Biblioteca di classe “L’arte di sbagliare alla grande”

by Clara Di Lello

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Biblioteca di classe “L’arte di sbagliare alla grande”

  • Joined Mar 2021
  • Published Books 1

Capitolo 2

Il bianchetto

L’errore di nascondere gli errori

Il secondo capitolo del libro tocca vari temi ma in generale quello della bellezza e le insicurezze.

Il capitolo si apre con l’autore che descrive l’odore del bianchetto non appena si entra in una classe e scrive che ogni studente quando fa anche un piccolissimo errore ortografico non esita ad usarlo. Dice che il bianchetto potrebbe essere sinonimo di diligenza, di impegno, di ambizione a fare del proprio meglio, ma lui non condivide questa opinione infatti nel paragrafo successivo, intitolato “il bianchetto non lo usiamo solo a scuola” paragona gli errori agli sbagli che compiamo nella vita e il bianchetto al fatto che tendiamo a nasconderli o a evitarli magari perché ce ne vergogniamo, ma lo sbaglio è sempre lì anche se cerchiamo di coprirlo: fa solo finta di non esserci. Quindi se continuiamo a sbagliare all’infinito e a pensare che “tanto c’è il bianchetto” non impareremo mai dai nostri errori, e se dovessimo continuare a sbagliare nella vita potremmo non accettarlo e cominciare a pensare di essere noi l’errore. Tutto ciò per dire che vediamo i nostri sbagli in modo più orribile di quello che in realtà sono, perché siamo convinti che la bellezza sia eguale alla perfezione, ma non è per niente così.

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“Le orecchie di Caterina e il naso di Nairobi”

Nel paragrafo successivo ci sono due esempi reali di ciò che è stato scritto in quello precedente. Inizialmente si parla di Caterina, un’alunna di Galiano, ragazza molto bella con dei capelli ricci e folti che usava per nascondere le sue orecchie, perché ritenesse che fossero a sventola. L’autore poi ha un flashback a quando anche lui era un’adolescente pieno di insicurezze, e una di quelle più grandi erano il colore dei suoi occhi, che voleva fossero verdi e invece erano scuri.

Poi viene presa come esempio l’attrice Alba Flores, che interpreta Nairobi, personaggio della serie La casa di carta.

Alba ha un difetto che si nota non appena la si guarda: il naso grande. Lei però a differenza di Caterina, invece di nascondere il suo difetto più evidente l’ha trasformato nel suo più grande punto di forza, rendendola unica e insostituibile. Questo perché agli inizi della sua carriera le fu proposta una rinoplastica correttiva per correggere il suo naso, ma lei rifiutò, dicendo che facendolo sarebbe diventata un’attrice come tante, senza personalità.

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Nel paragrafo seguente La bellezza e il “wabi sabi” si ritorna al discorso dei paragrafi precedenti, infatti wabi sabi in giapponese si traduce “la bellezza che si trova nell’imperfezione”, ma si basa in realtà sul concetto che di tutte le cose viventi nessuna è perfetta, completa o immortale. La spiegazione migliore si può trovare in una canzone di Leonard Cohen che viene citata nel libro: “C’è una crepa in ogni cosa ed è da lì che passa la luce” . Viene anche citato un dialogo fra i due protagonisti del film “Will Hunting-Genio ribelle”. Da entrambe queste citazioni si arriva a capire che il concetto di wabi sabi che la bellezza non è sinonimo di perfezione proprio perché sono i difetti a renderci unici e a caratterizzarci, e che la perfezione non può essere considerata bellissima.

Nel paragrafo successivo I nostri difetti spesso sono pregi a cui qualcosa è andato storto” vengono espressi gli stessi concetti di prima, ma aggiungendo che a volte abbiamo dei difetti che in futuro potrebbero diventare pregi se ci lavoriamo; nel paragrafo seguente si fa un esempio di questo con la storia di un bambino, Ingmar Bergam, che mentiva spesso ed era incapace di distinguere tra fantasia e realtà, ma in futuro usò questo difetto a suo favore per scrivere sceneggiature di film. e Galiano ricorda quando era lui a mentire e a raccontare storie fantastiche da bambino.

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poi racconta un’altra storia, intitolata “The Green Great Dragon” che parla di John R. R. Tolkien, autore del Signore degli anelli, che da bambino aveva provato a scrivere una storia ma aveva scritto il titolo in modo sbagliato e quando fece vedere la storia alla madre lei lo sgridò per l’errore e John smise di scrivere storie per molto tempo ma poi decise di perseverare il suo sogno e diventò uno scrittore di successo. Le storie di queste persone sono prese come esempio perché queste persone non hanno lasciato che il bianchetto coprisse i loro errori, come invece potrà essere successo a molte persone che non conosceremo mai perché non hanno perseverato il loro sogno. L’autore si pone poi una domanda: “Quali potenzialità non siamo stati in grado di esprimere, perché nella veste di maestri di noi stessi abbiamo trattato i nostri errori come qualcosa da nascondere, invece che come il tratto più profondo e vero di quello che siamo?”

Nel paragrafo finale del capitolo Galiano da una risposta alla sua domanda e raggiunge una conclusione: Sbagliare non è bello. E’ necessario. A volte può ferirci, ma sbagliare  e guardare i nostri errori negli occhi ci aiuta ad imparare chi siamo veramente e a conoscerci meglio.

Togliere il bianchetto dalla pagina vuol dire, allora, una cosa sola: guardarsi davvero allo specchio, per dire che cosa vedi.

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Questo capitolo mi ha colpito più degli altri perché riassume un po’ la morale del libro e penso che riguardi tutti. Leggere questo libro mi ha fatto riflettere molto e condivido pienamente il pensiero di Galiano, non perché voglio necessariamente giustificare certi errori che ho fatto, che faccio e che farò ma perché secondo me è importante saper riconoscere quando si ha torto, (la permalosità e l’orgoglio non portano da nessuna parte) e individuare l’errore in modo da poter imparare da esso, cercando di non ripeterlo più, e ciò comporta anche una crescita personale. A parer mio bisogna però saper vivere nel presente e magari cercare di non commettere gli stessi sbagli nel futuro, ma non serve fissarsi sul fatto che potevamo fare qualcosa diversamente nel momento in cui abbiamo compiuto l’errore, perché ormai è nel passato e non importa, basta solo guardare avanti e non avere rimorsi. Bisogna anche contare che la perfezione non esiste, e se fossimo tutti perfetti sarebbe un mondo davvero monotono e saremmo tutti uguali e che qualche volta capita a tutti di sbagliare e non dovremmo farcelo pesare troppo ma cercare di pensare a cosa abbiamo imparato da quel momento e poi chissà, forse come i personaggi delle storie citate potremmo trarne qualcosa di buono.

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Un mio sbaglio

Non si tratta di un evento in particolare, ma uno sbaglio ricorrente nella mia vita da quando faccio le elementari che si è manifestato attraverso vari episodi: dare troppa importanza alle persone. Non per forza inteso come il parere, ma da quando sono piccola fino a poco tempo fa ero convinta che dovunque io andassi la gente guardasse solo me e che mi giudicasse o mi dicesse male alle spalle e questa cosa mi faceva sentire a disagio in qualsiasi luogo ed è stato un grande problema per molti anni. Un altro sbaglio legato a questo che faccio è quello di pensare troppo quindi creavo situazioni esagerate che in realtà non c’erano, anche se qualche volta è capitato che fossero vere e ciò ha solo alimentato il mio terrore e ingigantito la cosa perché non ero in grado di passarci sopra, influenzando anche le mie amicizie, perché ero convinta di non piacere a nessuno. Quando è scoppiata la pandemia ho avuto molto tempo per riflettere e ho aperto gli occhi e mi sono resa conto che tutti a volte si sentono in soggezione e sono insicuri e che le persone non hanno così tanto tempo da osservare ogni singolo comportamento che ho e che se alla fine non piaccio a qualcuno non è la fine del mondo perché non si può piacere a tutti e neanche a me piacciono tutti. Mi ci è voluto un po’ per entrare in quell’ottica, e anche se ancora adesso qualche volta mi capita di sbagliare, è stata una grande lezione di vita, mi ha fatto maturare e se pensassi ancora in quel modo non riuscirei ad essere me stessa con tutti i miei altri mille difetti che mi caratterizzano e mi rendono unica.

 

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