by Elena Stendardi - Illustrated by 3 arti figurative - Liceo artistico Bruno Cassinari, Piacenza - Ourboox.com
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E quindi uscimmo a riveder le stelle

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Artwork: 3 arti figurative - Liceo artistico Bruno Cassinari, Piacenza

  • Joined Apr 2019
  • Published Books 3
2

 

 

 

 

Dopo aver affrontato lo studio e la lettura di alcuni canti della Commedia di Dante, abbiamo raccolto in queste pagine i versi per noi più significativi con alcune riflessioni.

Ecco cosa lascia a noi, studenti del XXI secolo, la poesia di Dante.

 

 

 

Giugno 2021

3

 

 

 

 

 

Li diritti occhi torse allora in biechi;

guardommi un poco e poi chinò la testa:

cadde con essa a par de li altri ciechi.

4

Questa terzina, dal canto VI dell’Inferno, è quella che mi ha colpito di più.

Anche se questo non è il  canto che ho preferito, il modo in cui il rapporto tra Ciacco e Dante cresce fino a questo climax è  impressionante. Il discorso inizia con Dante che dice di non ricordarsi neanche chi è Ciacco, ma  attraverso la profezia e le domande si conoscono (si sentono anche vicini in quanto entrambi  fiorentini). Sembra che si trovino sullo stesso piano, si parlano come pari. In particolare l’ultima  richiesta di Ciacco è molto umana: non vuole essere dimenticato, vuole che i vivi si ricordino di lui  (che non è quello che vogliamo tutti alla fine?). Poi torna al suo stato bestiale di peccatore, china la  testa e ricade nelle acque fangose del terzo cerchio. Vediamo che molti peccatori sono quasi  perennemente in questo stato quasi disumano, ma Dante parla con delle eccezioni, anime che  raccontano le loro vite e sembrano quasi vive. Vedere il passaggio da uno stato all’altro è triste, è  quasi come una seconda morte. Diventano corpi vuoti, incapaci di esprimere pensieri e emozioni.  Onestamente non mi aspettavo che questo canto finisse così e mi è rimasto molto impresso come, in così poche righe, Dante riesca a trasmettere il destino angosciante delle anime peccatrici.                                                      (Alice Brigante)

5

Qual è colui che sognando vede,

      che dopo ‘l sogno la passione impressa

      rimane, e l’altro a la mente non riede,

 

cotal son io, ché quasi tutta cessa

      mia visÏone, e ancor mi distilla

     nel core il dolce che nacque da essa.

6

 

Questi sono i versi delle terzine che più mi stanno a cuore della intera Commedia.

Mi colpisce come con poche, ma giuste parole Dante sia veramente riuscito ad esprimere una sensazione così astratta e indescrivibile.

Personalmente sono le terzine che preferisco, perché, a parer mio, lasciano trasparire una nota di romanticismo e di sincera e pura dolcezza che contraddistingue la sua relazione con il Divino alla fine del percorso ultraterreno.

La scelta di queste parole e il loro “incastro” mi fa sentire vicina al Dante che scrivendo la Commedia aveva in mente la ben precisa figurazione di ciò di cui stava trattando e cioè, paradossalmente, delle sensazioni causate dalla visione di un qualcosa di impalpabile e difficile da ricordare.           (Paola)

7

Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende

8

 

 

 

 

L’amore in generale, secondo me, non importa per chi o cosa lo si prova , è comunque un sentimento che si impadronisce della persona e la rende gentile ammorbidendo anche i cuori duri. Esso porta la persona a compiere azioni che solitamente non farebbe, dando ragione al cuore e non alla coscienza.

(Sana)

 

 

9

Né dolcezza di figlio, né la pietà    

del vecchio padre, né ‘l debito amore   

lo qual doveva Penelope far lieta

10

 

Questa terzina mi ha fatto riflettere su quanto possano essere forti la curiosità e il desiderio di scoprire e di conoscere per l’uomo, per esempio Ulisse. A lui non bastarono l’amore per Penelope nè quello per il figlio, a farlo tornare a casa circondato dalla sua famiglia. Il desiderio di scoperta e di conoscenza erano più forti: dopo tanto tempo che desiderava tornare a casa e ne ebbe la possibilità, decise comunque di navigare nell’ignoto, impaziente di scoprire il mondo, come se la nave non fosse spinta dal vento, ma dalla curiosità e dal desiderio di conoscenza. Questo secondo me rende Ulisse una persona molto intelligente, perché le persone intelligenti non sono quelle che sanno, ma quelle che vogliono conoscere sempre di più, quelle che si pongono domande e che cercano di dare una risposta a quelle domande, quelle che sono consapevoli che c’è sempre da imparare.                                                                                                         (Andrei)

11

 

 

 

Considerate la vostra semenza:

fatti non foste a viver come bruti, 

ma per seguir virtute e canoscenza.

12

 

La terzina che prendo in considerazione è nel XVI canto dell’Inferno, ove Dante ascolta la storia di Ulisse nel girone dei consiglieri fraudolenti.
Questa terzina mi ha interessato particolarmente per la sua natura. Ulisse sprona i suoi compagni a proseguire il viaggio prendendo in causa la filosofia antropocentrica dell’uomo che con l’intelletto deve dominare gli istinti animaleschi. Concetto sano, ma che può sfociare in arroganza dimenticando le proprie origini. Ho riflettuto su quanto possa essere infimo l’uomo, una formica confrontata al sole che pretende di esplorarlo andando oltre ai suoi limiti. Infatti viene punito con la morte e la dannazione eterna, un’interpretazione molto estrema, ma che rende l’idea.

(Emma)

13

Amor, ch’a nullo amato amar perdona,


mi prese del costui piacer sì forte,


che, come vedi, ancor non m’abbandona

14

Ho scelto questi versi, perché l’amore è un sentimento molto forte e importante per la nostra esistenza. Dante afferma che nessuno può rifiutare l’amore, perché chi tenta di allontanarsene o non l’accetta sarà sempre imbrigliato dall’amore e sarà
sempre corrisposto, perchè non si può comandare e non si può decidere, come per Paolo e Francesca.
Nessuno dei due si aspettava che potesse nascere
l’amore e che iniziasse una relazione segreta.
L’amore è un sentimento molto articolato che
assume molteplici sfumature, come l’amore alla base di un’amicizia, l’amore famigliare,l’amore verso un animale. L’amore è il sentimento che guida le nostre vite.

(Sara)

 

 

 

15

 

 

 

 

E ‘l duca mio distese le sue spanne,

prese la terra, e con piene le pugna

la gittò dentro a le bramose canne.

16

 

Questa terzina è quella che più mi ha colpito proprio per la crudezza e valore che mostra Virgilio nello sfidare Cerbero.

Non è solo un atto al fine di calmare l’ira del mostro, ma un vero e proprio atto di superiorità verso la possenza della belva stessa. Credo che in questo atto si celi anche la supremazia di  un uomo illuminato dalla ragione verso quella che è l’oscurità o anche il peccato. Non è forse vero che fin dall’antichità l’uomo ha considerato il buio un luogo ricolmo di mostri pronti a divorarlo?

Credo che ogni fedele debba puntare alla fermezza priva di timore nell’ora di scegliere il cammino che porta alle stelle, cioè a Dio, proprio come Virgilio ci mostra, dato che chi è in vita ha ancora, diversamente da lui, la possibilità di accedere alla Luce.

(Keisy)

17

 

 

 

 

 

Considerate la vostra semenza:

fatti non foste a viver come bruti,

ma per seguir virtute e canoscenza

18

Questa terzina è interessante, perché mi fa capire il mondo di  adesso: ci sono troppa cattiveria, odio e ignoranza e queste  caratteristiche appunto si manifestano nei confronti delle altre  persone. Non c’è rispetto e si agisce prima di pensare alle  conseguenze o a come si potrebbe sentire l’altra persona come  appunto se fossimo animali che agiscono secondo l’istinto ed è  sbagliato. Dovremmo migliorare il nostro modo di vivere e la quotidianità di oggi basata troppo su un certo tipo di pensiero  chiuso o comunque pensando che cose basilari non siano “normali” come ad esempio l’omosessualità che è molto discussa in questi  ultimi anni. C’è un profondo disprezzo nei rapporti omosessuali ed è  sbagliato perché siamo tutti uguali. Inoltre viviamo anche con un certo tipo di stereotipi che ormai nel 2021 dovrebbero essere  inesistenti, invece c’è ancora gente che pensa che le donne  debbano stare a casa a curare i figli piuttosto che, se ti vesti in un  certo modo te la vai a cercare e tutti questi tipi di pensieri ignoranti  a mio parere che rendono questo mondo un ambiente  assolutamente privo di sapere e di conoscenza.

(Margot)

19

Quali colombe dal disio chiamate 

con l’ali alzate e ferme al dolce nido 

vegnon per l’aere dal voler portate

20

 

 

 

Come due dolci colombe dal delicato volo, Paolo e Francesca giungono a Dante. Questa risulta essere un’immagine particolarmente evocativa, ma presenta in sé anche una diabolica astuzia.Le colombe, infatti, rappresentano lo Spirito Santo, ma in epoca classica erano compagne di Venere e simbolo di lussuria. Ho scelto questi versi poiché sono quelli che più mi hanno commosso. Rappresentano l’essenza dell’amore eterno, che va oltre la morte. Contengono grande dolcezza e sentimento, tragedia e passione.

(Maria Chiara)

21

 

M’apparecchiava a sostenere la guerra

sì del cammino sì della pietate

che ritrarrà la mente che non erra

22

 

 

Ho scelto questa terzina del secondo canto perché penso che sia un’ ottima introduzione al viaggio nel primo regno ultraterreno: Dante è consapevole che attraversare l’Inferno sarà difficile e soprattutto spaventoso, ma è determinato a proseguire con coraggio, così da poter scrivere della sua
esperienza. Mi piace anche perché l’ultimo verso lascia intendere come Dante riponga molta fiducia nella sua memoria, come se avesse preso consapevolezza del suo ruolo di profeta e fosse deciso a soddisfare le aspettative di chi glielo ha assegnato: Dio. Inoltre l’uso della parola “guerra” per
indicare un conflitto interiore ( la fatica e l’angoscia) mi ha colpito molto.

(Beatrice N)

23

Quivi sospiri , pianti e alti guai

risonavan per l’aere senza stelle,

per ch’io al cominciar ne lagrimai.

24

Questa è una delle terzine che mi ha colpito di più tra quelle che abbiamo letto dei vari canti, soprattutto per il suo significato , che si ricollega un po’ al carattere e al comportamento dei ragazzi.

In queste tre righe è espresso esattamente lo stato d’animo di quasi tutti noi però in modo più poetico infatti ,quando dice pianti e forti lamenti risuonavano per l’aria priva di stelle può riferirsi ai momenti di depressione e solitudine che sono seguiti da pianti.

A noi ragazzi infatti capita spesso di trovarci in queste situazioni, a ripensare e a immaginare tutto quello che è successo e che capiterà e sentirci improvvisamente soli , soli al mondo.

Mi ha colpito anche il modo in cui è stata scritta questa terzina, perché Dante è riuscito a rendere bella una cosa triste.

(Angelica)

25

 

 

 

 

 

Amor, ch’a nullo amato amar perdona,


mi prese del costui piacer sì forte,


che, come vedi, ancor non m’abbandona

26

 

 

Ho scelto questa verso, perché innanzitutto è uno dei miei gironi infernali preferiti e forse anche quello in cui mi potrei rispecchiare di più, essendo una persona che alcune volte si lascia trasportare un po’ troppo dai sentimenti sia positivi come l’amore o negativi come la rabbia.
Ho trovato questa terzina molto interessante per la frase “amor, ch’a nulla amato amar perdona” che parafrasata vuol dire “ L’amore che non permette a nessuna persona amata di non ricambiare” perché Dante prende questa frase dal trattato d’amore di Andrea Capellano in cui elenca delle regole sul amore.

(Gianluca)

27

 

 

 

 

 

 

la bocca mi basciò tutto tremante

28

 

 

Subito da quando l’abbiamo letto in classe l’intero canto mi ha colpito, perché si parla dei lussuriosi i peccatori che secondo me hanno compiuto il peccato più bello. Perché bello? perché si tratta di amore, sì ci sono anche la passione e la lussuria, ma mi ha colpito molto l’amore segreto e travolgente di Paolo e Francesca .
Se ritorniamo al verso : “la bocca mi basciò tutto tremante”, cioè mi baciò sulla bocca tremando per l’eccitazione, essi hanno obbedito ad un sentimento il più dolce e il più naturale e mi ha fatto ricordare.

(Martina)

29

Considerate la vostra semenza:

fatti non foste a viver come bruti,

ma per seguir virtute e canoscenza

30

 

Questa terzina mi è rimasta impressa per la sua estrema attualità. Questi versi mi fanno pensare a tutte le persone che pensano e agiscono come animali, non usando la propria razionalità: episodi di misoginia, transfobia, omofobia, razzismo e xenofobia riguardano una piccola parte di persone che hanno scritto in passato e che stanno scrivendo ora le pagine più oscure della storia di questi secoli.
E pensare che Dante scrisse questa terzina nel XIV secolo…
Inoltre questa terzina mi fa pensare alle persone che, dall’altra parte, danno il buon esempio e cercano di sostenere e di fare rispettare i propri diritti.

(Giorgia)

 

31

 

 

 

 

 

 

consumai la ‘mpresa che fu nel cominciar cotanto tosta

32

È proprio in queste parole che personalmente riesco a percepire il contenuto edificante dell’immenso percorso simbolico compiuto da Dante. Il concetto di percorso simbolico in cui troviamo una qualsiasi tipologia di progresso o cambiamento nella divina commedia si rispecchia persino nella vita reale; molteplici sono i contesti che riusciamo a collegare a questo importante concetto, dove si sperimenta l’errore, si espiano le proprie colpe (a questo proposito possiamo fare riferimento al concetto di lealtà e giustizia ) e infine, in antitesi al raggiungimento del paradiso dantesco, si raggiunge un “successo”, un fine, uno scopo, a seguito di un nostro desiderio o di una nostra attività qualsiasi. Devo dire che all’interno di questo percorso mi ritrovo nella vita reale, mi ritrovo io così come si ritrovano molti altri individui, che necessitano mi modificare la propria vita. A questo proposito desidero collegarmi a quella espressione, ” prendere in mano la propria vita “, che spesso usiamo quando dobbiamo gestire al meglio la nostra stessa vita e colmarla di traguardi raggiunti e successi. In sostanza per questo motivo mi ritrovo in questo verso dantesco così come lo ritengo estremamente importante e soprattutto da ricordare come uno dei versi più memorabili della prima cantica.

(Massimiliano)

33

 

 

 

 

 

Li occhi ha vermigli, la barba unta e atra, 

e ’l ventre largo, e unghiate le mani; 

graffia li spirti, ed iscoia ed isquatra.

                         

34

Ho scelto questa terzina perché ho apprezzato molto la descrizione di Cerbero. In generale tutto il canto mi è piaciuto per questa atmosfera descrittiva che crea un’ambientazione cruda e di macabra sofferenza, ma in particolare questa terzina mi è rimasta in testa. È una descrizione secondo me sia fisica che caratteriale, perché tramite aggettivi con un accezione negativa ci dà un’immagine reale di come poteva essere questa bestia, ma anche di come si comportava. È una cosa che facciamo quasi inconsciamente, alla fine l’abito in parte fa il monaco, almeno in parte; già nel primo verso della terzina abbiamo una descrizione fisica nemmeno completa, parla degli occhi di fiamma e del pelo unto, già ci crea un’idea non piacevole o rassicurante, e la conferma ci viene poi data nel terzo verso. Inoltre è molto sottolineato il lato bestiale, brutale e primitivo di questa figura che ben si sposa con l’ambiente dove i golosi abbuffatosi in vita come bestie ora sono costrette a strisciare come tali.

Quando leggo e incontro atmosfere o personaggi, così  inquietanti o macabri rimango sempre affascinata e in realtà non so spiegare il perché. Forse perché una descrizione cruda mi sembra più reale, più verosimile, ma non ne ho la certezza. Credo che rimaniamo spesso  più colpiti da ciò che non ci piace, per lo meno a primo impatto. Insomma “Li occhi ha vermigli, la barba unta e atra”  non è esattamente un’immagine piacevole. Ovviamente nell’Inferno non mi aspetto un’atmosfera celestiale o idilliaca, ma penso sia stato il girone che mi ha colpito di più dal punto di vista descrittivo.

Alla fine l’importante non è se qualcosa ci ha colpiti in maniera positiva o fortemente negativa, l’importante è che lasci qualcosa, come diceva Wilde: C’è al mondo una sola cosa peggiore del far parlare di sé: il non far parlare di sé…

(Alice C.)

 

35

 

 

 

 

 

La bocca mi basciò tutto tremante.

Galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse:

quel giorno più non vi leggemmo avante

36

Questa è la terzina a cui sono più legata e che mi ha attratta di più tra quelle che abbiamo letto. La storia d’amore tra Paolo e Francesca mi ha sempre affascinato…sapere che il loro amore è arrivato oltre la morte, che li ha portati ad essere legati per sempre e a patire la pena del peccato da loro commesso per l’eternità. Questa terzina credo racchiuda il sunto degli ultimi attimi della loro vita e dello sbocciare del loro amore in un momento iniziale ricco di immagini ed emozioni dolci e serene suscitate  dalla lettura del verso: la bocca mi basciò tutto tremante. Quest’ultimo inoltre mi trasmette una forte emozione, il nascere di un sentimento tra due persone, una cosa ormai normalissima ed è incredibile come questo bacio così innocente, ma ricco di sentimenti venga a diventare l’arma del delitto e la tomba di entrambi. Un momento secondario per cui vediamo il romanzo de Lancillotto fare da intermediario fra Paolo e Francesca, portando alla nascita tra i due di un forte sentimento d’amore puro ed innocente.Infine un momento di dolore, di mistero, la fine e la sofferenza suscitata dall’ultimo verso: quel giorno più non vi leggemmo avante’ che esplica la ipotetica via verso la fine dei loro giorni e la fine di quell’amore proibito. Mi sorprese all’inizio come effettivamente Paolo e Francesca fossero uniti nello scontare la loro pena, venendo trascinati assieme qua e là dalla bufera, senza essere separati.Questa cosa mi colpì dato che comunque il loro peccato e il finire per essere collocati all’Inferno nel girone dei lussuriosi era stato a causa della loro effettiva unione. Io preferisco pensare che siano uniti perché nel loro commettere peccato hanno dimostrato di provare un sentimento puro e sincero nei confronti l’uno dell’altro, talmente forte e talmente potente da unirli per l’eternità.

(Michela)

37

Fama di loro il mondo esser non lassa;

misericordia e giustizia li sdegna:

non ragioniam di lor, ma guarda e passa.

38

La famosa terzina del III canto rappresenta per me un importante tratto della personalità di Dante che condivido, ma anche un ricordo prezioso, infatti fu proprio nei discorsi di mio nonno che sentii per la prima volta una citazione dantesca: era il periodo della scelta per la scuola superiore ed io essendo l’ unico della mia classe ad aver scelto il liceo artistico non me la stavo vivendo benissimo tra l’insicurezza e l’ ansia della scelta con l’aggiunta degli ovvi commenti sulla validità della scuola.

Così quando raccontai quello che stava succedendo a mio nonno, lui mi fece un lungo discorso sui pareri delle persone  e di quanto dovessi darne peso, dicendomi precisamente la frase del poeta non ragioniam di lor, ma guarda e passa.

Da quel momento non ho più ascoltato i giudizi riguardanti la mia scelta di fare una scuola artistica e ringrazio ancora il giorno in cui appresi quella lezione, perché senza quella rassicurazione avrei cambiato scelta e non avrei continuato a fare quello che mi piace di più.

Chi non sceglie nella propria vita resta immobile, non imparerà mai (spesso anche dagli errori che sono conseguenza delle proprie scelte)  e non crescerà come persona.

Spesso le decisioni che prendiamo hanno il fine di farci avvicinare a ciò che più desideriamo in quel momento, la persona che sceglie la immagino come un uomo in mare che per avvicinarsi ad un’isola deve decidere dove andare e nuotare verso di essa, gli ignavi invece si fermerebbero e al massimo si farebbero trascinare dalle correnti senza mai decidere qualcosa di propria iniziativa sperando solo di arrivare sulla terra tramite un aiuto esterno.

Insomma penso che per essere considerati in vita o essere ricordati dopo la morte ogni persona debba decidere cosa fare distinguendosi e facendosi riconoscere oppure, come dice proprio Dante, il mondo non lascerà che ci sia di loro alcun ricordo.

(Mattia)

39

 

 

 

 

 

Ché se la voce tua sarà molesta

nel primo gusto, vital nodrimento

lascerà poi, quando sarà digesta

40

Il viaggio di Dante mi ha fatto ricordare l’esperienza di Liliana Segre nel campo di sterminio di Auschwitz. Dante, prima di giungere al Paradiso e successivamente ritornare al mondo terreno, ha dovuto attraversare l’Inferno dove vide le anime dannate in un continuo tormento. L’inferno di Dante dunque può essere paragonato all’inferno che la Segre ha vissuto per un anno. Inoltre il messaggio dell’autore e della senatrice hanno la stessa funzione cioè quella di un messaggio salvifico: il messaggio di Dante consiste nella redenzione, mentre il messaggio della Segre consiste nel ricordare e fare in modo che quei tragici eventi che successero in passato non possano riaccadere. Purtroppo questo messaggio non viene ascoltato da tutti, dato che ancora oggi ci sono persone che negano ed ignorano quello che è stato, d’altronde come sono state le parole di Dante al primo ascolto delle persone.

(Alessandro)

41

Amor, ch’a nullo amato amar perdona,


mi prese del costui piacer sì forte,


che, come vedi, ancor non m’abbandona

42

Dante nella Commedia descrive il peccato umano senza pietà o empatia, come è giusto che un giudice imparziale faccia. Tuttavia l’ascoltare il racconto di Paolo e Francesca, una storia ricca di amore e di una passione irreprensibile, un tradimento passionale, per quanto immorale e sbagliato, provoca in Dante un forte senso di compassione.
L’amore è una sensazione, l’amore fa scomparire la razionalità e la ragione, l’amore ti fa mettere al primo posto i bisogni dell’altra persona, fa scomparire i problemi e ti fa galleggiare, la passione è come una scintilla, adrenalina pura, è un fuoco che ti scalda il cuore. Tuttavia Dante sostiene che una persona amata non possa non ricambiare il sentimento, ma se fosse così semplice l’essere umano non soffrirebbe tanto per queste sensazioni. Spesso l’amore e la passione hanno una sola direzione, ma in caso contrario sono incontrastabili, è inutile cercare di reprimerle perché nessun ostacolo è troppo grande per non essere superato, proprio come nel caso di Paolo e Francesca.

(Gaia)

43

Infin che ‘l mar fu sovra noi richiuso

44

 

Attribuisco a questo verso due diversi significati.

In primo luogo una connotazione molto positiva: l’essere accolti dalle proprie passioni dopo una stremante fatica. Il richiudersi delle acque lo vedo come il tuffarsi in un’attività piacevole, lasciandosi alle spalle un’esperienza negativa ormai passata.

Il verso, però, può anche avere un significato pessimista. Può significare anche l’abbandonarsi e il richiudersi in sé stessi, distaccandosi dal mondo e dagli avvenimenti circostanti. Questo mi ricorda un difetto del mio carattere che sto cercando di cambiare: in momenti di difficoltà tendo ad isolarmi e a diventare quasi impassibile, specialmente quando sono da sola, ciò mi provoca una sensazione simile a quella che si sperimenta quando si è sott’acqua e non si riescono a sentire le voci e gli eventi che accadono in superficie.

(Beatrice B.)

45

Amor, ch’a nullo amato amar perdona,


mi prese del costui piacer sì forte,


che, come vedi, ancor non m’abbandona

46

 

 

 

Ho scelto questa terzina, perché penso che l’amore sia una cosa fondamentale nella vita di ogni persona. L’amore non è solo per il proprio partner, ma per gli amici, per gli animale e le cose che ci appassionano in generale. Penso anche che l’amore non sia solo per persone del sesso opposto, ma anche per persone dello stesso sesso e che sia un sentimento meraviglioso in ogni caso.

(Alice Bossalini)

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