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LIBRIAMOCI 2020 2^D: “CONTAGIATI DALLA LETTURA”

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  • Joined Oct 2020
  • Published Books 3

NICOLE BASILE

CATULLO, CARME 92 LESBIA MI DICIT

Lesbia mi parla sempre male e non smette mai di parlare                                             di me: che io possa andare in malora se Lesbia non mi ama.                                     Da quale indizio (lo deduco)? Poiché identica è la mia situazione: impreco contro di lei        con assiduità, ma che io possa andare in malora se non la amo.

2

MATRINA CASTRIGNANO’

QUINTO ORAZIO FLACCO, CARME SAECULARE

Febo, Diana, signora delle selve,
luce del cielo, sempre venerati
e venerabili, esaudite i voti
in questo giorno sacro,
che nei versi sibillini prescrive
alle vergini elette e ai fanciulli
di cantare un inno agli dei che amarono
i nostri sette colli.

3

MARTINA CATENA

CATULLO, CARME 109

O cara, tu mi prometti che il nostro amore sarà felice e perpetuo fra noi. Grandi dei, fate che possa promettere realmente e che parli sinceramente e dal cuore, perché ci sia possibile far durare per tutta la vita un patto di amicizia giurata.

4

GIULIA CIURO

TIBULLO, LIBER 3,20

Gira voce che la mia fanciulla spesso mi tradisca:
allora vorrei che le mie orecchie fossero sorde.
Queste accuse si diramano non senza mio strazio:
perchè tormenti un infelice, o voce severa? Taci.

5

FRANCESCA CLEMENTE

CATULLO, CARME 5 VIVAMUS MEA LESBIA

Viviamo, mia Lesbia, ed amiamo(ci),

e le chiacchiere dei vecchi troppo severi

consideriamole tutte un soldo.

I giorni [i soli] possono tramontare e ritornare;

noi, una volta (semel) che la breve luce è tramontata,

dobbiamo dormire una sola eterna notte.

Dammi mille baci, (e) poi cento,

poi mille altri, poi ancora cento,

poi di seguito/ininterrottamente altri mille, (e) poi cento.

Poi, quando ne avremo totalizzate [lett: avremo fatto] molte migliaia,

rimescoleremo quelli, per non conoscere (il totale),

o perché nessun maligno possa gettar(ci) il malocchio (invidere),

quando sappia quanto è grande (il numero) dei baci.

6

MATTIA GAUDIANO

ORAZIO, 1.9

Quid sit futurum cras fuge quaerere, et quem Fors dierum cumque dabit, lucro adpone, nec dulcis amores sperne puer neque tu choreas, donec virenti canities abest morosa.

7

MARIA FRANCESCA CAMPOLI

CATULLO, CARME 51

Ille mi par esse deo videtur,
ille, si fas est, superare divos,
qui sedens adversus identidem te
spectat et audit

dulce ridentem, misero quod omnis
eripit sensus mihi: nam simul te,
Lesbia, aspexi, nihil est super mi
vocis in ore,

lingua sed torpet, tenuis sub artus
flamma demanat, sonitu suopte
tintinant aures, gemina teguntur
lumina nocte.

Mi sembra essere uguale ad un dio
se è lecito, (mi sembra) che sia superiore agli dèi
quello che, sedendo(ti) di fronte, incessantemente
ti guarda e (ti) ascolta

mentre ridi dolcemente, cosa questa che a me misero
strappa tutte le facoltà; infatti appena che,
o Lesbia, ti vedo, niente rimane a me
neppura la voce in gola

ma la lingua si intorpidisce, scorre sotto le membra
una fiamma sottile, di un suono proprio
le orecchie risuonano, entrambi gli occhi sono ricoperti
da una duplice notte

8

FEDERICO DI CARO

CATULLO, CARME 85 ODI ET AMO

Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.

Odio ed amo. Come lo faccia, forse chiedi.
Non so, ma sento che accade e mi tormento.

9

SARA DIGITALINO

ORAZIO, CARME 11

Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi

finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios

temptaris numeros. Ut melius, quidquid erit, pati!

Seu pluris hiemes seu tribuit Iuppiter ultimam,

5quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare

Tyrrhenum, sapias: vina liques et spatio brevi

spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit invida

aetas: carpe diem, quam minimum credula postero.

Tunonchiedere, è vietatosapere, qualefinea me, qualea te

gli dei abbiano assegnato, o Leuconoe, e non consultare

la cabala babilonese. Quanto (è) meglio, qualsiasi cosa sarà, accettarla!

Sia che Giove abbia assegnato più inverni, sia che abbia assegnato come ultimo

quello che ora sfianca con le scogliere di pomice che gli si oppongono il mare

Tirreno, sii saggia: filtra il vino e ad una breve scadenza

limita la lunga speranza. Mentre parliamo sarà fuggito, inesorabile,

il tempo: cogli il giorno, il meno possibile fiduciosa in quello successivo.

10

GIULIA GRAVELA

CATULLO, CARME 85

Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.

Odio ed amo. Come lo faccia, forse chiedi.
Non so, ma sento che accade e mi tormento.

11

SARA GRILLI

CATULLO, CARME 5

I giorni tramontano e tornano;
ma noi quando cade la breve luce della vita,
dobbiamo dormire una sola interminabile notte.

12

DORANNA MARIANI

ORAZIO, ODE 10

 

Rebus angustis animosus atque

fortis appare: sapienter idem

contrahes vento nimium secundo

turgida vela.

Nelle situazioni avverse mòstrati coraggioso

e forte: sempre tu, saggiamente, ammainerai

le vele gonfie per un vento

troppo favorevole.

13

FRANCESCA MASSA

CATULLO, CARME 51

lle mi par esse deo videtur,
ille, si fas est, superare divos,
qui sedens adversus identidem te
spectat et audit
dulce ridentem, misero quod omnis
eripit sensus mihi: nam simul te,
Lesbia, aspexi, nihil est super mi
vocis in ore,
lingua sed torpet, tenuis sub artus
flamma demanat, sonitu suopte
tintinant aures, gemina teguntur
lumina nocte.
Otium, Catulle, tibi molestum est:
otio exsultas nimiumque gestis:
otium et reges prius et beatas
perdidit urbes.
Quello mi sembra simile a un dio,
quello mi sembra superiore agli dei – se non suona bestemmia -,
perché, seduto innanzi a tè, senza scomporsi,
ti vede e ti ascolta,
mentre dolcemente sorridi; a un tuo sorriso invece io miseramente
mi sento tutto svenire, perché non appena
ti scorgo, o Lesbia, non mi rimane neppure
un filo di voce.
Si paralizza la lingua, una sottile folgore
per le membra mi scorre, mi ronzano le orecchie
di un interno suono, mi cala sugli occhi
duplicata la notte.
Lo stare senza far nulla, o Catullo, ti danneggia;
stando senza far nulla ti esalti e ti ecciti troppo;
lo stare senza far nulla ha rovinato un tempo sovrani
ed opulente città.
14

MIRIAM MATERA

CATULLO, CARME 51

lle mi par esse deo videtur,
ille, si fas est, superare divos,
qui sedens adversus identidem te
spectat et audit
dulce ridentem, misero quod omnis
eripit sensus mihi: nam simul te,
Lesbia, aspexi, nihil est super mi
vocis in ore,
lingua sed torpet, tenuis sub artus
flamma demanat, sonitu suopte
tintinant aures, gemina teguntur
lumina nocte.
Otium, Catulle, tibi molestum est:
otio exsultas nimiumque gestis:
otium et reges prius et beatas
perdidit urbes.
Quello mi sembra simile a un dio,
quello mi sembra superiore agli dei – se non suona bestemmia -,
perché, seduto innanzi a tè, senza scomporsi,
ti vede e ti ascolta,
mentre dolcemente sorridi; a un tuo sorriso invece io miseramente
mi sento tutto svenire, perché non appena
ti scorgo, o Lesbia, non mi rimane neppure
un filo di voce.
Si paralizza la lingua, una sottile folgore
per le membra mi scorre, mi ronzano le orecchie
di un interno suono, mi cala sugli occhi
duplicata la notte.
Lo stare senza far nulla, o Catullo, ti danneggia;
stando senza far nulla ti esalti e ti ecciti troppo;
lo stare senza far nulla ha rovinato un tempo sovrani
ed opulente città.
15

LAURA MEVOLI

PUBLIO OVIDIO NASONE, AMORES

Iusta precor: quae me nuper praedata puella est
aut amet aut faciat cur ego semper amem.
A, nimium volui: tantum patiatur amari;
autieri nostras tot Cytherea preces.
Accipe, per longos tibi qui deserviat annos;
accipe, qui pura norit amare fide.
Si me non veterum commendant magna parentum
nomina, si nostri sanguinis auctor eques
nec meus innumeris renovatur campus aratris
temperate t sumptus parcus uterque parens,
at Phoebus comitesque novem vitisque repertor
hac faciunt et me qui tibi donat Amor
et nulli cessura fides, sine crimine mores
nudaque simplicitas purpureusque pudor.
Non mihi mille placent, non sum desultur amoris:
tu mihi, siqua fides, cura perennis eris;
tecum, quos dederint annos mihi fila sororum,
vivere continua teque dolente mori;
te mihi materiem felicem in carmina praebe:
provenient causa carmina digna sua.
Carmine nomen habent exterrita cornibus Io
et quam fluminea lusit adulter ave
qua eque super pontum simulato vecta iuvenco
virginea tenuit cornua vara manu.
Nos quoque per totum pariter cantabimur orbem
iunctaque semper erunt nomina nostra tuis.

. . .

Son giuste le mie preghiere: la ragazza che da poco mi ha fatto la sua preda mi ami, oppure faccia in modo che sempre l’ami io. Ahimè! Ho chiesto troppo: ella accetti almeno di essere amata; possa Citerea porgere ascolto a tante mie preghiere. Accogli chi è disposto a servirti per lunghi anni; accogli chi ti sappia amare con fedeltà sincera. Se non mi raccomandano nomi altisonanti di antichi avi, se il mio capostipite fu un cavaliere e i miei campi non sono rivoltati da innumerevoli aratri ed entrambi i miei genitori limitano le spese con parsimonia, avanzano però come miei alleati Febo e le sue nove compagne e l’inventore della vite e con essi Amore, che a te mi dona, e una fedeltà a nessuna seconda, costumi senza macchia e una franca schiettezza e un sentimento di vergogna che mi imporpora le guance. A me non piacciono mille donne, non sono uno che passa da un amore all’altro; se mi concederai fiducia, tu sola sarai l’eterno mio pensiero; possa io vivere con te gli anni che mi concederanno i fili delle Parche e possa io morire suscitando il tuo dolore; offriti come felice argomento dei miei carmi: ne sortiranno carmi degni del soggetto che li ha ispirati. Per mezzo della poesia hanno acquisito fama Io, atterrita al vedersi spuntare le corna, e colei che l’amante sedusse sotto forma di uccello fluviale e colei che, valicando il mare in groppa al finto torello, tenne strette con la sua mano di vergine le corna ricurve. Così anche noi saremo celebrati per tutta la terra ed il mio nome sarà sempre unito al tuo.

 

16

SARA NATILE

CATULLO, CARME 76

17

RITA NICOLETTI

CATULLO, CARME 51

Ille mi par esse deo videtur,
ille, si fas est, superare divos,
qui sedens adversus identidem te
spectat et audit
dulce ridentem, misero quod omnis
eripit sensus mihi: nam simul te,
Lesbia, aspexi, nihil est super mi
vocis in ore,
lingua sed torpet, tenuis sub artus
flamma demanat, sonitu suopte
tintinant aures, gemina teguntur
lumina nocte.
Otium, Catulle, tibi molestum est:
otio exsultas nimiumque gestis:
otium et reges prius et beatas
perdidit urbes.

Quello mi sembra simile a un dio,
quello mi sembra superiore agli dei – se non suona bestemmia -,
perché, seduto innanzi a tè, senza scomporsi,
ti vede e ti ascolta,
mentre dolcemente sorridi; a un tuo sorriso invece io miseramente
mi sento tutto svenire, perché non appena
ti scorgo, o Lesbia, non mi rimane neppure
un filo di voce.
Si paralizza la lingua, una sottile folgore
per le membra mi scorre, mi ronzano le orecchie
di un interno suono, mi cala sugli occhi
duplicata la notte.
Lo stare senza far nulla, o Catullo, ti danneggia;
stando senza far nulla ti esalti e ti ecciti troppo;
lo stare senza far nulla ha rovinato un tempo sovrani
ed opulente città.

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