’ AREO ALLE 23:56 QUINDI SE LE DISPIACE DOVREI ANDAREA FINIRMI DI PREPARARE!” L’ INVESTIGATRICE RISPOSE:“CERTAMENTE FACCIA BUONA VACANZA” E SE NE ANDO’. TORNANDO A CASA MICHELLE PENSAVA ALL’ OMICIDIO QUANDO AD UN CERTO PUNTO CAPI’ CHE IL COLPEVOLE ERA IL SIGNIR BROWN, PERCHE’ GLI OMICIDI ERANO STATITUTTI E 2 ALLE 11:56 E LUI FUMAVA SOLO A QUELL’ ORA ED INFATTI TROVARONO IN TUTTI E 2 GLI OMICIDI UN MOZZICONE DI SIGARETTE, POI I CORPI ERANO STATI MESSI ACCANTO COME UN UNDICI EDE QUALENUMERO CIVICO SONO STATI UCCISI? 1156° A OVVERO DINUOVO 11.56 E DINUOVO ANCHE IL SIGNOR BROWN GUARDA CASO ABITAVA AL 1156B E SI RICORDO’ CHE LUI AVEVA L’ AEREO ALLE 23:56!!! SI GIRO’ E…. SI TROVO’ IL SIGNOR BROW DAVANTI CHE LE DISSE:“SOGNI D’ ORO” EEEHHH “BUM” SPARO’ PURE A LEI.VOI VI STARETE CHIEDENDO IL PERCHE’ E CHI FOSSE STATO AD UCCIDERE SE IL SIGNOR BROWN ERA SEMPRE SULLA SCENA DEL CRIMINE, PERCHE’ AVEVA INGAGGIATO UN ASSASSINO OVVERO IL SIGNOR MENDEL SCAPPATO ANNI IN DIETRO PER LA PAURA CHE SCOPRISSERO IL SUO LAVORO MA TORNATO PER IMPOSSESSARSI DI TUTTO IL GRANDE PATRIMONIO DELLA EX MOGLIE, IL SIGNOR BROWN PERO’ NON LO FECE PER IL DENARO MA… PER UNA PARTITA A SCACCHI PERSA CON UN PO DI RIMORSO.
Tommaso Belluomini
Un nuovo caso per Min Yoongi
Vacanza. Finalmente dopo tre anni di duro lavoro una vacanza. Dopo tre anni di omicidi, pluriomicidi, femminicidi e tantissimi altri casi da risolvere l’investigatore Min Yoongi poteva riposare. Guarda caso il suo capo, Kim Namjoon, aveva notato che il giovane investigatore nonostante la sua giovane età sapeva il fatto suo e, se proprio si doveva esagerare, egli poteva dire che era il migliore nel suo reparto. Se non di tutto il commissariato. Questo Yoongi lo sapeva e per questo quando venne a sapere di questa opportunità non si tirò per niente indietro ed il giorno stesso preparò una valigia di medie dimensioni, con dentro tutto quello di cui aveva bisogno. Il suo superiore lo aveva informato sul posto in cui avrebbe passato quella settimana di puro relax e, da quello che il giovane aveva capito, si trattava di una villetta assai lussuosa, sperduta in mezzo alla natura. “Cosa si può chiedere di più dalla vita?” si chiese mentalmente mentre infilava qualche maglietta all’interno della valigia. “ Sarò in mezzo ad una bellissima foresta” pensò allegro avanzando verso il portatile, “Là vicino Jin mi ha detto che ci dovrebbe essere un lago e che di solito in questo periodo la luna si riflette sull’acqua
cristallina di quest’ultima” .Premette velocemente i tasti per avvisare tutti i suoi amici e colleghi che per una settimana intera non avrebbero dovuto chiamarlo o disturbarlo per qualsiasi ragione . Anche perché un quel periodo avevano tutti preso questo brutto vizio di affidargli casi su casi, dai più semplici ai più complessi.
Tutti con la scusa del “Signore possiamo contare solo su di lei per questo”… se questa cosa gli dava fastidio? Lo faceva imbestialire!! Ma in quel momento decise di non pensarci. Non poteva avere uno dei suoi attacchi d’ira proprio ora. Con l’intenzione di calmarsi quindi ripose la sua valigia all’ingresso gettandosi poi a peso morto sul suo letto e cadde in un sonno profondo. <Finalmente!> esclamò in aeroporto. Se qualcuno a lui conoscente lo avesse visto in quel momento avrebbe, di sicuro, strabuzzato gli occhi talmente tanto da farli uscire dalle orbite. Il tanto temuto investigatore Min Yoongi che sorrideva? Davvero? Era semplicemente impossibile. Il viaggio in aereo non fu niente di che ed in due ore, eccolo, di fronte all’enorme portone il cui pomello in oro faceva già capire quanto l’interno della casa era lussuoso.
Ovviamente non fu solo quello ad attirare la sua
attenzione, a farlo fu, soprattutto, la distanza dal cancello al portone ed i magnifici alberi di ciliegi che vi erano nel percorso. Ad aprirgli la porta fu un uomo, probabilmente sulla cinquantina, occhi chiari, un po’ più basso dell’investigatore. Di sicuro era già da anni che non andava in palestra. <Buongiorno signore… sono Min Yoongi.
L’ospite che stavate aspettando> disse risoluto. L’uomo
sembrò un po’ confuso dalla notizia, ma poi una lampadina sembrò accendersi nel suo cervello. <Oh! Signor Min prego! Non resti li fermò, entri pure!!>. Il venticinquenne non se lo fece ripetere due volte e subito fece il suo
ingresso in quel, secondo lui, paradiso terrestre. Lampadari in oro, mobili di altissima qualità che creavano un perfetto contrasto con le pareti in stile antiquato. L’uomo avanzò verso quello che il proprietario gli aveva detto essere il salotto. <Buongiorno!> disse contemporaneamente una giovane coppia, stessa cosa fecero una donna mora dalla carnagione pallida e lo sguardo freddo ed un signore, anche lui moro. <Mi scusi, ma non dovevo essere solo io?> chiese, ovviamente, sotto voce ed in disparte al proprietario, che guarda caso aveva poco fa scoperto chiamarsi Hoseok. <Ehm, il suo capo non mi aveva detto di affittare la casa ad una sola persona quindi mi sono preso la libertà di affittarla anche ad altra gente. Comunque non si preoccupi sono qua già da un po’ e ho visto che sono persone molto silenziose> dichiarò in sua difesa Hoseok. Il ragazzo, per la prima volta nella sua vita, aveva deciso di non controbattere e lo liquidò quindi con un <Capisco>. Mentre si dirigeva nella sua stanza, però, gli occhi di una donna incontrarono i suoi. <Chi è questa ?> pensò facendo roteare gli occhi. Questa sembrava leggermente agitata, si sfregò le mani sul grembiulino e si chiuse la porta di una stanza alle spalle. Sorrise <Salve, sono la moglie di Hoseok… sono> fece una pausa <Jung Hyemi>non diede neanche il tempo al ragazzo di aprire bocca che se ne andò. <Comunque sono Min Yoongi… Grazie per averlo chiesto> borbottò ironico tra sé mentre entrava in stanza. I suoi effetti personali erano Già stati sistemati.
Lorena Lippi
Published: Mar 4, 2019
Latest Revision: Mar 6, 2019
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