I PRIMI FILOSOFI RAZIONALI by MATH - Illustrated by Mattia Cei - Ourboox.com
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I PRIMI FILOSOFI RAZIONALI

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Artwork: Mattia Cei

  • Joined May 2021
  • Published Books 3

CARTESIO

 

E’ un filosofo francese importantissimo, che lasciò il segno nell’ambito del piano cartesiano. Cartesio appartiene alla piccola nobiltàm inizia a studiare al collegio gesuitico, e i gesuiti avevano molto potere nell’ambito dell’istruzione. L’ambiente culturale era molto vivace, frequentato da molti intellettuali. I metodi e le regole erano molto rigidi, e Cartesio visse male questo fenomeno. Cartesio soffre per un sentimento di insoddisfazione nei confronti di quello che studiava, ovvero scienze e filosofia, e successivamente consegue la laurea in diritto. Preso dall’insoddisfazione si arruola nell’esercito, dove combatte anche la guerra dei 30 anni, viaggiando, di conseguenza. Lui era molto inquieto, cercava qualcosa per placare la sua insoddisfazione. Ha un’illuminazione una notte, e sogna il metodo. Dopodichè fa un voto: se nella vita sarebbe riuscito a portare avanti il suo metodo, avrebbe attuato un lungo viaggio. Cartresio era molto religioso. Sceglie l’Olanda come luogo per vivere, ci resta per 20 anni, scrive molto, e poi si trasferisce alla corte di Cristina di Svezia, che amava chiacchierare di filosofia al mattino presto all’aria aperta. Cartesio, non abituato al clima freddo svedese, muore dopo un anno.  RICORDARE: discorso sul metodo (nesce come prefazione di altri testi, ma si considera un testo). Geometria (parla del piano cartesiano). Dimostrazioni metafisiche. Principi della filosofia. Passioni dell’anima. La sua epoca è quella in cui entrano in crisi molte idee, come il sistema tolemaico, e pertanto cerca un metodo che gli permetta di trovare la verità. Secondo lui, è fondamentale trovare un metodo che dia la certezza. Il discorso sul metodo, è scritto in prima persona, individua 4 regole  he possono sembrare banali ma non lo sono:

-l’evidenza: è vero ciò che si presenta alla mente chiaro e distinto. L’evidenza deve essere risultato di un atto intuitivo.

-analisi: quando affrontiamo un problema, dobbiamo scomporlo in varie parti, per usare il criterio di evidenza nelle singole parti.

-sintesi: queste piccole parti vanno ricomposte in maniera coerente, e l’oggetto della mia ricerca sarà anche compreso.

-enumerazione della revisione: quando ho finito devo ricontrollare i passaggi che ho fatto.

La matematica ha un ruolo centrale nella sua visione, la lettura dei fenomeni è sempre atteaverso le leggi matematiche.

Cartesio è chiamato il filosofo del dubbio, il punto di partenza del pensare cartesiano è che il sapere umano non è certo, e il suo obiettivo non si deve basare sulle credenze umane, ma neppure sulle certezze del passato. Devo dubitare di tutto, ad esempio il sistema tolemaico, seppure falso, era dimostrato da leggi matematiche e creduto per millenni. Pertanto, Cartesio utilizza il dubbio metodico. La matematica, secondo Cartesio, potrebbe essere oggetto di dubbio, facendo nascere il dubbio iperbolico. Da questo momento nessuna conoscenza può dirsi immune al dubbio. Lui vuole raggiungere il punto archimedeo. (Datemi un punto d’appoggio e solleverò il mondo, implica che c’è un punto di riferimento fisso. ). COGITO, ERGO SUM: io non posso essere certo di quello che penso, ma, certamente, se penso, allora esisto. L’unica cosa evidente e che non contempla dubbi, è il fatto che, essendo un  essere pensante, io esisto, dice Cartesio. Cartesio non ha mai messo in dubbio 

 

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il dubbio. Cartesio divide tutto in due parti, una è la realtà pensante, e la logica è, secondo lui, comune a tutti. Ogni forma del sapere si deve fondare sulla ragione. Le idee sono innate, avventizie o fittizie. Le idee innate non sono create dal soggetto, ma neanche dal mondo esterno, quindi sono parte della mente dalla nascita. Sono conoscenze certe, da wui partire per formare conoscienze certe. Le idee fittizie sono toralmente prive di certezza. Le idee avventizie, provengono dall’esterno. Il cogito è la prima verità certa su cui fondare ogni tipo di ricerca. L’idea di Dio è innata (riprende il pensiero di sant’Anselmo).

Le idee, secondo Cartesio, possono essere avventizie, poi ci sono le vie fittizie, prodotte dalla mente, e quelle innate, che non si può aver creato, nè derivano dal mondo esterno, ma sono parte della mia mente a pratire dalla nascita. Solo da queste idee bisogna partire per le indagini. L’idea di Dio, secondo lui, è l’idea innata per eccellenza. Credere in Dio è parte dello studio per Cartesio, Dio è la garanzia della verità, pertanto Cartesio può essere apprezzato o odiato. Secindo Cartesio, Dio è infinito, perfetto, giusto, invece l’uomo è infinito e imperfetto. Se l’idea fosse un’idea da noi creata, se noi avessimo avuto l’idea della perfezione, la avremmo messa in noi, mentre è un’idea innata, che noi non abbiamo creato. L’idea di perfezione, deve venire da un essere perfetto, altrimenti come faremmo ad averla? Cartesio era così ossessionato dal dubbio arrivare credere che ci fosse il genio maligno che gli facesse credere a cose false, ma l’idea di Dio annulla quella del genio maligno perchè Dio non può averlo creato, dato che è maligno. L’idea di Dio è la garanzia che la ragione umana esiste. Questa ragione umana è ciò su cui l’uomo deve fondare la sua indagine della verità, la mente umana si deve basare sul cogito, e Dio ne è il garante. Ma allora, perchè l’uomo, quando indaga, può sbagliare? Cartesio spiega che cadiamo nell’errore quando usiamo male la ragione, quando non seguiamo un metodo certo, e l’uomo tende ad adagiarsi sulle certezze acquisite che gia ha, inoltre spesso fa coincidere le cose nuove che scopre in qualcosa che sapeva gia. L’uomo va in errore anche perchè si spinge oltre a quello che è di sua competenza, spesso quando un uomo indaga pensa di riuscire ad arrivare alla conclusioni senza scomporre il problema in tanti più piccoli problemi. Il dubbio metodico porta Cartesio a chiedersi se il mondo esterno esiste, mettendo ciò in dubbio. Dio è garanzia che il mondo esterno esista, l’uomo possiede le facoltà sensoriaòi ed immaginative, che Dio gli ha fornito. L’uomo, inoltre, sa distinguere idee innate riferite al mondo esterno, ad esempio l’idea di estensione, su cui si riferisce la geometria. Ovviamente, le facoltà intellettuali, sensoriali ed immaginative devono sottostare ai principi di chiarezza e distinzione. La visione dualista di Cartesio divide le cose in res cogitas, la ragiune umana, e res extensa, che è la materia. Per indagare la realtà senza fare errori, bisogna affidarsi al metodo. Queste due realtà sono totalmente distinte e indipendenti, e Cartesio ha una posizione diversa da quella di Bacone: Bacone ad esempio fa molto affidamento sull’esperimento, invece Cartesio sostiene che il metodo sperimentale ricorre ai sensi, e quindi non lo ritiene un metodo abbastanza attendibile. La conoscenza specifica, per lui, si deve affidare a ragione e idee innate, quelle conoscenze che resistono senza ombra di dubbio al dubbio, come ad esempio la matematica. Occupandosi di fisica, Cartesio nega l’esistenza del vuoto, spiegando che il vuoto in realtà è etere, e che tutto l’universo è materia in movimento. Questo movimento viene da Dio ,che lo ha messo in moto. Cartesio applica dei principi, ad esempio quello d’inerzia, di conservazione, o certe considerazioni sul moto rettilineo. (la quantità di moto in un sistema solato è uguale nel tempo, quindi il moto che Dio ha dato all’universo è rimasto lo stesso). La fisica cartesiana è dominata dal meccanicismo, conducendo tutte le differenze qualitative a differenze quantitative. Cartesio prende in considerazione il rapporto causa-effetto per interpretare la natura. Arrivati a questa conclusione, teniamo presente che Dio mi garantisce che sto facendo bene. Cartesio crea la geometria analitica e il piano cartesiano, conciliando l’aritmetica e l’algebra arabe e la geometria greca. Un filosofo meccanicista come Cartesio ritiene che i corpi umani e animali sono come macchine, e per lui la biologia è parte della fisica. Cartesio attribuisce agli umani l’anima, mentre gli animali li considera come cose. La rex estensa è il corpo dell’uomo, la rex cogita il suo pensiero. Cartesio scrive il trattato dell’uomo, parlando della circolazione sanguigna e mettendola in correlazione con il sistema respiratorio, riconoscendo che le vene e le arterie arrivino dovunque nel corpo, per portere l’ossigeno. Egli definisce la ghiandola pineale sede dell’anima, e attribuisce ad una fitta rete di

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arterie di passare gli stimoli tra anima e corpo. Catesio scrive le Passioni dell’anima, dove divide le azioni (che dipendono dalla rex cogita) dalle passioni (che derivano dalla rex estensa). Per vivere bene, l’uomo non deve farsi travolgere dalle emozioni. Secondo Cartesio bisogna obbedire alle leggi e alle tradizioni del paese in cui si vive, comprese le religioni, inoltre per vivere bene si deve portare fino in fondo le prorpie decisioni (nella scienza c’è il dubbio, nella vita non deve esserci), infine dice che vincere sè stessi è più importante che vincere i desideri del resto del mondo, bisogna accettare la realtà che ci circonda, l’uomo può avere aspirazioni e progetti solo per la scienza.

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SPINOZA

La vita di Baruch Spinoza è breve ma intensa. Egli fu uno dei primi pensatori che diede degli spunti di riflessione sulla realtà. Nasce ad Amsterdam da una famiglia di origini ebraiche nel 1632, in una nazione molto tollerante dove poter esprimere le proprie idee liberamente. Loro erano una famiglia colta e benestante. Studierà presso un ex gesuita, e leggerà Bacone, Cartesio e i suoi contemporanei, venendone influenzato. Spinoza non nasconde di essere molto in disaccordo con tutti quei provvedimenti della controriforma che, come gli indici di libri proibiti, opprimevano la libertà di pensiero. Spinoza è contro una visione antropomorfa di Dio, mette in evidenza delle incongruenze storiche nei testi sacri. Secondo lui, in tutte le religioni il Dio non può avere caratteristiche umane, come anche l’arrabbiarsi, l’amare, il creare, il punire… L’uomo per Spinoza appartiene alla natura, non ne è privilegiato. Cercarono di far tacere Spinoza con dei soldi, tentarono di ucciderlo ed infine lo scomunicarono. Lui non si dispera anche se tutti lo abbandonano, perché questi elementi lo disturbavano. Si mantiene perché aveva imparato a mondare le lenti, lavoro con il quale si manterrà, e che aveva imparato per il precetto eroico che diceva che tutti dovessero imparare un mestiere manuale. Spinoza non ha mai accettato di scendere a compromessi, rinunciando ad una cattedra in Germania, consapevolmente che avrebbe dovuto rimanere nei limiti del sapere istituzionale, egli voleva essere un pensatore libero. Tra i suoi libri più importanti, ne pubblica uno solo, che è il trattato teologico politico, nel 1660, sostenendo la libertà di pensiero e di culto, e per sicurezza mette un luogo di pubblicazione errato. Questo libro ricevette molte critiche, ma anche molti elogi. Appena muore, i suoi amici pubblicano l’etica e il trattato sull’emendamento. Nel 1677 muore di tubercolosi. Spinoza è di certo un uomo libero, moderato, senza passioni, e definisce la filosofia come via per essere felice. Per Spinoza, la filosofia è uno stile di vita, il suo stile di vita. Il discorso sul metodo spinoziano parla della concezione della filosofia per Spinoza, secondo lui la filosofia deve condurre l’uomo alla conoscenza del fatto che la mente, la natura e la realtà di ciò che ci circonda è tutta un’unica cosa. La filosofia deve farci capire le connessioni che mettono in rapporto l’essere dell’uomo con l’essere dell’universo, l’uomo è solo un frammento della totalità. Per comprendersi, l’uomo deve comprendere di essere parte di questo tutto. Pertanto, il tutto, l’essenza, l’essere, è composto da infinite parti, e una di queste è l’uomo.  Bisogna avere il vero bene, che permette di capire che la realtà, la sostanza, è una sola, ed è composta di tante altre. Secondo lui ci sono delle regole da seguire nella vita, ad esempio il dover approfondire certi determinati argomenti, bisogna parlare in modo che tutti possano comprendere, che quello che dice sia accessibile solo a pochi, e due regole che invitano, in linea con la personalità di Spinoza, a godere con moderazione dei beni materiali e dei piaceri, che potrebbero distogliere la nostra attenzione. Egli fu infatti una persona molto contenuta. Dell’Etica, e spiega che va dimostrata, infatti il testo è scritto per unti, con assiomi e deduzioni, seguendo il metodo deduttivo geometrico. Spinoza ha infatti studiato Cartesio, e riconosce res cogita, res extensia e res divina, da cui dipendono le altre due. Spinoza spiega che la sostanza è una sola. (Dicendo Dio, non intende il Dio delle religioni, ma può intendere la sostanza, l’essere, la natura, la totalità dell’essere, pertanto la realtà è Dio, ed è infinito, causa di se stesso, e res cogita ed extensia: questa incongruenza si spiega dicendo che res cogita e res extensia sono attributi infiniti della infinita sostanza di Dio. Dio come rende tutto, è la realtà, e res cogita ed extensia sono due infiniti attributi di Dio.). Effettivamente, Spinoza sceglie un termine (il termine Dio) che appartiene alla storia dell’umanità, ed è parte di una versione umanitaria di Dio. Espressione di Spinoza: Dio o natura (tutto è natura, tutto è Dio, tutto è ragione). Dio è una sostanza unica e infinita di infiniti attributi ognuno di essi infiniti: questa è la definizione di Dio secondo Spinoza. Dio è causa di sé stesso. Dio è, attività. Gli attributi sono dimensioni infinite dell’essere di Dio. Differenze con Cartesio: il punto di partenza di Cartesio è il cogito, la certezza dalla quale sviluppa il suo pensiero. (Secondo Spinoza, però, res cogita e res extensia sono gli unici attributi di Dio che possiamo distinguere 8Dio ha infiniti attributi, non solo questi due, ma possiamo concepire solo questi due, perché ne facciamo parte.).

4/2/2020

Eravamo arrivati a dire che Spinoza parte dal pensiero di Cartesio, e dice che la divisione di Cartesio di Res cogita ed Extensia che sta nella res divina, è una concezione che va superata.

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Spinoza concepisce un Dio che non è il dio religioso, ma è “tutto, infinito, totalità dell’essere, dio è sinonimo di natura” (definendo in questo modo Dio si prende dei rischi). Dio è sostanza unica infinita composta da infiniti attributi che esprimono l’essenza eterna e l’infinità di Dio, sono le dimensioni infinite dell’essere di Dio. Di questi attributi, ne possiamo comprendere due: estensione e peensiero, perchè noi siamo parte di questi attributi. Il punto di partenza di Spinoza parte da questo presupposto, invece che dal cogito e dalla res cogita come secondo Cartesio. Importante è tener presente che, nella filosofia di Spinoza, res cogita e res extensia sono due attributi distinti ricondotti nell’unità dell’essere Dio. Da Dio sostanza deve essere dedotto tutto il resto. Parlando di sostanza, Spinoza spiega che la sostanza agisce incondizionatamente, cioè prer sola necessità della sua natura, liberamente. Dio è causa di sè stesso, la sua essenza è costituita dal suo essere, non è causata da altro che non sia sè stessa. (ricorda: la sostanza è dio). Solo la sostanza è incondizionata, le singole parti della sostanza non lo sono, pertanto il libero arbitrio è un’illusione, noi pensiamo di essere nel libero arbitrio, ma siamo invece inevitabilmente influenzati. Lui spiega che in uno Stato debba esserci libertà di pensiero, perchè politicamente e religiosamente ognuno deve avere il suo parere, ma nella nstra esistenza siamo condizionati da un tutto, da qualcosa che ci ha preceduto o ci circonda. La sostanza, agendo incondizionatamente, agisce necessariamente, viene da sè che c’è una perfetta idnetità tra necessità e libertà. Liberamente e necessariamente si identificano. La sostanza, che agisce solo per la sua natura, agisce necessariamente per la sua natura. La libertà della sostanza equivale alla sua necessità, la libertà della sostanza è il suo agire incondizionato, è un agire necessitato dalla sua natura. Ora c’è un punto molto importante: la sostanza è causa di sè stessa e causa immanente di tutti gli altri enti, causa immanente vuol dire non separabile, insita nella causa stessa, quindi le cose che derivano necessariamente ed eternamente dalla sostanza, cioè gli attributi infiniti, dai quali derivano i modi infiniti dai quali derivano i modi finiti, sono inseparabili dalla sostanza stessa. Quindi, la realtà è perfetta, perchè non può essere diversa da così, deriva da Dio perfetto e infinito, non si può cambiare, se la sostanza è perfetta, e la realtà deriva dalla sostanza, allora come potrebbe la realtà essere non perfetta?  Spinoza è anticonformista, e discsta totalmente dalla tradizione cristiana e giudaica, e si parla di un autore di origine ebraica. Spinoza nega ogni tipo di (teleologia), nega che dio abbia un fine, che l’uomo attribuisca a Dio, quindi alla sostanza, le sue caratteristiche, e poi, come puoi attribuire delle proprietà a qualcosa che è perfetto?

Se la natura della quale Dio è causa immanente avesse un filo da perseguire, non sarebbe perfetta, perchè la perfezione sarebbe quel fine, invece la perfezione è la sostanza, la perfezione è dio. Tutto è Dio.

Spinoza pone Dio come unica sostanza, da cui procedono necessariamente ed eternamente infiniti attributi. Visto che Dio non è un creatore, ma causa immanente delle cose, Dio ha la caratteristica di essere infinito, eterno e lerfetto, quindi lo sono anche gli attributi che eternamente procedono da lui. Di questi attributi che procedono eternamente e necessariamente, noi percepiamo solo il pensiero ed estensione, perchè ci appartengono, perchè noi siamo pensiero ed estensione. Questi due attributi sono distinti, ma non separati, perchè sono uniti nella sostanza. Abbiamo così la base di ogni tipo di scienza, nella sostanza ci sono pensiero ed estensione, sono queste le basi della scienza che ci permettono di sviluppare il pensiero su una cosa. Dio è infinito pensiero ed infinita estensione in egual modo. I modi sono determinazioni degli attributi, da Dio sostanza unica, eterna, perfetta, derivano gli attributi infiniti, da cui derivano i modi infiniti, da cui derivano i modi finiti. Dall’attributo infinito del pensiero deriva lontelletto infinito e la volontà infinita, dall’estensione i modi infiniti di movimento e quiete. Quindi, Dio, che è sostanza unica, con i suoi infiniti attributi, si chiama Natura Naturans, cioè causa necessaria immanente della realtà, la realtà invece è Natura Naturata. Tutto è Dio. Non c’è un passaggio che spiega come derivano i modi finiti dagli infiniti. Per Spinoza, non c’è un dualismo corpo e mente, perchè il corpo e la mente sono unite nell’uomo, essendo tutto unito anche nella sostanza. L’essere umano è fatto unitamente da corpo e mente, secondo Spinoza. Sono due facce della stessa medaglia. I corpi sono modi dell’attributo estensione e la mente, i pensieri, sono modi dell’attributo pensiero. Ordo idearum=ordine delle cose, ordo rerum=ordine dei pensieri. Tutto ciò che accade, accade a causa di un ordine necessario.

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Dato che la sostanza è una sola, ma si esprime tramite modi e attributi infiniti, Spinoza spiega che c’è una corrispondenza perfetta tra come si sviluppano l’ordine del pensiero e l’ordine delle cose, e questa corrispondenza c’è da sempre. Questi due ordini coincidono perché pensieri e cose sono uniti tra loro. Quindi, quest’unità di pensiero ed estensione pone una rete infinita di cose, e questa rete pensa di avere il libero arbitrio, dato che l’uomo pensa di averlo, ma non lo ha, perché l’uomo non ha il libero arbitrio, ma è influenzato della sostanza, La libertà che pensiamo di avere è un’illusione, perché solo la sostanza è veramente libera, la mente e il corpo sono condizionabili. Ci sono tre livelli di conoscenza, passando attraverso ad essi si raggiunge la conoscenza perfetta.

1)conoscenza empirica e sensibile, la conoscenza delle singole cose, senza relazione tra di loro, confuse.

2)conoscenza razionale, adeguata ma non ancora perfetta, però permette di fare connessioni di causa effetto tra le cose.

3)Conoscenza intuitiva, immediata, che ci fa capire immediatamente la coincidenza tra Dio e sostanza, che ci fa capire che le cose sono in Dio e che Dio è nelle cose.

Amore intellettuale di Dio.

Spinoza dice che, quando l’umanità giunge a questi tre livelli di conoscenza, ci sono 4 conseguenze:

1)quando capisco che tutto è manifestazione di Dio, il mio sentirmi partecipe della natura divina mi porta ad agire sempre più perfettamente, perché più mi avvicino a Dio e più lo conosco.

2)raggiungo la consapevolezza che quelle cose che nella vita sembrano sfortuna non vanno vissute con patemi d’animo, perché, derivando da Dio, son giuste.

3)Devo smettere di provare sentimenti negativi verso gli altri, dovrei capire che sono parte necessaria della manifestazione di Dio.

4)Questa consapevolezza dovrebbe far si che ogni persona sia governata e diretta, per compiere quello che è necessario. L’uomo, quando concepisce la realtà della sostanza unica, diventa una persona migliore e felice.

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LEIBNIZ

 

VITA

Leibniz nasce a Lipsia nel 1646, e si laurea in giurisprudenza.

Successivamente, a Norimberga, Leibniz si avvia verso la ricerca naturalistica. Diventa consigliere del principe elettore di Magonza.
Nel 1672 viene inviato in missione diplomatica a Parigi, per distogliere il re Luigi XIV dal proposito di invadere l’Olanda e invogliarlo a conquistare l’Egitto. Qui Leibniz ha modo di conoscere gli uomini più famosi del suo tempo e di ampliare la sua cultura scientifica.
E’ in questo periodo che egli scopre il calcolo integrale che, sebbene già trattato da Newton, Leibniz elabora indipendentemente e più semplicemente.
In seguito, diventa bibliotecario del duca di Hannover, che gli affida numerosi incarichi, amplia le sue conoscenza e compie un lungo viaggio di tre anni in Germania e in Italia.
Sebbene proveniente da una famiglia protestante, Leibniz auspica inoltre la riunione tra la Chiesa protestante e quella cattolica, cosa che invece si rivela inattuabile.
Leibniz muore nel 1716.
Fu un uomo di grandi progetti e si dedicò a molti problemi. Le sue opere riguardano un po’ tutte le scienze à mente universale
Tra le sue opere più importanti ricordiamo “Saggio di teodicea”, che tratta della bontà di Dio, della libertà dell’uomo e del perché del male.

 

FILOSOFIA

Per Leibniz l’ordine del mondo esiste, tuttavia esso non è necessario: è libero ed organizzato spontaneamente.

Leibniz sostiene che nulla accade che sia assolutamente irregolare: se si tracciano dei punti a caso, esiste una linea costante che vi passa nell’ordine in cui la mano li ha tracciati. In una linea retta o circolare è per esempio possibile trovare l’equazione comune a tutti i loro punti, in virtù della quale tutti i mutamenti stessi della linea sono spiegati. Allo stesso modo è il mondo: in qualunque modo esso sia stato fatto da Dio, risulta sempre ordinato.

Per Spinoza, dunque, nel mondo c’è un solo ordine, che è Dio stesso. Per Leibniz, invece, il mondo è frutto di una scelta di Dio che, tra i vari ordini con cui poteva crearlo, ha scelto il migliore.
Questa conciliazione tra finalismo e meccanicismo è la stessa che Leibniz auspica anche in campo politico e religioso.

Verità di ragione e di fatto:

Leibniz sostiene che ordine non significa necessità, in quanto la necessità non esiste nel mondo reale, ma solo in quello della logica.
Nel mondo esistono due tipi di verità:
1) di ragione (esempio: il triangolo ha tre lati), che sono necessarie (ed infatti non riguardano il mondo reale). Esse ripetono nel predicato ciò che già si desume nel soggetto. Sono verità infallibili, e seguono il principio di identità e di non contraddizione. Tuttavia non dicono nulla riguardo la realtà esistente. Sono innate, e quindi non sono chiare e distinte, ma confuse. Sono piccole percezioni, come le piccole venature sulla statua di Ercole: bastano pochi colpi di martello ed esse sono delineate. Nel caso delle verità di ragione, il martello sarebbe l’esperienza, che riesce a renderle chiare e distinte, sebbene esse siano principi primi e quindi non derivano dall’esperienza.
2) di fatto: queste verità riguardano la realtà effettiva e non seguono il principio di non contraddizione, ovvero il loro contrario è possibile. Seguono però il principio di ragione sufficiente, il quale afferma che nulla si verifica senza che sia possibile fornire una ragione che basti a spiegare perché è così e non in altro modo.

 

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Queste verità esistono e, sebbene contribuiscano a creare l’ordine del mondo, non sono necessarie ma libere.

Ad esempio, perché tra tutti i mondi possibili questo è il solo reale? Il principio di ragione sufficiente di questa scelta di Dio e che accompagna questa verità di fatto è che tra tutti questo era il migliore possibile.
Esiste però anche una causa finale: se Dio ha scelto il mondo migliore, è per un fine.

 

La sostanza individuale:
Nelle verità di ragione, il soggetto è identico al predicato, e non si può perciò negare questo predicato senza contraddirsi.
Nelle verità di fatto, invece, il predicato può anche essere negato. Perciò il soggetto deve contenere la ragione sufficiente del suo predicato. Questo soggetto di una verità di fatto è chiamato da Leibniz sostanza individuale, la quale ha un significato così profondo da far dedurre, partendo dal soggetto, tutti i suoi predicati. E’ l’essenza stessa del soggetto, e i predicati si desumono dunque dalla sostanza individuale.
L’uomo, che non ha mai una nozione compiuta della sostanza individuale, è costretto a desumere dall’esperienza e dalla storia i predicati di una sostanza individuale.
Dio invece conosce la ragione sufficiente di tutti i predicati di tutti i soggetti del mondo, per cui sa in anticipo come ognuno di noi si comporterà nella sua vita. Questo non significa che ognuno di noi sia obbligato a fare certe cose, ma solo che Dio è certissimo che ci comporteremo in un certo modo poiché la nostra natura è quella e segue l’ordine voluto da Dio.

La forza:
Nel campo della fisica, Leibniz rinuncia alla costituzione atomistica della materia nel formulare la legge di continuità, secondo cui per passare dal piccolo al grande, bisogna passare attraverso infiniti gradi intermedi: il processo di divisione non può dunque fermarsi ad elementi indivisibili (atomi), ma deve procedere all’infinito.
Inoltre egli rinuncia a vedere nell’estensione e nel movimento – elementi della fisica cartesiana – gli elementi originari del mondo fisico. Per Leibniz l’elemento originario del mondo fisico è invece la forza, giacchè il principio dell’immutabilità della quantità di movimento di Cartesio risulta essere falso.
Ciò che resta invariabile non è infatti la quantità di moto ma la forza viva (cioè l’energia cinetica), pari alla massa per la velocità al quadrato.
La forza è la possibilità di produrre un determinato effetto.
Movimento, spazio e tempo, invece, non sono reali, ma enti della ragione. Ciò che è reale è solo la forza.
In altre parole, Leibniz accetta sì il meccanicismo cartesiano, e cioè il concetto che tutto si spiega in funzione di figura e movimento, ma capisce anche che esse fanno capo a qualcosa di superiore, che è appunto la forza.

La forza può essere attiva e passiva (quest’ultima è la massa del corpo, che fa resistenza alla forza attiva). La forza passiva, ridotta a forza, è dunque anch’essa incorporea. Tutto è dunque spirito, poiché tutto è forza. In questo modo Leibniz pone fine al dualismo cartesiano tra sostanza estesa e sostanza pesante.

La monade:
Leibniz, come dimostrato, sostiene che non vi è differenza tra res cogitans e res extensa, e dunque l’unico è l’elemento che compone sia il mondo dello spirito che quello dell’estensione.
Nel mondo metafisico l’essenza delle cose è la sostanza individuale. Ma anche i corpi fisici hanno una loro “forma sostanza” che corrisponde alla sostanza individuale: la monade.
La monade è un atomo senza pareti, privo di estensione e spirituale.
La monade è eterna e indispensabile: solo Dio può crearla o annullarla.
Ogni monade è diversa l’una dall’altra, e infatti in natura nessun essere è perfettamente identico. Questo principio è ciò che Leibniz chiama identità indiscernibili. Ora, le monadi non possono influenzarsi a vicenda, ma sono come mondi chiusi privi di “finestre”. Le altre monadi sono però presenti in ogni monade in modo ideale, al punto da essere “uno specchio vivente dell’universo”.
La monade possiede la percezione (anche senza la coscienza di percepire) e l’appetizione (cioè il tendere da una percezione all’altra). La coscienza della percezione è invece l’appercezione, e la possiedono solo le monadi più elevate.
Il grado di perfezione della monade dipende dai gradi delle sue percezioni. Per esempio Dio è superiore a tutte le altre monadi perché le altre monadi rappresentano solo un punto di vista del mondo: Dio, invece, tutti quanti. Inoltre li rappresenta con più chiarezza. Le altre monadi sono invece confuse, come in uno stato di delirio o sonno.
La memoria è posseduta anche dalle monadi animali. Anche loro possiedono un’anima infatti, seppure semplice. La RAGIONE è invece propria degli uomini.
Materia: Anche la materia è costituita dalle monadi, ed è perciò un aggregato di sostanze spirituali, e per questo infinitamente divisibile.

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E’ come un giardino di piante o uno stagno di pesci, solo che ciascun ramo di ogni pianta è ancora una volta un giardino.
La materia può essere seconda, quando si intende un aggregato di monadi e PRIMA quando si intende la potenza passiva (la forza di inerzia) presente nella monade. La potenza passiva, nelle monadi superiori (come l’uomo) sono le percezioni confuse.
Il corpo degli esseri è dunque la materia seconda, un aggregato tenuto insieme dall’anima (che è la monade dominante).
Anima e corpo seguono leggi indipendenti (l’anima segue il finalismo, mentre il corpo il meccanicismo) e si distinguono solo nella loro capacità di percepire.
Non è possibile spiegare come le azioni del corpo influiscano sull’anima e viceversa. Nasce allora il problema di determinare il rapporto tra anima e corpo.
Ma prima: come determinare la comunicazione tra le monadi, visto che le monadi sono finestre chiuse, senza possibilità di comunicare direttamente?
Questo è possibile perché le monadi sono anche legate insieme, perché ognuna è un aspetto del mondo, una rappresentazione meno chiara di tutte le altre. Sono come tante vedute della medesima città, che insieme danno una veduta complessiva dell’universo, espressa invece totalmente nella monade suprema, cioè Dio.
Ogni monade però rappresenta più distintamente il corpo che le si riferisce, ma siccome esso rappresenta l’universo, rappresenta essa stessa l’universo.
Torniamo al problema del rapporto tra anima e corpo. Secondo Leibniz, possono esistere tre spiegazioni:
1) Anima e corpo sono come due orologi che si influenzano l’un l’altro, ma questo non è possibile perché essi seguono leggi eterogenee.
2) Allora può essere vera l’assistenza tra i due: sono due orologi cattivi messi in armonia da un abile operaio in ogni istante. Ma questo prevede di introdurre un “deus ex machina” in ogni evento naturale.
3) non resta che la terza opzione: i due orologi sono stati costruiti con tanta arte da essere sempre d’accordo per il futuro (armonia prestabilita) pur obbedendo a leggi differenti.
Il corpo non è quindi influenzato dall’anima: è solo per l’armonia prestabilita al momento della creazione che anima e corpo si trovano in accordo in ogni istante.
Per cui la monade è totalmente innata, poiché non riceve niente dall’esterno, e così pure le sensazioni e le verità.
La monade esce quindi dalla sfera di Dio, ma è una folgorazione continua di Dio, limitata dalla sua imperfezione.
La filosofia di Leibniz diventa dunque speculazione teologica.
L’ultima parte della sua filosofia concerne dunque le prove relative all’esistenza di Dio, finendo poi con le considerazioni sull’esistenza del male e della libertà.

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LOCKE

Locke è un filosofo inglese nato nel 1632, ha studiato ad Oxford, dove il direttore John Owen era un sostenitore della politica della tolleranza, che spiegava che fosse necessario permettere ai sudditi di seguire la religione che preferita. Locke sarà molto influenzato da questa visione, e sarà sostenitore della politica della tolleranza. Inizierà a studiare filosofia ed anche ad insegnare ad Oxford. Studia anche fisica, anatomia, medicina, teologia ed economia. Nella vita fu anche un politico, intellettuale, segretario di Lord Aschley, lord cancelliere. Quando il lord perde l’incarico, anche Locke si allontana dalla politica e si trasferisce per 4 anni in Francia, dove scrive il “Saggio sull’intelletto umano”. Dopo di che, il lord riprende il suo incarico, ma viene accusato di alto tradimento e anche Locke ne viene sospettato, e si rifugia pertanto in Olanda. Locke prepara i preparativi per la spedizione di Guglielmo d’Orange. Dopo che Guglielmo d’Orange sale al potere, Locke inizia ad avere successo come filosofo è politico, difensore della monarchia parlamentare e del regime liberale, ma non ebbe interesse a proseguire nella carriera politica, ritirandosi per continuare a lavorare intellettualmente. I testi da ricordare sono il “saggio sull’intelletto umano”, la “Lettera sulla tolleranza”, “due trattati sul governo”, “pensieri sull’educazione”, “ragionevolezza del cristianesimo”.

Saggio sull’intelletto umano

Nel “Saggio sull’intelletto umano”, per analizzarlo partiamo dal fatto che Locke studia anche Cartesio, e vuole capire i principi dell’intelletto umano, che secondo Cartesio era infallibile, poiché con il metodo giusto la ragione non avrebbe potuto sbagliare, inoltre, Cartesio era sostenitore delle idee innate. Per Locke, la mente non possiede questi caratteri, datele da Cartesio; Locke dice che esiste una grande varietà di intelligenze umane, e pertanto la mente non è infallibile. Inoltre, la mente non può produrre da sé dei principi, quindi l’obiettivo di Locke era quello di capire il funzionamento della conoscenza umana, ambilendo anche i limiti della stessa. Secondo lui, le idee non possono essere distrutte, inoltre ogni forma di conoscenza deriva dall’esperienza ed è quindi empirista. Non esistono idee innate, nè principi innati. L’idea di Dio non può quindi essere innata. L’unica fonte della conoscenza è l’esperienza, si considera esperienza anche quella dei nostri movimenti interni, sentimenti ed emozioni. Alla nascita il nostro intelletto è una tavola rasa.

Ricapitolando, dice che l’esperienza è di due tipi: quella esterna, che lui chiama sensazione e che ci dà le idee di sensazione che riguardano gli oggetti esterni a noi, e quella interna, che lui chiama riflessione, da cui derivano le idee di riflessione, che hanno per oggetto i fatti emotivi di ognuno di noi, i sentimenti. Entrambi i tipi di esperienza ci danno questi tipi di idee, che sono le idee semplici, prodotte dall’esperienza diretta. Le qualità degli oggetti dell’esperienza hanno il potere di produrre delle idee nel soggetto pensante. Quando parliamo di idee semplici, riceviamo passivamente l’influenza delle loro qualità che producono in noi le idee. Le qualità degli oggetti sono primarie, cioè le caratteristiche proprie e principali e invariabili dell’oggetto di cui facciamo esperienza, e sono oggettive, invece le qualità secondarie derivano dalla combinazione di più qualità primarie, e, dato che è il soggetto a mettere in relazione le qualità primarie tra loro, le qualità secondarie sono soggettive.

Per ora abbiamo parlato delle idee semplici, ma ci sono anche le idee complesse, che sono infinite, perché sono produzione del nostro intelletto, e quindi il nostro intelletto è attivo in quest’attività, poiché le idee complesse derivano dall’unione delle idee semplici. Le idee complesse sono di tre tipi: di modo (quelle percepite come non esistenti di per sé ma come dipendenti da qualcos’altro, dipendono dalle manifestazioni della sostanza, come ad esempio la generosità), di sostanza (idee considerate sussistenti di per sé, come ad esempio l’uomo) e di relazione (che derivano dal confronto, dal rapporto, dalla relazione tra due idee). Poi Locke torna sull’idea di sostanza, per spiegare il fatto che in realtà, quella che noi pensiamo essere idea di sostanza ha un carattere solo nominale, poiché lui dice che l’esperienza umana non ha la possibilità di conoscere l’essenza profonda delle cose, e solo conoscendola potremmo conoscere per davvero la sostanza.

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Quando le stesse idee semplici si presentano costantemente, unite fra di loro, l’intelletto è portato a pensare a questo insieme di idee semplici come un’unica idea, formando così il concetto di sostanza, ma non è sempre così. Lui fa una distinzione tra essenza reale e nominale: il concetto di sostanza implica l’esistenza di essenze reali. Leggiamo dal libro a pagina 493. Locke praticamente dice che noi, di un oggetto, conosciamo un insieme di qualità, ma non tutte, per spiegare la coesistenza di queste qualità nell’oggetto noi ricorriamo al termine sostanza, ma in realtà noi non possiamo parlare di tutta la sostanza, perché ne conosciamo solo una parte. Pertanto, non conoscendo l’essenza reale dell’oggetto, ne possiamo conoscere l’essenza nominale. Quindi: idee semplici: si ricevono dall’esperienza, queste idee vengono composte dall’intelletto umano che forma le idee complesse, pertanto lo spirito umano può compiere le astrazioni, che danno origine alle idee generali (verde, filiforme e per terra=erba). La maggior parte delle parole è costituita da termini generali. I nomi e le idee generali sono segni delle cose. Locke vuole indagare sulla verità della conoscenza e stabilire dei gradi di certezza. Per concludere per oggi, l’esperienza ci dà il materiale per la conoscenza, la conoscenza dipende dalla percezione, che l’intelletto compie una relazione di accordo o disaccordo tra le idee. Questo accordo-disaccordo è identità-diversità, relazione, coesistenza e connessione necessaria e esistenza reale.

CONOSCENZA INTUITIVA E DIMOSTRATIVA + GRADI CERTEZZA

Eravamo arrivati a parlare della conoscenza, percezione di un accordo o disaccordo tra le idee: la conoscenza è intuitiva se l’accordo-disaccordo tra le idee si percepisce immediatamente in virtù delle idee stesse. La conoscenza dimostrativa avviene se l’accordo-disaccordo non è percepito direttamente, ma è mediato attraverso passaggi intermedi o ragionamento.

Le cose esterne, gli oggetti, hanno delle qualità, che hanno il potere di produrre delle percezioni da cui derivano le idee semplici, quindi nel caso in cui l’intelletto è passivo. Per spiegare questo passaggio, Locke dice che ci sono 3 ordini di realtà, e che ognuno ha il suo grado di certezza. La certezza massima è nella conoscenza intuitiva, ad esempio ognuno ha la conoscenza intuitiva della sua esistenza. Ho conoscenza di me stesso nel momento in cui mi chiedo se esisto. Il secondo esempio che fa, è la conoscenza dimostrativa, con essa noi conosciamo l’esistenza di Dio, riprendendo il pensiero della seconda vi

di san Tommaso, dicendo che nulla viene dal nulla, e quindi procedendo a ritroso all’infinito troviamo Dio, causa di ogni cosa. Terzo, abbiamo conoscenza delle cose esterne per sensazione: esiste la sensazione attuale, che è quasi assoluta, e quella che non è più attuale, e che è meno forte.

Quindi, la cosa più certa e che io esisto, la seconda è che Dio esiste, la terza è l’esistenza delle cose che sto percependo e la quarta l’esistenza delle cose che in questo momento non sto percependo. La sua analisi è gnoseologica, vuole stabilire i limiti della mente umana, dicendo che non posso dare nulla per scontato riguardo alle cose che non sto toccando e avendo, quindi c’è questa conoscenza che è probabile. Se la conoscenza non è certa, devo usare la probabilità per aiutarmi. Per indagare sul livello di probabilità delle proposizioni che sono presumibilmente vere, devo fare affidamento su due cose: o che le cose siano conformi alla mia esperienza passata, oppure che siano conformi all’esperienza degli altri, che possono dare testimonianza; in questo caso, devo ovviamente tenere conto dell’intelletto delle persone che fanno testimonianza.

Proposizioni non conformi a noi à DIO, in cui bisogna aver fede

Locke dice che ci sono anche delle proposizioni che riguardano cose che non sono conformi alla nostra esperienza ma che meritano molto consenso, ovvero la rivelazione di Dio, verso la quale bisogna avere un grande assenso chiamato fede.

Il testimone è l’ente per eccellenza

Il testimone è l’ente per eccellenza, ovviamente si deve essere certi che si tratti di una rivelazione divina e del che l’abbiamo compresa. Locke è certo di essere cristiano. La società del suo tempo stava mutando, era nel pieno di una rivoluzione scientifica e Locke era un liberale dal punto di vista politico. Locke esprime le sue idee politiche nella “Lettera sulla tolleranza”, pubblicata dopo la Gloriosa Rivoluzione.  Lui intende stabilire i limiti del potere civile, la libertà di religione deve essere garantita.

Lo Stato è una società di uomini per conservare e promuovere i beni civili, che sono la vita, la libertà e l proprietà di ognuno, che lo Stato deve garantire, difendere e promuovere.

Non gli compete la salvezza delle anime.

FEDE

La costrizione non è utile in alcun modo per la salvezza delle anime perchè nessuno può avere fede perchè senza che la fede sia autoimposta.

STATO SEPARATO DALLA CHIESA ed TOLLERANZA

Lo Stato si deve occupare dei beni civili, la Chiesa è una libera società di uomini che scelgono liberamente di riunirsi per adorare liberamente un Dio, condividendo dei dogmi con il fine di arrivare alla salvezza dell’anima. La Chiesa, però, non può fare ricorso alla forza o interferire nei lavori dello Stato, ha però il diritto di espellere (dalla chiesa stessa) chi non ritiene in linea con la confessione religiosa. Reciprocamente, non hanno facoltà di attribuirsi dei diritti, gli ambiti di Stato e Chiesa vanno lasciati indipendenti. Si deve seguire un principio di tolleranza, accettando la diversità e rispettandola anche se si tratta di una confessione religiosa diversa, e la tolleranza deve esserci tra i singoli individui, tra le diverse chiese e tra chiesa e stato. Lui dice che TUTTE le religioni vadano tollerate, sicuramente sappiamo che intendeva ebraismo e tutte le confessioni cristiane, ma non sappiamo se avesse considerato anche l’islam. Se per Hobbes il popolo deve obbedire al sovrano anche per scegliere la fede, per Locke ci doveva essere libertà di religione. In più, la tolleranza è un principio sostenuto sia dalla ragione sia dal vangelo stesso, che dice di rispettare il prossimo. Secondo Locke gli atei però non vanno tollerati, come secondo molte persone della sua società e del suo tempo.

Atei

Non avendo una religione, gli atei non possono dare garanzie del rispetto dei valori morali, e pertanto diventerebbero un Pericolo per la società.

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