Crêpe suzette:
Alla fine del XIX secolo precisamente nel 1835 il principe del galles andò a cena al cafè di paris del Montecarlo, nel quale in cucina lavorava un apprendista Henri Charpentier, finita la cena nei dessert si fece prendere dall’emozione e gli cadde del liquore nella padella e questa prese fuoco, decisero di fare uscire lo stesso le crêpe le quali piacquero tantissimo a tutti i commensali, che chiesero il nome di questo piatto loro imbarazzati non seppero cosa rispondere ma alla fine confrontandosi le chiamarono crêpe suzette come la donna più bella seduta al tavolo.

Est!Est!Est!
Il nome di questo vino deriva da una leggenda, secondo la quale nell’anno 1111 Enrico V di Germania stava raggiungendo Roma per ricevere dal papa la corona di Imperatore del sacro Romano impero. Al suo seguito si trovava anche un vescovo, il quale era intenditore di vini.
Per soddisfare questa sua passione alla scoperta di nuovi sapori, il vescovo mandava il suo coppiere Martino in avanscoperta, con l’incarico di precederlo lungo la via per Roma, per assaggiare e scegliere i vini migliori in ogni luogo in cui passavano. I due avevano concordato un segnale in codice: qualora Martino avesse trovato del buon vino in una locanda, avrebbe dovuto scrivere “Est” (c’è), abbreviazione di “est bonum”, ovvero “c’è [vino] buono”, vicino alla porta della locanda. Se il vino era particolarmente buono, avrebbe dovuto scrivere “Est Est”. Il servo, una volta giunto a Montefiascone e assaggiato il vino locale, ne notò l’eccezionale qualità e, per comunicarlo, decise di ripetere per tre volte il segnale convenuto e di rafforzare il messaggio con ben sei punti esclamativi: “Est! Est!! Est!!!”
Addirittura, al termine della missione imperiale vi tornò, fermandosi fino al giorno della sua morte (avvenuta, pare, per un eccesso di bevute) sulla lapide tutt’ora c’è scritto: «Per il troppo EST! qui giace morto il mio signore Johannes Defuk».

Filu e ferru
Il nome risale a qualche secolo fa e deriva dal metodo utilizzato per nascondere gli alambicchi quando l’acquavite veniva prodotta clandestinamente. I contenitori con il distillato e gli alambicchi venivano nascosti sottoterra e, per poterne individuare la posizione esatta in momenti successivi, venivano legati con uno o più fili di ferro con un capo che sporgeva dal terreno.

Donna fugata
Una leggenda narra comunque, di una donna che prigioniera nel Castello di Ragusa (Sicilia) riuscì a scappare. Si tratterebbe della regina Bianca di Navarra che venne rinchiusa, dal perfido conte Bernardo Cabrera, signore della Contea di Modica, in una stanza dalla quale riuscì a fuggire attraverso le gallerie che conducevano nella campagna che circondava il palazzo. Da qui il nome dialettale “Ronnafugata”, cioè “donna fuggita”.

Gallo nero del Chianti
L’origine di questo simbolo deriva da un’antica leggenda. Si narra che al tempo delle lotte medievali Firenze e Siena, da sempre in guerra per il possesso di questo preziosissimo angolo di Toscana ed entrambe stanche di battaglie sanguinose, decidessero di regolare la questione con un singolare arbitrato.
Le due città decisero infatti di affidare la definizione del confine ad una prova tra due cavalieri, uno con i colori di Firenze ed uno con i colori di Siena. Il confine fiorentino-senese sarebbe stato fissato nel punto dove i due cavalieri si fossero incontrati partendo all’alba dalle rispettive città, al canto del gallo. I senesi scelsero un gallo bianco e lo rimpinzarono di cibo, convinti che all’alba questo avrebbe cantato più forte, mentre i fiorentini scelsero un gallo nero che lasciarono a stecchetto. Il giorno della prova, il gallo nero fiorentino, morso dalla fame, cominciò a cantare prima ancora che il sole fosse sorto, mentre quello bianco, senese, dormiva ancora beato perché ancora sazio.

Il vino degli abissi:
I vini Bisson nascono agli albori del 1978 quando Pierluigi Lugano, era incuriosito nel provare le potenzialità delle uve della Riviera Ligure del Levante. Inizia ad acquistare piccole partite d’uva dai contadini sparsi sul territorio ed a vinificarle nella propria cantina portando avanti, con tecniche moderne di vinificazione, numerosi esperimenti per capire come trattare le uve locali. Lugano ha saputo invece coniugare all’amore per il vino la passione per il mare e, per l’affinamento del suo Spumante “Abissi”, ha scelto proprio il fondale marino pensando agli antichi relitti dei galeoni in fondo al mare, che più volte hanno restituito prodotti alimentari (vino) ottimamente conservato e dalle caratteristiche organolettiche intatte”. Così, le bottiglie riposano per diciotto mesi a 60 metri di profondità con una temperatura costante di 15°, con le correnti marine che cullano il vino al posto dell’uomo. E una volta tornata in superficie, a testimonianza della propria storia, ogni bottiglia di “Abissi” porta con sè incrostazioni di ostriche e piccoli crostacei, protette da un apposita pellicola.

Vino in alta quota:
Un vino per essere definito “d’alta quota” deve venire elaborato a partire da uve provenienti da vigne situate a una certa altitudine: di norma, dagli 800 m fino alla quota in cui il clima consente di coltivare le vigne e maturare l’uva.
La principale qualità o il tratto distintivo di questi vini è il loro invidiabile effetto rinfrescante, dovuto alla loro maggiore acidità, risultato della notevole differenza termica esistente tra il giorno e la notte.
Tuttavia, ciò non accade ovunque in quota. Infatti, è necessaria un’altitudine specifica a una latitudine geografica ben determinata.

Negroni:
Fu ideato a Firenze nel 1919-20 dal conte Camillo Negroni. Negli anni ’20 il conte era solito frequentare l’aristocratico Caffè Casoni in Via de’ Tornabuoni a Firenze (locale in cui verrà trasferita in seguito l’attività del già esistente Caffè Giacosa e successivamente passato fra le proprietà di Roberto Cavalli) e, per variare dal suo abituale aperitivo Americano, chiese al barman Angelo Tesauro (secondo altri autori però pare che fosse Fosco Scarselli) di aggiungere un po’ di gin in sostituzione del seltz, in onore degli ultimi viaggi londinesi. Il nuovo cocktail divenne noto come l’Americano alla moda del conte Negroni”, ovvero un Americano con un’aggiunta di gin, e in seguito prese il nome del conte stesso.

Negroni sbagliato:
Il Negroni sbagliato è un cocktail creato nel Bar
Basso di Milano nel 1972 dal bartender Mirko Stocchetto e in genere chiamato semplicemente sbagliato.
Differisce dal classico Negroni amaro fiorentino per la presenza dello spumante brut, che sostituisce il gin. Il drink diventa così più leggero grazie alla minore presenza alcolica.

Published: Oct 25, 2020
Latest Revision: Mar 2, 2021
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