I processi cognitivi
I processi cognitivi ci permettono di ricevere, analizzare, elaborare, trasformare e immagazzinare le informzioni. Attraverso essi siamo in grado di rappresentare e conoscere la realtà, impariamo a rispondere agli stimoli per adattarci all’ ambiente e a orientare le nostre azioni in vista di di scopi determinati.

La memoria
Per memoria si intende quel processo cognitivo che permette all’ uomo di elaborare le informzioni, di immagazzinalrle e fornirsene nel presente. Prima era considerato un processo statico e si utilizzava la metafora del deposito. Con l’ avvenire delle neuroscienze si capì che è un processo dinamico che pur mantenendo la traccia mnestica entra in rapporto con altri procesi cognitivi quali l’ apprendimento, il linguaggio e altri.

Le ricerche di Ebbinghaus
Ebbinghaus fu uno dei primi a fare ricerche sulla memoria, nello specifico lui volle dare un valore alla memoria. In segiuto al suo esperimento formulò la legge Ebbinghaus che stabiliva un rapporto diretto tra contenuto da ricordare e tempo dedito alla memorizzazione. Il suo esperimento consisteva nel far momorizzare sillabe senza alcun senso ai soggetti sperimentati. Questi, dopo un determinato tempo dalla memorizzazione, avrebbero dovuto ripetere le sillabe. I soggetti potevano rileggengere la lista le volte che desideravano prima di ripeterla.
Ebbinghaus calcolò proprio questo ovvero le letture necessarie per recuperare le informazioni precedentemente acquisite (ri-apprendimente) che costituivano il risparmio ritentivo ovvero la misura del ricordo del materiale appreso. Inoltre Ebbinghaus calcolò che le prime due sillabe si ricordano meglio (effetto seriale) e che maggiori sono le volte che si ripete frequentemente più si può attenuare l’ effetto dell’ oblio (sovrapprendimento).
Tipi di memoria
I due ricercatori Shiffrin e Atkinson elaborarono un modello multiprocesso che espneva la memorizzazione con tre sistemi di memoria: la memoria sensoriale(MS), la memoria a breve termine(MBT), la memoria a lungo termine(MLT). Inizialmente gli imput, provenienti dall’ ambiente, vengono elaborati dalla memoria sensoriale che può contenere un numero elevato di informazioni per pochissimo tempo(meno di un secondo). Dopo una selezione le informazioni vengono elaborate dalla memoria a breve termine in cui se le informazioni vengono riprese passano nella memoria a lungo termine e diventano permanenti. Le informazioni vengono trasformate attraverso un processo di codifica in tracce mnestiche che vengono collegate a conoscenze precedenti.

Come immagazziniamo le informazioni?
Teoria della profondità della codifica Questa teoria si basa sulla profondità dell’ elaborazione dell’ informazione in entrata che può essere di tre livelli: strutturale(la forma della parola), fonemico(il suono della parola), semantico(il significato della parola). Più l’ elaborazione è profonda più ci sono possibilità che venga ricordato per questo si dice che imparare a memoria non sia efficace perchè non si capisce realmente il significato di ciò che si sta studiando. Teoria della specificità della codifica Divide la memoria in “sapere che”(memoria esplicita o dichiarativa) e “sapere come”(memoria implicita o procedurale). La memoria procedurale si riferisce alle abilità apprese che compiamo anche incosciamente. La memoria dichiarativa si divide a sua volta in memoria episodica(esperienze personali) e memoria semantica(conoscenze generali).

L’ oblio
Con oblio intendiamo la perdita di informazioni precedentemente possedute e l’ impossibilità di recuperarle. Possiamo dire che l’ obio ha una funzione positiva perchè se non ci fosse ci sentiremo sovvraccaricati di informazioni anche inutili. Esistono due teorie per spiegare in che modo perdiamo i ricordi: Teoria del decadimento: secondo questa teoria l’ oblio è un fenomeno fisiologico naturale e dipende dal tempo trascorso tra l’ acquisizione del determinato ricordo e la sua rievocazione. Questa teoria però non spiega perchè riusciamo a ricordare eventi passati in cui abbiamo subito forti emozioni. Teoria dell’ interferenza: secondo questa teoria l’ oblio non è legato al tempo ma all’ interferenza di altri ricordi somiglianti. Più un altro ricordo è somigliante più si farà fatica a rievocarlo. Inoltre Freud studiò un maccanismo di difesa degli esseri umani ovvero la rimozione. Interviene quando un ricordo può essere nocivo all’ integrità dell’ uomo ovvero che provocano dolore o impulsi socialmente inaccettabili.

L’ amnesia
L’ amnesia è una riduzione di tipo patologico, di gravità variabile, del funzionamento della memoria. Può essere: retrograde ovvero la perdita di ricordi passati e anterograde ovvero l’ impossibilità di acquisire nuovi ricordi. Differiscono tra di loro per la durata che può essere limitata nel tempo o permanente. Essa è causata da traumi all’ encefalo, azioni di sostanze psicoattive o gravi malattie.

Il pensiero
Il pensiero è quella facoltà mentale che permette all’ uomo di rappresentarsi la realtà che lo circonda e di dare un senso e un significato alla realtà. Noi possiamo pensare per simboli cioè quando mettiamo insieme due oggetti appartenenti a realtà diverse (bilancia=giustizia). Oppure possiamo pensare per concetti ovvero quando il concetto diventa la definizione dell’ oggetto (categorizzazione).

La logica
La logica è la scienza che studia la capacità di ragionare. Uno dei primi a studiarla fu Aristotele. può essere di due tipi: induttivo (dal particolare al generale) e deduttivo (dal generale al particolare). Il sillogismo è la forma più nota di ragionamento deduttivo e si compone di tre parte premessa maggiore, premessa minore e un termine medio presente in entrambe. Si giunge a una conclusione che consegue di necessità (ciò che non può non essere da così com’ è). Un sillogismo può anche essere falso se una delle due premesse non è sempre vera. Il ragionamento induttivo è molto più usato nella vita comune.

Il problem solving
Il problem solving è un’ altra capacità del pensiero e nello specifico la capacità di risolvere i problemi. Non è immediata come si potrebbe pensare ma si dice che è apparentemente immediata. Quando noi risolviamo un problema abbiamo un’ intuizione o “insipht”. La nostra intuizione si ha in 4 fasi: la preparazione (mi trovo di fronte al problema), l’ incubazione (non riesco a risolvere il problema e lo accantono), l’ illuminazione (pensando ad altro mi viene in mente la soluzione) e la verifica (verifico la mia intuizione).

La relatività linguistica
La relatività linguistica è una teoria ancora in via di sviluppo e su cui gli studiosi hanno opinioni diverse. La relatività linguistica si domanda se pensiero e linguaggio siano unito ovvero se noi pensiamo grazie al linguaggio e senza esso non potremo formulare pensieri complicati o noi parliamo grazie al pensiero che ci permette di formulare frasi di senso compiuto. Inoltre questa teoria afferma che le diverse struttere grammaticali delle diverse lingue influenzano il modo di pensare e di vedere la realtà.

Il linguaggio
Il linguaggio è la facoltà umana di esprimersi e comunicare attraverso un sistema di simboli. Il linguaggio umano è prettamente simbolico ed è composto da fonemi (unità sonore minime non ulteriormente scomponibili che formano le parole), morfemi (unità linguistiche più piccole dotate di significato) e la frase (insieme di parole con un senso copiuto). Queste tre parti compongono la sintassi.

La psicolinguistica
La psicolinguistica è la scienza che studia come si sviluppa il linguaggio nell’ essere umano. Esistono due teorie a tal proposito.
La prima è la teoria per imitazione in cui il bambino ripete ciò che ha già sentito dire dagli adulti(linguaggio acquisito). Questa teoria però ha il limite di non spiegare la fantasia linguistica dei bambini. La seconda è la teoria di Noam Chomsky che riconosce alla base dell’ apprendimento un dispositivo innato, inscritto nel patrimonio genetico, chiamato led. Quasta teoria ha il limite di non riconoscere adeguata importanza al rapporto tra linguaggio e attività cognitive nè di spiegare come mai sia possibile la comprensione anche nel caso in cui le regole sintattiche vengano violate.

L’ intelligenza
Definire l’ intelligenza risulta ancora oggi molto difficile ma esistono alcune carratteristiche comuni che gli psicologi danno. L’ intelligenza è un processo cognitivo complesso proprietà degli individui e un prodotto del pensiero. Piaget la definì come la capacità di adattarsi all’ ambiente. Questa piccola definizione lascia comunque in ombra molti aspetti di questo complicato processo. Uno dei primi studiosi fu il francese Alfred Binet che si concentrò sull’ analisi quantitativa delle informazioni ed elaborò un test per miurare le abilità intelletive sopprattutto in fase evolutiva. Questi test portarono alla formulazione del concetto di età mentale ovvero il grado di sviluppo dell’ intelligenza a una certa età.
Con la seguente collaborazione di Simon e Stern nacque il concetto di quoziente intelletivo che corrisponde al rapporto tra età mentale e età cronologica(età anagrafica) moltiplicato per cento(numero convenzionale per evitare decimali). Il suo presupposto è la corrispondenza tra età cronologica e abilià intellettive anche per questo questa scala non è applicabile agli adulti dato che le loro abilità mentali si stabilizzano mentre l età anagrafica aumenta. Wechsler elaborò per gli adulti un’ altra scala basta non sull’ età cronologica bensì su dati statistici. Questi dati intervengono quando bisogna valutare i risultati dei test, dei soggetti in una stessa fascia d’età, quindi essi vengono messi a confronto tra loro e la media di questi diventa il punto di riferimento.
Teorie sull’ intelligenza
Le teorie sull’ intelligenza sono molteplici e sono state divise in 4 categorie: unitarie, multiple, strutturali, funzionali. Le teorie unitarie tendono a individuare nell’ intelligenza un fattore generale predominante sugli altri. Le teorie multiple invece individua una molteplicità di fattori ordinati gerarchigamente. Le teorie strutturali vorrebbero individuare le parti che costituiscono la struttura dell’ intelligenza. Un tipo di queste teorie sono le teorie differenziali (rimandano a una concezione strutturale dell’ intelligenza e fanno uso di test per quantificarne le abilità individuali) da cui scaturiscono le teorie fattoriali. Le teorie funzionali si soffermano invece sui processi elaborativi delle informzioni, con l’ obbiettivo di chiarire quale sia il funzionamento delle abilità cognitive che egli ha impiegato per risolvere un tale compito. Un esempio di teorie funzionali sono le teorie cognitiviste.

Teorie fattoriali (Spearman, Cattel)
Le teorie fattoriali sono tese a descrivere l’ attività intelligente attraverso un numero limiato di abilità o fattori primari. Tra i suoi sostenitori troviamo Charles Edward Spearman che creò un modello di intelligenza bifattoriale sulla base di un analisi fattoriale. Secondo qusta teoria le prestazioni intelletuali sono formati da due fattori: uno generale chiamto “g”, una sorta di energia mentale propria dell’ individuo, ereditaria e non migliorabile, e una serie di abilità chiamate fattori “s” migliorabili attraverso l’ apprendimento. Inoltre un’ altro studioso Raymond Cattel distinse l’ intelligenza in fluida e cristallizata. Quella fluida corrisponde alla capacità di acquisire nuove informazioni e di integrarle elaborando nuove strategie e tende a diminuire dopo i 30 anni. L’ intelligenza cristellizata utilizza le informazioni acquisite in passato per applicarle a situazioni nuove e tende a decrescere dopo i 70 anni.

Thurstone e Guilford
Le loro due teorie si opponevano a quelle di Spearman e Cattel infatti loro crearono teorie multifattoriali. Lousi Leon Thurston riconosce nei processi intellettivi l’ influenza di molti fattori nello specifico sette (capacità di comprensione verbale, abilità numerica, abilità spaziale, abilità linguistiche, rapidità di percezione, capacità di memorizzare, capacità di ragionamento). Joy Paul Guilford invece individuò più di centoventi abilità intellettive e teorizzò una struttura multidimensionale per dimostrare che in ogni processo intellettivo sono integrati le operazioni mentali, i contenuti ideativi e i prodotti. Inoltre Guilford distinse tra pensiero convergente, che è di tipo produttivo perchè produce sempre la stessa soluzione, e pensiero divergente che è di tipo produttivo perchè produce qualcosa di nuovo a partire da quello che ho precedentemente.

Teorie cognitiviste (Gardner)
Gli psicologi cognitivisti a differenza degli altri hanno indagato gli aspetti funzionali dell’ intelligenza cercando di descrivere non quanto ma come si è intelligenti. Tra queste teorie una tra le più importanti è la teoria delle intelligenze multiple di Howard Gardner. Gardner afferma che bisogna parlare di intelligenze per metterne in evidenza la poliedricità. Gardner individuò nove tipi di intelligenze che possono combinarsi in vario modo. Le intelligenze sono: l’ intelligenza logico-matematica, l’ intelligenza linguistica, l’ intelligenza spaziale, l’ intelligenza musicale, l’ intelligenza corporeo-cinestetica, l’ intelligenza interpersonale, l’ intelligenza intrapersonale, l’ intelligenza naturalistica e l’ intelligenza eistenziale.

Sternberg
Secondo lo psicologo Robert Sternberg il tipo di intelligenza più utile è l’intelligenza pratica che è legata al un successo generale nella vita. Lui evidenziò che le misure tradizionali dell’intelligenza sono basate sul successo accademico e non su quello professionale e afferma che il successo professionale richiede un tipo di intelligenza diverso da quello accademico che è basato sulla conoscenza di informazioni specifiche acquisite tramite l’ascolto e la lettura, mentre un successo professionale richiede l’osservazione del comportamento altrui. Questo approccio viene chiamato “ecologico” ed è composto da 5 abilità pricipali (saper conoscere le proprie emozioni, saper controllare le proprie emozioni, capacità di motivare sè stessi, saper risconoscere le emozioni altrui, capacità di gestire le relazioni).

L’ intelligenza emotiva
Essa è stata definita per la prima volta da Peter Salovey e John D. Mayer come l’ abilità di controllare i sentimenti e le emozioni propri e altrui, e di distinguere tra di esse e di utilizzare queste informazioni per guidare i propri pensieri e e le proprie azioni. In base a come le emozioni vengono percepite e gestite si distinguono tre gruppi principali di soggetti: gli autoconsapevoli che è il modello più equilibrato, i soppraffatti che non sono consapevoli delle emozioni e i rassegnati che sono cosapovoli delle emozioni ma le subiscono senza controllarle. In seguito l’ intelligenza emotiva fu studiata da Daniel Goleman che scrisse intelligenza emotiva. Secondo lui l’ autoconsapevolezza e l’ empatia sono elementi fondamentali dell’ intelligenza emotiva. Inoltre Goleman la divise in competenze personali (capacità di cogliere i diversi aspetti della vita emotiva) e competenze sociali (capacità di comprendere e rapportarsi con gli altri).

Published: Jan 18, 2018
Latest Revision: Jan 18, 2018
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