LA BIBLIOGRAFIA IN MEMORIA DELLA SHOAH
LEGGERE PER NON DIMENTICARE

“Il diario di Anne Frank” raccoglie le opere di Anne Frank (1929-1945) sotto forma di diario. Il libro racconta di una ragazza ebrea nata a Francoforte che si rifugiò ad Amsterdam con la sua famiglia nel 1942. La famiglia si nascose insieme per sfuggire alla persecuzione nazista. Nell’agosto 1944 furono scoperti e arrestati. Furono portati al campo di concentramento di Westerbok; da qui la loro strada fu separata, ma tranne il padre di Anna, morirono tutti nel campo di sterminio nazista. Dopo essere stata deportata ad Auschwitz nel settembre 1944, Anna morì di tifo a Bergen-Belsen nel febbraio o marzo 1945

le persone che aiutarono la famiglia di Anne dandole rifugio riuscirono a salvare gli appunti che scrisse nell’alloggio per poi inviarli a suo padre Otto Frank, che ne curò la pubblicazione ad Amsterdam nel 1947. Il suo nome originale era Het Achterhuis (il retro della casa). La prima edizione a stampa tenne conto sia della prima redazione originale, sia di successive rielaborazioni che Anna stessa stava facendo; alcune pagine del diario furono omesse, perché ritenute da Otto Frank non rilevanti. La prima edizione critica del diario fu pubblicata nel 1986.

Questo libro ha suscitato un interesse diffuso. Ha diverse traduzioni (più di settanta), che rappresentano una delle testimonianze più tragiche, dirette e commoventi della Shoah. Questo libro è anche oggetto di restauro teatrale e due lungometraggi, usciti nelle sale rispettivamente nel 1959 e nel 2016, e due cartoni animati nel 1978 e nel 1995.

Nel 2009, l’UNESCO ha aggiunto “Il diario di Anne Frank” a “Memoria del mondo”. Il manoscritto originale è conservato nell’Archivio Nazionale della Seconda Guerra Mondiale ad Amsterdam

un altro memoriale, sempre nei riguardi di Anne, si trova nella facciata della sesta scuola Montessori ad Amsterdam, la scuola ebraica che frequentava Anne. qui sono riportate in scala ingrandite delle scritte riprese dalle pagine del diario scritto da Anna, questa scuola accogle ancora bambini

Anne nel suo diario, anche nei momenti più brutti che passa nell’alloggio segreto ha un punto di riferimento: l’ippocastano centenario che scorge dalla sua piccola finestra. Questo albero le da la possibilità di vedere lo scorrere del tempo e di sentirsi viva immedesimandosi nelle stagioni e nei cambiamenti che avvengono sulla chioma della pianta

“Ho più di cento anni, e sotto la corteccia migliaia di ricordi. Ma è di una ragazzina – Anne il suo nome – il ricordo più vivo. Aveva tredici anni, ma non scendeva mai in cortile a giocare. La intravedevo appena, dietro il lucernario della soffitta del palazzo di fronte. Curva a scrivere fitto fitto, quando alzava gli occhi il suo sguardo spaziava l’orizzonte. A volte però si fermava sui miei rami, scintillanti di pioggia in autunno, rigogliosi di foglie e fiori in primavera. E vedevo il suo sorriso. Luminoso come uno squarcio di luce e speranza in quegli anni tetri e bui della guerra. Fino a quando, un giorno d’estate, un gruppo di soldati – grandi elmetti e mitra in pugno – la portò via. Per sempre. Dicono che sotto la mia corteccia, insieme con i ricordi, si siano intrufolati funghi e parassiti. E che forse non ce la farò. Sì, sono preoccupato per le mie foglie, per il mio tronco, per le mie radici. Ma i parassiti più pericolosi sono i tarli, i tarli della memoria. Quelli che vorrebbero intaccare, fino a negarlo, il ricordo di Anne Frank”.

Anna Frank nasce nel 1929 a Francoforte e all’età di quattro anni si trasferisce insieme alla sua famiglia ad Amsterdam. Nel 1940 i Paesi Bassi vengono invasi dall’esercito tedesco. Il 12 giugno 1942, giorno del suo tredicesimo compleanno, Anna riceve in regalo un diario. Il 6 luglio 1942, per sfuggire ai nazisti, che arrestano tutti gli ebrei per portarli nei campi di concentramento, la famiglia Frank (Otto Frank, la moglie Edith e le due figlie Margot e Anna) entra in clandestinità, nascondendosi in un alloggio segreto predisposto nei magazzini della ditta di Otto Frank.
Con loro portano il minimo indispensabile, riducendo il più possibile il bagaglio, in modo da passare inosservati. Nei giorni successivi un’altra famiglia va a vivere con loro: i signori Van Daan e il figlio Peter. Ultimo arrivato è il signor Dussel. Dopo un po’ di tempo, fra Peter e Anna nasce una forte amicizia che giorno dopo giorno si sviluppa in un tenero amore. Nel suo diario Anna Frank parla delle angosce, delle illusioni, dei sogni, della speranza, della distribuzione del cibo, dei turni in bagno, del cibo che non arriva, delle malattie temute e dello svolgimento della guerra. L’ultima annotazione porta la data del 1º agosto 1944; il 4 agosto l’alloggio segreto verrà scoperto e tutti i suoi abitanti arrestati.



“La stella di Andra e Tati” (prodotto sotto forma di film animato e di libro) racconta la storia vera delle sorelle Alessandra e Tatiana Bucci, ebree italiane di Fiume. Avevano solo 6 e 4 anni quando il 29 marzo 1944 vennero deportate ad Auschwitz insieme alla madre, alla nonna, alla zia e al cuginetto.
Scambiate per gemelle dal dottor Mengele, Andra e Tati riuscirono a sopravvivere alle prime selezioni nel campo di concentramento e furono portate nel Kinderblock, la baracca dei bambini che venivano destinati agli esperimenti di eugenetica. “Appena arrivate al campo – ricorda oggi Tati – ci fecero indossare vestiti grandi e sporchi. Poi ci marchiarono con il numero che ancora oggi portiamo sul braccio. E che non abbiamo mai voluto cancellare”. A lei fu tatuato il numero 76484, alla sorella il 76483.
Furono l’incoscienza dell’età, il grande amore reciproco e il fare affidamento sulla loro unione le risorsa che permisero alle bambine di proteggersi dagli orrori del campo di sterminio. Grazie anche alla compassione di una guardiana del lager le bambine riuscirono così a sopravvivere e vennero liberate insieme il 27 gennaio 1945. Dopo una permanenza prima a Praga e poi in Inghilterra, riuscirono anche a riunirsi con i loro genitori.



Lia Levi nasce a Pisa da una famiglia piemontese di religione ebraica. Al principio degli anni ’40 la famiglia si trasferisce a Roma, dove la scrittrice vive tuttora. Da bambina ha dovuto affrontare i problemi della guerra e della persecuzione razziale. Dopo l’8 settembre 1943 riuscì a salvarsi dalle deportazioni nascondendosi con le sue sorelle nel collegio romano delle Suore di San Giuseppe di Chambéry.
Sceneggiatrice e giornalista, è autrice sia di romanzi per adulti che per ragazzi. Nel 1967 ha fondato e diretto il mensile di cultura ed informazione ebraica, Shalom.
Nel 1994 pubblica il libro Una bambina e basta (premio Elsa Morante opera prima), senza volersi indirizzare a un pubblico di ragazzi, ma poi diventato un classico nelle scuole. Ha solo voglia di raccontare la sua storia, quella di una bambina ebrea che durante le persecuzioni razziali si trova improvvisamente ad affrontare problemi più grandi di lei, molto spesso ingigantiti e resi ancora più difficili dagli adulti. Non a caso nella prefazione del libro recita: «Non mi piacciono i grandi quando decidono di farti un discorso: si sentono evoluti e magnifici, ti guardano negli occhi, cercano il tono a mezza altezza… ora saprai tutto anche tu, ci penseranno loro a impacchettarti la notizia come una merendina». È uno dei primissimi racconti autobiografici ad affrontare il problema dell’impatto traumatico che le persecuzioni ebbero sui bambini ebrei in Italia, anche tra coloro che non furono deportati nei campi di sterminio, costretti a lasciare le loro case e a vivere nascosti nella paura, spesso separati dai propri genitori.

Un mattino di ottobre del 1943 molti bambini romani furono deportati con tutti i loro familiari verso uno dei luoghi più tetri del mondo. Non avrebbero fatto ritorno. Ma di quegli stessi avvenimenti esiste un altro racconto, che finisce in ben altro modo e parla di un bambino di creta, vivo come noi, che parte alla ricerca di Marco, uno dei bambini romani di quel mattino di ottobre. Se è vero che la storia è storia e guai a dimenticarla, neanche va dimenticato il mondo di Jacob, in cui noi vogliamo vivere, dove chi si vota a far male finisce sconfitto e disperso.

un gruppo di giovani che si sono ribellati al nazismo e in nome della libertà, della giustizia e della fratellanza tra i popoli hanno alzato la testa quando tutti voltavano lo sguardo. Sophie e gli altri membri de La Rosa Bianca, attraverso la distribuzione di volantini, attraverso la diffusione delle idee, incitano il popolo tedesco a liberarsi dalle catene del nazismo. Questo libro non parla di eroi senza macchia e senza paura, ma di giovani capaci di dire no anche a costo della vita, perché come dirà Sophie dopo essere arrestata: «Come possiamo aspettarci che la giustizia prevalga quando non c’è quasi nessuno disposto a dare se stesso individualmente per una giusta causa?»

Questo libro è frutto del dialogo che la stessa autrice ha avuto con la figlia Mathilde. La ragazza, all’epoca tredicenne, nota sul braccio di berte, un’amica di famiglia, un numero di colore azzurrognolo e da quel momento, lei comincia a chiedersi il perché di quel numero e di molti altri eventi che sono accaduti durante la Shoah. La madre, di fronte a queste domande, si dimostra pronta e per niente preoccupata e di conseguenza dà tutte le risposte necessarie a rispondere a ciò che le viene chiesto.

Il libro è ambientato durante la dittatura nazista in Germania (1933-1945) ed è ispirato alla vita dell’autore: l’amicizia tra Hans e Konradin è messa a dura prova dalle leggi razziali, tanto che Hans dovrà fuggire all’estero e scoprirà la verità sul destino dell’amico solo dopo la Seconda guerra mondiale.

uno scrittore che spiega alla sua bimba di dieci anni il, ormai tristemente diffuso fenomeno, che chiamiamo razzismo, dando vita a un dialogo capace di trascendere i confini dell’occasione intima e famigliare e porsi come lezione di vita per tutti i lettori. Sono passati ormai più di dieci anni dal libro di allora, ma il problema del razzismo non ha fatto che aggravarsi. Da una parte l’inasprirsi del terrorismo islamico ha rafforzato un clima di sospetto sempre più forte, dall’altra l’aumento dell’immigrazione ha progressivamente cambiato il paesaggio europeo, rendendolo sempre più multiculturale. In questo nuovo contesto, il razzismo si è banalizzato: non fa più scandalo. Questo è il fattore più grave che Ben Jelloun vede nei razzismi degli ultimi anni – e l’Italia non ne è esente, anzi. Sono numerosissimi gli episodi di questo tipo che l’autore ricorda e commenta. Rivolgendosi anche agli adulti che educano i nostri figli, Ben Jelloun li invita dunque a stare all’erta: la convivenza si impara, è un fatto di educazione, e se gli adulti dei prossimi anni non apprenderanno oggi, da bambini, questa lezione, la vita sarà molto difficile per tutti.

Lo sapevate che tutti i bambini del mondo hanno dei diritti? Sono raccolti nella Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ratificata dalle Nazioni Unite il 20 novembre del 1989. Si tratta di 54 articoli che stabiliscono i diritti dei ragazzi e i doveri degli adulti nei loro confronti. È importante conoscerli, capirli e ricordarli per poter sempre dire: “Non calpestate i nostri diritti!”

Le parole della Costituzione rompono le righe e si mettono a giocare. Così gli articoli diventano filastrocche, immagini poetiche per far conoscere ai bambini i principi fondamentali, i doveri inderogabili e i diritti inviolabili come la libertà, l’uguaglianza, la pace, la giustizia, la dignità e il lavoro. Per sentirsi veri cittadini e vivere insieme nel pieno rispetto reciproco.

In una spiaggia vivono due razze di grossi uccelli gialli, gli Snicci. Si differenziano fra loro per un piccolo particolare: gli Snicci stellati hanno una piccola stella verde sulla pancia mentre quelli comuni no. Gli “Stellati” trattano quelli “Comuni” molto male, escludendoli da qualsiasi attività, finché un giorno non arriva una scimmia che propone ai “Comuni” di far comparire una stella anche sulla loro pancia, con una macchina di sua invenzione e per soli pochi soldi. Gli “Snicci Stellati”, non essendo più diversi e non potendosi più distinguere, vengono convinti dalla scimmia ad entrare in un’altra macchina di sua invenzione che, per pochi soldi, permetterà di togliere la stella. In questo modo Snicci Stellati diventano Comuni mentre quelli Comuni diventano Stellati, con un continuo via vai in tutte e due le macchine. Alla fine la scimmia se ne va via piena di soldi, lasciando di Snicci confusi, ormai incapaci di riconoscersi tra Stellati e no. La storia finisce con le due razze di Snicci che si apprezzano fra di loro.

Published: Jan 25, 2021
Latest Revision: Feb 2, 2021
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