Mio papà Egidio era la pena di mia mamma Pia. Non fraintendetemi: erano molto innamorati, lo erano da oltre trent’anni, ma papà riusciva sempre a farla arrabbiare. Non era capace di stare fermo.
Non era uno di quegli uomini che trascorrevano il pomeriggio sul divano. Anche di domenica, usciva di casa la mattina presto e rientrava sempre tardi, quando la minestra in tavola si era ormai raffreddata.
Allora non esistevano i telefoni cellulari: la mamma non poteva chiamarlo per sapere dove fosse.
Tutte le volte che papà usciva, la mamma si raccomandava che tornasse puntuale e che non combinasse guai. Lui la salutava con un bacio sulla fronte, assicurandole che sarebbe stato puntuale, ma niente, ogni sera, la mamma finiva per aspettarlo fuori dall’uscio di casa, quando il sole era già tramontato, con le
braccia conserte e uno sguardo carico di preoccupazione.
Papà talvolta tornava con i pantaloni rotti: a volte perché era caduto dalla bicicletta, altre volte perché si era ferito, o era stato morso da una vipera.
Insomma, aveva la grande capacità di mettersi sempre nei guai. Lei, che lo conosceva bene, lo sapeva e lo amava anche per questo: per la sua curiosità, per il suo essere sempre bambino e per la sua ingenuità. Puntualmente, ogni sera, invece di sgridarlo lo abbracciava forte e tirava fuori dalla credenza le medicine per curare le sue ferite. Spesso io seguivo papà nelle sue avventure, ovviamente senza che la mamma sapesse nulla. Una volta, papà aveva trascorso l’estate nel solaio intento a costruire un deltaplano. Lo chiamava aquilone: per lui era un grandissimo aquilone rosso, sul quale si poteva volare. Lo aveva costruito con cura e lo aveva testato
tantissime volte, spesso facendo rovinose cadute, ma un giorno finalmente il grande aquilone rosso prese il volo.
Ricordo come fosse ieri le nostre “gite” in deltaplano. Si vedeva tutta la città, la spiaggia, il mare… e la nostra casa che, salendo, si faceva sempre più piccola.
I bambini ci guardavano con il naso all’insù. Ero orgoglioso del mio papà: era l’unico papà che era riuscito a volare!
Ovviamente, mamma non era affatto contenta delle nostre gite. Era molto preoccupata e temeva che, prima o poi, ci saremmo fatti male. Non voleva assolutamente che papà usasse l’aquilone, figuriamoci se avesse scoperto che su quell’aquilone ci volavamo in due! Quel pomeriggio, mamma era molto stanca e si era appisolata sulla sua poltrona. Io e papà ci guardammo negli occhi e ci capimmo immediatamente: in pochi minuti eravamo già fuori di casa, con l’aquilone in mano.
C’era tantissimo vento, l’aquilone volava perfettamente, ci sentivamo come due uccelli. Il vento era talmente forte che papà faticava a controllare la direzione: eravamo completamente liberi, in cielo. Avevamo deciso di atterrare sulla spiaggia, come facevamo sempre. Giunti nei pressi della spiaggia, papà tentò di avvicinarsi, ma non riuscì a scendere.
Il vento era troppo forte. Non ricordo cosa accadde nei minuti successivi. Mi venne una gran paura e chiusi gli occhi.
Quando li riaprii, vidi solo una grande distesa di verde e sentii un gran bruciore. Mi bruciava tutto il corpo: le gambe, le braccia, persino il sedere. Eravamo caduti in un campo di fichi d’India!
Guardai papà e scoppiammo a ridere. Eravamo salvi, ma mal ridotti. Papà era pieno di spine in tutto il corpo, io pure. Era un dolore insopportabile.
Avevamo bisogno di aiuto e sapevamo entrambi chi avrebbe potuto soccorrerci. Tornammo a casa e lei era lì, nella sua solita posa, davanti alla porta di casa, le braccia conserte e lo sguardo preoccupato. Non era arrabbiata: solo un enorme sorriso, di chi era felice di rivedere suo marito e suo figlio.
Anche quella sera fece quello che faceva sempre: prendersi cura di noi. Munita di disinfettante e di una pinzetta di metallo, fece stendere me e papà sul letto e, una ad una, ci tolse le spine dal corpo. Ci volle pazienza e tanto tempo: avevamo tantissime spine sparse ovunque! Terminata la “tortura”, papà abbracciò mamma promettendole che non avrebbe più usato l’aquilone e che l’avrebbe ascoltata più spesso. Lei gli diede un dolcissimo bacio in fronte e lo guardò con il suo solito sguardo: lo sguardo di chi conosce benissimo suo marito e che sa che presto ne avrebbe combinata un’altra delle sue.
Published: Dec 27, 2020
Latest Revision: Dec 27, 2020
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