Il camaleonte by stefania - Ourboox.com
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Il camaleonte

  • Joined Dec 2020
  • Published Books 4

Sono nato e ho vissuto gli anni della mia infanzia a Tripoli. Tripoli è una città in Libia, uno stato dell’Africa. Ma più che essere in Libia sembra di essere in Sicilia.
Infatti, la Libia si trova nel nord dell’Africa e si affaccia sul Mar Mediterraneo, esattamente come la Sicilia.

Anche la vegetazione è la stessa: alberi di aranci, piante grasse, tanti ulivi.
A quei tempi, non era una cosa straordinaria per un italiano abitare in Libia. La Libia infatti era una colonia italiana. Colonia significa un paese lontano dall’Italia, ma con le stesse abitudini, le stesse usanze e lo stesso modo di fare che c’è in Italia. Un posto dove tanti italiani si trasferivano.

Anche la lingua era la stessa. Tutti, in questa piccola, grande comunità, parlavano italiano.
Solo che, a differenza di tante grandi città italiane come Milano,

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avevamo il mare, il silenzio, e un bel po’ di verde. I pomeriggi dopo la scuola noi bambini ci ritrovavamo a giocare nelle

fattorie o in spiaggia. Erano pomeriggi sereni, senza pensieri.

E poi c’erano gli animali. Ecco: gli animali che c’erano a Tripoli sono animali che non ho più rivisto. C’erano i dromedari, molto simili ai cammelli, solo che hanno una sola gobba, mentre i cammelli ne hanno due. E soprattutto c’erano i camaleonti. Li conoscete i camaleonti?

I camaleonti sono rettili curiosi, colorati. Hanno una lingua lunghissima, che serve loro per catturare il cibo da lontano, e hanno occhi mobili, che possono ruotare uno indipendentemente dall’altro.

Sono esseri pacifici, che passano gran parte del loro tempo a riposare al sole. Noi bambini eravamo abituati a giocare a calcio, con la loro presenza silenziosa, quasi fossero spettatori.

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Quel giorno in spiaggia erano venuti anche mamma, papà e nonno Ambrogio. Avevamo deciso di pranzare in riva al mare, tutti insieme. Dopo il pranzo mio nonno era solito fumarsi una sigaretta fatta a mano con tabacco e con una cartina di fortuna,

come si usava a quel tempo. Non c’erano cestini e, ahimé, in quegli anni si pensava che le sigarette buttate per terra non facessero male all’ambiente. Così, dopo la pasta al forno della mamma, le uova ripiene e tanti buonissimi dolci, nonno Ambrogio si fumò la sua solita sigaretta e, con non curanza, la gettò per terra.

Tutto pareva scorrere come sempre: mamma intenta a leggere, papà si era appisolato, io e i miei fratelli impegnati a correre dietro un pallone. A un certo punto, un camaleonte attirò la mia attenzione: era diverso dagli altri, sembrava un camaleonte “drago” o un camaleonte “magico”!

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Gli usciva fumo dalla cresta e aveva degli occhi talmente rossi che sembravano due rubini.

Smettemmo tutti di giocare, andai di corsa a chiamare mamma

e a svegliare papà: com’era possibile che un camaleonte facesse del fumo?

Ci avvicinammo a lui e ci accorgemmo che oltre a fare fumo, continuava a strofinarsi la lingua, come se gli facesse male,

come se si fosse bruciato. Eh sì, non c’era nulla di magico in quel camaleonte! Era tutta colpa del nonno: il camaleonte aveva trovato la sua sigaretta e, confondendola per un gustoso insetto, l’aveva ingoiata ancora accesa!

Aveva bisogno di aiuto: mamma prese le poche cose che aveva in borsa e con tutto l’amore di cui è sempre stata capace accarezzò il camaleonte come un bambino per tranquillizzarlo.

 

 

 

5

Quando il camaleonte capì che poteva fidarsi di noi, mamma gli aprì lentamente la bocca e gli tolse la sigaretta.
Il peggio era passato, ma il camaleonte ancora non stava bene.

Decidemmo di portarlo a casa e di curare le ferite che aveva in bocca. Per fortuna non ci volle molto: tempo una settimana e il nostro camaleonte guarì! Da quel giorno imparammo tutti tante cose, ma soprattutto nonno Ambrogio capì che la natura è casa nostra, certamente, ma soprattutto è casa degli animali, che la vivono molto più di noi. Per questo va rispettata.

Senza timori anche lui, che pazientemente ci insegnava il rispetto della natura, quella volta capì di aver commesso uno sbaglio. Da quel giorno non gettò più le cicche delle sigarette per terra e, quando andavamo in spiaggia, portava sempre con sé un sacchetto in cui raccoglieva i mozziconi delle sigarette, delle sue, ma anche di quelle che trovava per terra.

 

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Amo Milano, la città in cui abito, ma ogni tanto mi piacerebbe incontrare un camaleonte, magari un camaleonte magico, o un camaleonte dragone, come quello che ho conosciuto da bambino.

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