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processi cognitivi : memoria , liguaggio , intelligenza

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i processi cogntivi

 

I processi cognitivi, come dice la parola stessa, sono quei processi determinati da sequenze di eventi che si manifestano quando c’è una formato di contenuro di coscienza. Ci permettono di acquisire informazioni sull’ambiente e di elaborarle in relazione al fatto che si parli di percezione, immaginazione, simbolizzazione, formazione di concetti, soluzione di problemi.
I processi più studiati dalla psicologia sono: Percezione, Apprendimento, Memoria, Linguaggio e Pensiero, Motivazione e Emozione.

ma noi tratteremo in particolare memoria , linguaggio e intelligenza.

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il linguaggio

La capacità di poter comunicare è ciò che ci distingue dal resto degli esseri viventi, “Come gli uccelli hanno le ali, l’essere umano possiede il linguaggio. Le ali forniscono agli uccelli quel loro atteggiamento caratteristico che è la locomozione aerea. Il linguaggio fa sì che l’intelligenza e le passioni degli esseri umani acquisiscano quel loro carattere peculiare di intelletto e sentimento; questa è la definizione di linguaggio secondo Lewes . Ed è senz’altro facile rendersi conto dell’importanza del linguaggio per la vita dell’uomo: senza di esso tante delle nostre attività quotidiane diventerebbero se non impossibili, certamente molto difficoltose. Sarebbe più complicato chiedere qualcosa, comunicare un bisogno, condividere ricordi, aspettative, opinioni.

Con il termine linguaggio nel suo senso più generale si intende un qualsiasi sistema di comunicazione codificato.per linguaggio si intende più ,precisamente, un sistema di segnali o simboli che permette di trasmette un’informazione da un sistema a un altro;per simboli si intende dare significato a tutto ciò che ci circonda anche alle cose astratte e rappresentarli con valori simbolici.( come il sentimento amore viene rappresentato dal cuore). in questa accezione “codice” può essere utilizzato come sinonimo di linguaggio. In riferimento all’uomo per linguaggio si intendono i codici umani sia verbali che non verbali che consentono di formulare e trasmettere messaggi. Con il termine linguaggio ci si riferisce però prevalentemente alla capacità propria dell’uomo di esprimersi verbalmente. In un’accezione strettamente connessa a questa il linguaggio indica anche lo specificarsi di questa attività umana in un determinato codice in rapporto a una determinata comunità umana, ossia il suo specificarsi nelle singole lingue naturali.

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il pensiero

Abbiamo appena visto come le informazioni vengano raccolte, codificate e immagazzinate dal nostro sistema di memoria. Ma la mente umana non si limita ad accumulare informazioni, è anche in grado di cogliere o formare relazioni tra esse. Questa è una capacità collegata allo svolgersi di operazioni cognitive che portano alla costruzione di rappresentazioni mentali che a loro volta costituiscono i contenuti del nostro pensiero. Questi contenuti non devono essere immaginati come entità puramente astratte, ma sono strettamente collegati alle azioni o alle operazioni che da loro conseguono. Inoltre sono sensibili (e lo dimostrano in qualche modo anche gli studi sul condizionamento) alle risposte e agli stimoli dell’ambiente. È anche importante sottolineare come molte operazioni pur se collegate a processi mentali vengano eseguite automaticamente, mentre altre sono prettamente conscie e controllate.

Quando pensiamo possiamo farlo per parole o per immagini.

Quando pensiamo per parole è un po’ come se mentre pensiamo conducessimo un discorso con noi stessi, traducendo in qualche modo i pensieri in parole, strutturandole in un discorso. L’esistenza di questo tipo di pensiero (utilizzato molto dai bambini, soprattutto quando devono compiere scelte o prendere decisioni) è verificabile e misurabile empiricamente, in quanto quando utilizziamo il pensiero verbale contemporaneamente tendiamo a parlare silenziosamente dentro di noi e alcuni muscoli specifici si contraggono, come se noi stessimo effettivamente pronunciando il nostro “discorso interiore”. Ovviamente questi movimenti muscolari, per quanto siano di minima entità, possono essere registrati e studiati. Questa modalità strutturata del discorso porta con sé una forma di pensiero tendenzialmente logico-sequenziale, data dalla forma stessa della verbalità che richiede una strutturazione nel tempo e il rispetto di regole logico-formali.

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la memoria

La memoria puo’ essere paragonata a un enorme magazzino all’interno del quale l’individuo può conservare tracce della propria esperienza passata, cui attingere per riuscire ad affrontare situazioni di vita presente e futura. Tale archivio non ha caratteristiche statiche e passive ma puo’ essere definito come un costruttore attivo di rappresentazioni sul mondo. In tal senso, la memoria e’ considerata ricostruttiva e non riproduttiva nella sua modalita’ di funzionamento.

I processi di elaborazione mnestica
La letteratura scientifica descrive tre fasi principali dei processi di elaborazione mnestica: la fase di codifica, la fase di ritenzione e la fase di recupero. Sebbene non si tratti di stadi necessariamente separati e in sequenza, essi rappresentano l’intero processo dell’elaborazione mnestica.

Fase di codifica: si riferisce al modo in cui l’informazione viene inserita in un contesto di informazioni precedenti. Tale nuova informazione viene trasformata in un codice che la memoria riconosce. Il processo di codifica viene influenzato da diversi fattori, tra cui sia le caratteristiche dello stimolo che fattori emotivo-cognitivi-motivazionali del soggetto;

Fase di ritenzione: in questa fase il ricordo viene consolidato e stabilizzato in una condizione stabile e a lungo termine

Fase di recupero: consiste nel recuperare l’informazione e il ricordo dalla memoria a lungo termine alla memoria di lavoro affinche’ venga utilizzata.

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l’intelligenza

Con la parola intelligenza, in senso psicologico, si intende quel processo mentale che permette di acquisire nuove idee e capacità che consentono di elaborare concetti e i dati dell’esperienza per risolvere in modo efficace diversi tipi di problemi. Tuttavia, il concetto è molto ampio, sicché non esiste una definizione univoca e accettata universalmente; ogni spiegazione risente sempre dell’orientamento di pensiero di chi la formula.

Teorie sull’intelligenza

La psicologia ingenua vede l’intelligenza come un insieme di capacità: essenzialmente la capacità di risolvere problemi (intesa come capacità di ragionare utilizzando processi logici e stabilire connessioni), capacità verbale (saper parlare in maniera chiara e possedere un buon vocabolario) unite a una buona competenza sociale (accettare gli altri, ammettere i propri errori, possedere una buona empatia).

Da questi esempi si deduce che l’intelligenza in sé è vista come un fattore generale che comprende al suo interno fattori specifici. Su questa struttura dell’intelligenza concordano anche molti studiosi.

Secondo Spearman l’intelligenza è una capacità mentale generale, cioè un fattore di base comune a tutte le attività intellettuali, che egli chiamò fattore g. Thurstone e Guilford criticarono però la posizione di Spearman sostenendo l’esistenza di molteplici fattori di abilità mentale tra loro indipendenti (7 per Thurstone, non meno di 120 per Guilford). Sternberg ha cercato di sintetizzare queste diverse posizioni sostenendo che il numero dei fattori cambia con il crescere dell’età: si passa infatti da un’abilità intellettuale generale a vari gruppi di abilità. Di conseguenza, le teorie che si basano su un numero inferiore di fattori rappresentano meglio l’intelligenza dei bambini, mentre quelle che si basano su molti fattori sono più adeguate per gli adolescenti e per gli adulti. Più recentemente H. Gardner ha elaborato la teoria delle intelligenze multiple, secondo la quale non esisterebbe un’unica forma generale di intelligenza, ma distinti tipi di competenze (linguistica, musicale, spaziale, logico-matematica ecc.) ciascuna competente per l’elaborazione di uno specifico ambito di informazioni.

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l’intelligenza

I francesi A. Binet e J. Simon elaborarono un primo test di intelligenza che avrebbe dovuto predire la prestazione scolastica di un bambino attraverso una serie di prove riguardanti la conoscenza, il pensiero, il ragionamento e il giudizio. Sulla base delle prestazioni dei soggetti veniva loro attribuita un’età mentale che rappresentava il livello di sviluppo della loro intelligenza. Per età mentale si intende quella attribuita ad un bambino sulla base del numero di prove che riesce a superare correttamente confrontato con il numero di prove superato mediamente da bambini coetanei. Un bambino di età cronologica pari a 9 anni, avrà un’età mentale di 9 anni se supera le prove che i bambini di 9 anni in media superano senza errori, di 10 se supera anche quelle che risultano facili per bambini più grandi, di 7 se invece non va oltre quelle proprie dei bambini di 7 anni. L.W. Stern introdusse poi il concetto di quoziente d’intelligenza, o QI, dato dal rapporto tra l’età mentale di un bambino e la sua età cronologica moltiplicato per 100. L’utilità pratica che può avere un punteggio ottenuto in un test di intelligenza dipende soprattutto dalla sua stabilità nel tempo. Attraverso una serie di studi si è visto che il QI rimane relativamente stabile nel corso della vita (pur con qualche piccola oscillazione), iniziando a declinare con l’età solamente dopo gli 80 anni. Nello specifico le abilità che più velocemente declinano sono quelle che chiamano in causa risposte immediate e veloci, mentre più stabili restano abilità cognitive generali quali le capacità verbali/linguistiche.

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